Per le piccole imprese l'aumento delle imposte comporta un costo di 834 milioni nel 2007
34,9%, con un costo per le piccole imprese che lo scorso anno è stato pari a 834 milioni di euro.
E’ quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio studi di Confartigianato UAPI che ha misurato l’escalation della pressione fiscale proveniente dalle addizionali provinciali sull’elettricità utilizzata dai piccoli imprenditori.
Si è trattato di un vero e proprio boom: l’aumento del 34,9% ha infatti superato di quasi 5 punti il trend delle imposte dirette locali che, dal 2000 al 2007, sono cresciute del 30,5%.
L’addizionale è un’imposta che ‘pesa’ per il 7,8% del prelievo fiscale complessivo sull’elettricità e il gettito che ne deriva è al terzo posto nella classifica dei tributi provinciali. Contribuisce infatti per il 14,8% alle entrate tributarie delle province ed è preceduto soltanto da quello di due imposte che gravano sui veicoli: le imposte sull’assicurazione Rc auto (che incidono per il 45,1%) e le imposte provinciali di trascrizione (25,6%).
Secondo il Presidente di Confartigianato UAPI, Moreno Bruni, «l’analisi mette in luce una fiscalità locale sempre più pesante, ma soprattutto iniqua. A pagare gli aumenti sono infatti soltanto le piccole imprese, poiché l’addizionale viene applicata sui consumi fino a 200.000 kWh /mese: in pratica, quelli delle piccole imprese. I consumi sopra questo limite delle grandi aziende sono invece esenti da questo tributo. Le province possono decidere di applicarla con un’aliquota minima di 9,30 euro per mille kWh oppure con un’aliquota massima di 11,40 euro per mille kWh”. “Si tratta – sottolinea Bruni - di un trattamento fiscale che deve essere riequilibrato per mettere la parola fine ad un’assurda ed ingiustificata penalizzazione delle piccole imprese».
Confartigianato UAPI ha constatato che in sette anni si è quadruplicato il numero delle province che hanno applicato l’aliquota massima dell’addizionale: nel 2000 il 75,5% delle province applicava l’aliquota minima, mentre nel 2007 il rapporto si è invertito e il 70,8% delle province ha adottato l’aliquota massima.
Le province dove si registra il maggior prelievo da addizionale sono quelle della Lombardia con 130,1 milioni di euro (19% del totale), seguite da quelle del Veneto con 72,3 milioni di euro (10,6%), dell’Emilia Romagna con 71,8 milioni euro (10,5%) e del Lazio con 60,1 milioni di euro (8,8%). Le Marche si attestano al 3,5%, con un gettito di 23,9 milioni di Euro. Sono soltanto 21 le province ‘virtuose’ che dal 2000 ad oggi hanno mantenuto l’aliquota al livello minimo. Si tratta di Aosta, Avellino, Bari, Bolzano, Brescia, Como, Firenze, Isernia, L’Aquila, Napoli, Nuoro, Padova, Prato, Reggio Calabria, Roma, Siena, Sondrio, Terni, Trento, Varese e Vibo Valentia. Anche le nuove province hanno contribuito ad innalzare la pressione fiscale: è il caso delle quattro nuove province della Sardegna (Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra, Olbia-Tempio) che hanno introdotto l’addizionale con l’aliquota massima.