Ascoli - In attesa della firma in Regione (si
spera per il 20 ottobre, Giornata del Teatro) per il finanziamento al
Teatro Filarmonici di 6 milioni di euro che servirebbero a completare
la ristrutturazione e quindi renderlo subito fruibile, arriva la
nuova stagione teatrale del Ventidio Basso.
“La novità principale
– dice il sindaco Guido Castelli - è la sezione Incontri con la
storia. In questo filone i protagonisti saranno Edda Ciano e Gabriele
D'Annunzio. Si tratta di una stagione di grande qualità grazie
all'Amat e al Bim Tronto. Quest'ultimo è rimasto l'unico a
supportarci in questo percorso culturale che però è anche sociale
visto che l'uomo non è fatto di sola carne ma anche di spirito. E a
questo proposito se la Fondazione Carisap facesse una dovuta
riflessione potrebbe tornare ad affiancarci in questo sforzo
culturale e sociale a favore degli ascolani e del territorio”.
Ascolta l'audio dell'intervento
D'altro canto i numeri sulla condivisione decretano il successo di questa proposta di prosa e non solo. “Stanno crescendo gli abbonamenti da 2013 ad oggi – dice l'assessore Giorgia Latini – e questo ci fa sperare che i 672 abbonamenti della precedente stagione, con un incremento di oltre 100 abbonamenti, aumentino ulteriormente. Si tratta di un dato che fa comprendere come il pubblico abbia gradito questa programmazione e le integrazioni innovative che grazie all'Amat ci sono state”.
Alla presentazione della nova stagione di Prosa anche Gabriella Piccioni, del direttivo Bim Tronto, che ha ribadito la vicinanza dell'ente alla cultura, settore (è stato presentato da pochi giorni il Pacchetto Scuola Bim) nel quale il Bim Tronto dedica il 47 per cento del suo bilancio nel territorio di competenza.
Gilberto Santini, direttore dell'Amat, ha tratteggiato le linee salienti della Stagione evidenziando appuntamenti evento come Medea d un maestro sacro come Luca Ronconi che viene interpretata da un uomo Franco Branciaroli. Poi Claudio Bisio, spettacolo molto richiesto a livello nazionale, Lorella Cuccarini e una sorprendente Filumena Marturano . Per concludere con “Per non morire di mafia”, il libro scritto dal presidente del Senato Pietro Grasso, e nell'adattamento teatrale “raccontato” da Sebastiano Lo Monaco. Infine la danza con i sensazionali ballerini di Kataklò, diretti da Giulia Staccioli in Eureka. e il "nostrano" Stefano Artissunch che cura la regia di Queste pazze donne.
Il programma completo
Un cartellone per tutti i gusti con otto titoli e sedici serate di spettacolo attende il pubblico del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno per la stagione 2017 / 2018 promossa da ottobre ad aprile dal Comune di Ascoli Piceno con l’AMAT e con il contributo di Regione Marche, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e il sostegno di Bim Tronto.
Testi contemporanei, opere classiche, tragedie, commedie e danza invitano lo spettatore a partecipare a un viaggio che promette emozioni, momenti di svago e riflessione e che prende avvio il 21 e 22 ottobre con Silvio Orlando che arriva in scena con Lacci al termine di una residenza di riallestimento in città. L’attore napoletano ritorna alla scrittura di Domenico Starnone e penetra le crepe e le fragilità del mondo in cui viviamo attraverso il sistema della famiglia, dove cova ogni giorno la minaccia di crollo per un cosmo ben più grande di quello racchiuso tra le mura di casa. Tutto l’universo femminile rappresentato come un caleidoscopio di emozioni, dove gli uomini possono ascoltare cosa le donne dicono di loro e tra loro, si svela il 30 novembre e l’1 dicembre nella commedia Queste pazze donne. Sul palco tre donne piene di storie d’amore interpretate da Paola Quattrini, Emanuela Grimalda e Vanessa Gravina – dirette da Stefano Artissunch - che cercano di fare luce sulla loro confusa realtà sentimentale. Uno spettacolo che grazie alle suggestioni cinematografiche ricreate dalla scenografia e dal linguaggio, dà vita ad una macchina comica perfetta, sviluppata sull’alternanza di racconto tra presente e passato, tra dentro e fuori, riuscendo a divertire e a far riflettere al tempo stesso. Una splendida Mariangela D’Abbraccio, accompagnata