Welfare, il sì prevale tra i metalmeccanici

Welfare, il sì prevale tra i metalmeccanici

Vittoria del no, in provincia di Ancona, nella maggior parte delle grandi imprese

una larga maggioranza (oltre il 55%) ha dato il mandato a rendere l'accordo vincolante per il Governo. «I lavoratori - afferma il segretario regionale del sindacato, Marco Bentivogli, in una nota - hanno capito che questo accordo è finalmente un passo in controtendenza per costruire un nuovo welfare più vicino al cambiamento e alle nuove necessità di tutela. I lavoratori hanno capito che il no avrebbe mantenuto la legge Maroni sulle pensioni e non avrebbe gettato le basi per migliorare le normative su precarietà, disoccupazione e pensioni povere». La Fim Cisl segnala la vittoria del sì in aziende «anche in situazioni di difficoltà», come l'Antonio Merloni di Fabriano e Matelica, ma anche "in situazioni produttive più favorevoli come la Merloni Termosanitari di Genga, l'Indesit di Comunanza, la Benelli Armi di Urbino, la Biesse di Pesaro, la Caterpillar di Pesaro". Bentivogli ha duffuso alcuni dati, secondo i quali il sì all'accordo sul welfare prevale fra i metalmeccanici delle Marche con una percentuale del 55,61%, mentre i no sono stati il 42,30%. Sempre secondo la nota, in termini numerici, i metalmeccanici che hanno votato (16.649) rappresentano il 59,35% degli aventi diritto (20.048); i sì sono stati 9.260, i no 7.044; le schede bianche e nulle 348 (2,09%). Vittoria del no, in provincia di Ancona, nella maggior parte delle grandi imprese metalmeccaniche. Lo riferisce una nota della Fiom Cgil, evidenziando, in particolare, la "netta" prevalenza dei contrari all'accordo sul welfare alla Indesit Company di Melano Marischio (azienda dell'imprenditore fabrianese Vittorio Merloni (65%), alla Fincantieri di Ancona (83%), ai Crn di Ancona (97%), alla Fiat Cnh di Jesi (60%), alla Maip Pieralisi (60%). Secondo la Fiom Cgil Ancona, complessivamente, nelle fabbriche metalmeccaniche, i no sono stati il 53,2%, mentre i favorevoli all'accordo il 46,8%. In tutto hanno votato 8.993 lavoratori su 15.010 aventi diritto, in 123 luoghi di lavoro, «con una percentuale di partecipazione al voto - si legge - che supera quella del referendum del '95 sulla riforma Dini».

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