Caso Ahlstrom, Rifondazione: «Colpa del cinismo delle multinazionali»
«Le improvvise decisioni prese dai dirigenti della multinazionale Ahlstrom Corporation di chiudere dal 15 gennaio 2008 lo stabilimento di Ascoli Piceno (ex cartiera Mondadori) stupiscono tutti, eppure a veder bene, qualcosa di già noto c’è: il cinismo delle multinazionali e la loro peculiare eleganza nell’abbordare per poi lasciare territori immaginati come privi di storia e densi di necessità occupazionale. La vallata del Tronto è in tal senso il posto ideale per fare e disfare: fare fino a quando il profitto, suprema legge, rende tutto appetibile; disfare quando lo stesso profitto non abbraccia più gli standards di management disegnati a tavolino, in luoghi frequentati da asettiche figure in giacca e cravatta, lisciate e profumate quanto basta per spiegare e discutere grafici e tabelle. Il valore umano contemplato in queste rette o spezzate, curve o parabole che si avvicendano frenetiche sui dossier o sugli schermi proiettati, è pari a zero. I finlandesi della Ahlstrom Corporation, che nell’immaginario collettivo si pensano muniti di slitte e luci colorate, nella realtà sono quello che sono: esploratori e poi conquistatori, investitori-imprenditori, speculatori-benefattori, e infine latitanti nelle terre di nessuno dell’emergenza della vita, nelle terre dove un posto di lavoro vale oro e va tenuto a tutti i costi. Siamo tutti sconcertati: dall’affanno delle Istituzioni locali che si vedono piombare addosso l’irreparabile, dai sindacati che cercano di fare il loro mestiere, da Confidustria che fa da sempre del silenzio una virtù. Ci affanniamo nel proporre e riproporre un piano di sviluppo territoriale che coinvolga tutti, nella suprema insegna del bene comune, tra imprenditori e cittadini, e che puntualmente viene accantonato, per non dire snobbato, dalle esigenze del profitto. Così bastano pochi mesi di “monitoraggio” alla cartiera per comprendere che il trend è negativo; basta annusare un po’ in giro per capire che tanti mercati in sudamerica sono più appetibili: nuove terre vergini da conquistare a scapito dei poveracci; basta accantonare come vecchia e superata l’idea che nessuna programmazione economico-produttiva può essere riveduta e che la terra attuale che sostiene la baracca sia ormai terra bruciata. Poco importa che il solo stabilimento di Ascoli Piceno arrivi a coprire il 5% della richiesta nazionale di etichette per imballaggi flessibili; poco importa considerare che dietro una filiera produttiva ci sia un individuo, che significa una vita e una speranza di futuro, una tendenza alla felicità che arrivi prima del sopraggiungere della morte. Dipendenti, tra operai e impiegati, come carne da macello, affidati a quel che resta di stato sociale non ancora smantellato del tutto: mobilità e cassa integrazione. Poi si vedrà. La verità, purtroppo, è questa. Con buona pace degli enti locali, della politica, dei sindacati, dei lavoratori; alla faccia delle richieste che sperano di concertare tra esigenze produttive e riconoscimento di dignità umana. La verità è questa perché le tabelle parlano chiaro. Tutto questo non significa che bisogna restare con le mani in mano, piuttosto significa avere la forza e il coraggio di dire basta; di affermare che nuove forme di organizzazione del lavoro sono non solo possibili ma anche necessarie, e che dovremo ringraziare, paradossalmente, i finlandesi per questo. Di certo porteranno le loro slitte altrove; di sicuro adesso, può aprirsi un’opportunità inedita per noi poveri abitanti di questa depressa zona del mondo: l’opportunità di rendere proprio un luogo che per anni si è considerato come necessità vitale; l’opportunità di fare finalmente delle proprie capacità e delle proprie esperienze accumulate un patrimonio pubblico condivisibile e da trasmettere a quelli che un giorno ci saranno. Diffidiamo dei padroni che restano i padroni, e dei loro associati che fanno di gregarietà virtù; pensiamo di contare sulle nostre forze e sulla nostra capacità di appropriarci, finalmente, del valore del nostro lavoro. Proponiamo una piattaforma “dal basso” che contempli, finalmente, il diritto alla vita e alla felicità ma anche quello, da sempre sottratto, di una nuova organizzazione del lavoro, che esprima una buona volta la nostra capacità di fare e di produrre una ricchezza economicamente, culturalmente e socialmente condivisa. Per fare questo, nell’ex Ahlstrom, ex cartiera Mondadori, il modello argentino di autogestione non ci sembra poi così tanto lontano».
Massimo Martelli – Segretario PRC Ascoli Piceno