da Geppy Gleijeses, attende il pubblico il 14 e il 15 dicembre per un dramma senza tempo, Filumena Marturano, la commedia italiana del dopoguerra più conosciuta e rappresentata all’estero. La regia di Liliana Cavani mostra un’allegoria dell’Italia lacerata, in larga misura depauperata anche moralmente, nella quale si prefigurano la dignità e la volontà di riscatto e che racchiude la storia di un grande amore. Inventiva sfrenata, comicità, moralità sono gli ingredienti di un irresistibile soliloquio che permettono a Claudio Bisio, al suo attesissimo ritorno sulla scena, di confrontarsi con un testo di grande forza emotiva e teatrale, comica ed etica al tempo stesso, Father and son al Ventidio Basso il 27 e il 28 gennaio. Una fotografia senza pudori del rapporto padre/figlio con un linguaggio in continua oscillazione tra l'ironico e il doloroso. Una riflessione sul nostro tempo inceppato e sul futuro dei nostri figli, sui concetti di libertà e di autorità, che rivela in filigrana una società spaesata e in metamorfosi, ridicola e zoppa, verbosa e inadeguata. La stagione prosegue il 20 e il 21 febbraio con un doveroso omaggio al grande Maestro Luca Ronconi con il riallestimento di Franco Branciaroli della Medea, di cui fu protagonista straordinario e acclamato nel 1996. Un mito intramontabile, la più convinta rappresentazione della ferocia della forza distruttrice ma soprattutto l’occasione imperdibile di rivedere una delle pietre miliari della storia registica ed interpretativa del secondo Novecento. Una coppia esplosiva, istrionica e straordinariamente affiatata, Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia, giunge ad Ascoli Piceno il 14 e il 15 marzo con Non mi hai più detto…ti amo!, la storia di una famiglia italiana contemporanea alle prese con i cambiamenti sociali, politici ed economici in atto che si ritroverà completamente trasformata e forse più preparata a sopravvivere. Un ricco allestimento che saprà regalare allo spettatore una commedia ironica, intelligente, appassionante con momenti di assoluto divertimento e di grandissima emozione. Tra gli ospiti di questo ricco cartellone vi è l’amatissima ed energica compagnia di danza, Kataklò, diretta da Giulia Staccioli, che attraverso il suo ultimo lavoro Eureka continua a sorprendere il pubblico spingendosi continuamente oltre i limiti fisici, il già visto e il conosciuto, oltre il gesto atletico, la danza, il circo, il teatro e l’idea di ovvio. Uno spettacolo a quadri, in scena il 24 e il 25 marzo, il cui cuore pulsante sono le straordinarietà fisiche ed espressive di cinque performer, la scelta di luci suggestive, la ricerca musicale accurata che rendono questo sorprendente esperimento immediatamente comprensibile e apprezzabile da tutti. La stagione di prosa si conclude il 5 e il 6 aprile con lo sguardo su uno dei grandi temi, la mafia, che hanno da sempre segnato la vita della Sicilia e dell’Italia. Sebastiano Lo Monaco è il protagonista dell’adattamento teatrale del libro di Pietro Grasso e Alberto La Volpe Per non morire di mafia. Non un semplice spettacolo ma un ritratto, un’indagine emotiva, una discesa nel cuore vibrante del lucido pensiero di un uomo che ha dedicato e sta dedicando la sua vita alla lotta contro il crimine per il trionfo della legalità.
Incontri con la storia è la nuova sezione della stagione del Ventidio Basso che offre due appuntamenti fuori abbonamento: il 25 novembre è la volta di Edda Ciano un musical di Dino Scuderi per la Compagnia della Marca dedicato alla figlia amatissima di Mussolini, figura inquietante e tragica e moglie di Galeazzo Ciano mentre il 3 febbraio la scena è per D’Annunzio segreto, nuovo spettacolo di Edoardo Sylos Labini che indaga nel contrasto tra giorno e notte, euforia e malinconia, commedia e dramma la figura di un intellettuale di grande fascino.
25 e 26 maggio la proposta si arricchisce con APP – Ascoli Piceno Present, il festival multidisciplinare delle arti sceniche contemporanee giunto alla terza edizione, una full immersion di due giorni nel teatro, musica e danza dell’oggi.
Inizio campagna abbonamenti 9 ottobre presso biglietteria del Teatro Ventidio Basso 0736 298770.
