/Sicurezza lavoro: no di Confapi a soluzioni di comodo
Sicurezza lavoro: no di Confapi a soluzioni di comodo
Caprioli: «Ispirarsi a obiettivo comune della realizzazione di una cultura della sicurezza»
il punto di vista di una delle parti coinvolte, in questo caso le piccole e medie imprese. Lo è ancora di più in un momento in cui il ripetersi di avvenimenti tragici pone sotto la luce dei riflettori mediatici la questione e la avvolge, inevitabilmente, di una forte emotività.
Credo però che sarebbe profondamente sbagliato, se non ipocrita, rinunciare – per convenienza o per conformismo – a dare voce anche ai sentimenti e alle sensazioni che circolano oggi tra i nostri imprenditori. Sentimenti di grande rispetto verso il dramma delle persone e delle famiglie coinvolte nei recenti episodi di cronaca, ma anche di profonda preoccupazione per il clima che sta montando.
Un clima nel quale non si cerca di comprendere perché certe cose accadono e come si possa intervenire affinché non avvengano, ma che punta soltanto alla ricerca di un colpevole, peraltro a priori già individuato: l’imprenditore. Ad un problema complesso, che vede una pluralità di attori coinvolti – imprese, lavoratori, istituzioni, enti di vigilanza e di controllo – si dà la soluzione più comoda e generalizzata.
E’ questo lo spirito che purtroppo anima la proposta di Testo Unico sulla sicurezza, peraltro invocato proprio dalle Associazioni imprenditoriali per dare maggiori certezze ai datori di lavoro e ai lavoratori. Invece di ispirarsi all’obbiettivo comune e fondamentale della promozione e della realizzazione di una “cultura della sicurezza”, capace di rendere pratica quotidiana il rispetto delle norme e dei comportamenti sicuri, si punta il dito su un unico accusato, caricandolo di tutti gli oneri possibili e lasciandolo solo.
In questo modo, al principio della responsabilità preventiva, che impone a ciascun attore di svolgere il proprio compito nel modo più adeguato ed efficace, si finisce per sostituire una logica di deresponsabilizzazione: degli Enti di vigilanza e di controllo, trasformati in “macchine ispettive” volte alla massimizzazione delle sanzioni rispetto ad un ruolo di accompagnamento e di sostegno nell’individuazione e nella soluzione delle situazioni di criticità; dei lavoratori, che potranno sentirsi “scaricati” da quei doveri di attenzione e rispetto delle regole che comunque competono loro; delle istituzioni, a questo punto svuotate del loro importante ruolo di coordinamento tra le parti.
Così agendo si rischia anche di rimettere in discussione tutti i proficui momenti di concertazione costruiti a livello territoriale tra i soggetti prima citati, che avevano l’obbiettivo di implementare progetti ed esperienze che andassero nel senso di un miglioramento della tutela e della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro, su tematiche quali prevenzione, formazione, malattie professionali, lavoratori stranieri e così via.
Ancora. Invece di utilizzare in modo appropriato il patrimonio di dati e informazioni a disposizione del sistema per individuare con maggiore precisione i fattori e le situazioni di insicurezza e rischio così da concentrare risorse e interventi su di essi, si preferisce agire indistintamente, aumentando ancora una volta il carico burocratico, che costerà proporzionalmente poco alle grandi imprese e nulla alle microaziende border-line, che scivoleranno ancora di più verso il sommerso, ma che rappresenterà un ulteriore (inutile) appesantimento per quelle imprese che cercano di crescere e strutturarsi, senza oltretutto prevedere meccanismi autenticamente premiali per le pratiche buone e virtuose.
Esprimere queste considerazioni – ribadendo l’attenzione primaria per i temi della integrità della vita umana e della tutela della salute e della sicurezza della persona all’interno dei luoghi di lavoro – non significa sottrarsi ai compiti che su questa materia spettano alle imprese, né negare che esistano margini di miglioramento o che gli episodi di assoluta e indiscutibile gravità non vadano adeguatamente perseguiti. In questo senso le nostre proposte sono chiare: agire sulla prevenzione, attraverso l’informazione e la formazione; misurare l’adeguatezza delle imprese separando gli aspetti formali e amministrativi da quelli sostanziali; creare condizioni di sostegno per gli investimenti tecnologici e organizzativi sostenuti dalle imprese con positive ricadute nel campo della sicurezza. Questo è il percorso lungo il quale, lavorando insieme secondo obiettivi comuni e in una logica di semplificazione, si potranno ottenere risultati concreti ed efficaci. La scelta delle scorciatoie unilaterali non soltanto non migliorerà le cose, ma finirà per peggiorarle».