21
22
OTTOBRE
LACCI
RESIDENZA DI
RIALLESTIMENTO
di Domenico Starnone tratto dall’omonimo romanzo
con Silvio Orlando
e con Pier Giorgio Bellocchio, Roberto Nobile
Maria Laura Rondanini, Vanessa Scalera, Giacomo de Cataldo
regia Armando Pugliese
scene Roberto Crea costumi Silvia Polidori
musiche Stefano Mainetti luci Gaetano La Mela
produzione Cardellino
Dopo il grande successo de La scuola, riportato in scena, a un trentennio dall’esordio, due anni fa e tuttora in tournée, Silvio Orlando con il nuovo spettacolo Lacci ritorna alla scrittura di Domenico Starnone e penetra da un’altra porta le crepe e le fragilità del mondo in cui viviamo: prima visto attraverso il microcosmo dell’educazione, questa volta attraverso il sistema della famiglia, dove cova ogni giorno la minaccia di crollo per un cosmo ben più grande di quello racchiuso tra le mura di casa. La storia infatti ripercorre le attese, le sconfitte, i ripensamenti interni ad un amore e alle sue conseguenze, e porta già nei nomi una promessa di rovina. Quello che dovrebbe tenere è in pezzi e la caduta porta via a fette grosse il sogno. La violenza interna, come nella tragedia antica, contiene già i semi di più estese guerre e incomprensioni. Una tragedia contemporanea, quasi, mascherata da commedia. «Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie». Si apre infatti così, con parole definitive, la lettera che Vanda scrive al marito che se n'è andato di casa, lasciandola in preda a una tempesta di rabbia impotente e a domande che non trovano risposta. Si sono sposati giovani all'inizio degli anni Sessanta, per desiderio di indipendenza, ma poi attorno a loro il mondo è cambiato, e ritrovarsi a trent'anni con una famiglia a carico è diventato un segno di arretratezza più che di autonomia. Perciò adesso lui se ne sta a Roma, innamorato della grazia lieve di una sconosciuta con cui i giorni sono sempre gioiosi, e lei a Napoli con i figli, a misurare l'estensione del silenzio e il crescere dell'estraneità. Che cosa siamo disposti a sacrificare, pur di non sentirci in trappola? E che cosa perdiamo, quando scegliamo di tornare sui nostri passi? Perché niente è più radicale dell'abbandono, ma niente è più tenace di quei lacci invisibili che legano le persone le une alle altre. E a volte basta un gesto minimo per far riaffiorare quello che abbiamo provato a mettere da parte. Domenico Starnone ci regala una storia emozionante e fortissima, il racconto magistrale di una fuga, di un ritorno, di tutti i fallimenti, quelli che ci sembrano insuperabili e quelli che ci fanno compagnia per una vita intera.
Nell'apprendere dell'allestimento di uno spettacolo teatrale tratto dal romanzo di Starnone, molti fra quelli che lo hanno letto, si sono domandati quale sarebbe stato il processo drammaturgico prima e la sua messa in scena di conseguenza. La versione teatrale del romanzo è stata fatta, come si sa, da Starnone stesso, ben sapendo che la concentrazione e l'assimilazione della lettura di un romanzo consentono un tempo assai differente da quello della fruizione teatrale. E molte sono state anche le riflessioni comuni circa gli ostacoli da superare per condurre la parola degli interpreti, espressa nella forma vuoi del racconto, vuoi addirittura in forma epistolare, ad una parola agita attraverso la sequenza dei punti di osservazione dei personaggi, dei loro differenti linguaggi verbali ed emotivi. Ho pensato dunque a questo lavoro come all'esecuzione di una sinfonia, che si struttura in cinque movimenti, che a loro volta contengono al loro interno un variabile numero di variazioni. E il contenuto del romanzo mi ha suggerito l'idea di una sinfonia del dolore, del dolore perché questa storia ci parla di un carico di sofferenza che da una generazione si proietta su quella successiva con il suo bagaglio di errori, infingimenti, viltà, abbandoni, dolore appunto. Proprio perché ci muoviamo in ambito borghese, non si tratta di una tragedia generazionale, ma di un dramma generazionale, quello sì. I figli si affacciano a presentare il conto a chi li ha preceduti, all'interno di un contesto familiare in questo caso, ma metafora di quanto accade in contesti estremamente più ampi nel tempo e nel mondo che viviamo oggi. Ma anche nelle ragioni o nei torti dei genitori lo spettatore non mancherà di identificarsi, nelle loro ferite che cogliamo pulsanti nel momento della lacerazione, o ripercorse a ritroso attraverso il racconto che si fa tentativo di comprensione logica e critica, con l'intento di andare oltre i significati superficiali di parole abusate. Con lo snodarsi del racconto lo spettatore dovrà cercare la verità o la ragione di volta in volta in ciascuno dei personaggi, nell'interpretazione di ciascuno dei loro vissuti, e nella dialettica attraverso la quale si relazionano fra loro, proprio come nelle storie che catturano l'attenzione e non ci consentono di lasciarle fino al loro punto di conclusione. Armando Pugliese
30
NOVEMBRE
1
DICEMBRE
QUESTE PAZZE
DONNE
di Gabriel Barylli
traduzione e adattamento Maria Teresa Petruzzi
con Paola Quattrini, Emanuela Grimalda
con la straordinaria partecipazione di Vanessa Gravina
regia Stefano Artissunch
scene Matteo Soltantos
costumi Marco Nateri
disegno luci Giorgio Morgese
produzione Danila Celani per Synergie Arte Teatro
È la Vigilia di Natale tre donne sole, tre donne come tante, tre donne piene di storie d’amore, diverse sia nel temperamento che nella vita, cercano di fare luce sulla loro confusa realtà sentimentale. Gli uomini sono fuori, girano intorno a loro come satelliti di un pianeta. Linda ne ha troppi, Cristina nessuno, Barbara uno solo, il marito, che l’ha pure tradita. Scontente, arrabbiate, indecise, volitive cercano una risposta alla fatale domanda: “che fare?” E la risposta bussa alla porta o per meglio dire si agita nella pancia... e di certo non è una sbronza smaltita male, ma un bel bambino imprevisto… Queste Pazze Donne è uno sguardo autentico, divertente, sensuale, brillante e disincantato sul mondo femminile dove gli uomini possono ascoltare cosa le donne dicono di loro… tra loro. E' un fermo immagine sulla donna come forza psichica potente e creatrice, ferina e materna al tempo stesso, ma soffocata da paure, insicurezze e stereotipi. È una storia delle donne per le donne che a fronte di un amore deluso cercano di ritrovare se stesse mostrando cambiamenti di umore, euforia momentanea e disperata ricerca della felicità. Tutto l'universo femminile è rappresentato come in un caleidoscopio di emozioni. Grazie alle suggestioni cinematografiche ricreate dalla scenografia e dal linguaggio, la commedia, macchina comica perfetta, si sviluppa sull’alternanza di racconto tra presente e passato, dentro e fuori, riuscendo a divertire e a far riflettere al tempo stesso. L'opera del giovane commediografo austriaco Gabriel Barylli ha già avuto un grande successo in Austria, in Germania ed in Francia. Barylli ha vinto il Premio Bavarian Film e il Premio Adolf Grimme. Il suo sguardo amorevolmente satirico sulle esigenze della gente di oggi ha fatto sì che i suoi libri siano divenuti eccellenti modelli teatrali e cinematografici. Queste pazze donne è stata rappresentata la prima volta nel 1991 presso l'Accademia Teatro Wien ed è poi andata in scena in numerosi teatri tedeschi a partire dal 1993.
Leggendo questa commedia ho immediatamente pensato ad Almodovar ed al suo modo colorito di indagare il mondo dei rapporti e delle nevrosi femminili, le atmosfere tipiche dei suoi film, ricche di colori sgargianti sia nelle scenografie che nei costumi, rispecchiano le anime “calienti” dei personaggi. Essi, favoriti anche dalle suadenti atmosfere musicali, sono il traino della storia caratterizzata da situazioni emotive che scatenano una riflessione sull'autenticità dei sentimenti. Sicuramente Barylli è stato influenzato da Almodovar, lui come il regista spagnolo indaga il mondo femminile, rendendo azione le vicissitudini emotive dei personaggi catapultati in situazioni a volte decisamente fuori dal comune; come diceva lo stesso Almodovar quando si tratta di sentimenti anche ciò che può sembrare più assurdo in realtà appare verosimile. Avendo sviluppato una cultura-curiosità riguardo la cinematografia europea e ritenendomi un regista “visionario”, ho pensato istintivamente a questo accostamento e ho conivolto e stimolato i miei collaboratori in questa direzione per iniziare a lavorare artisticamente ad una messa in scena efficace e suggestiva in cui si possa godere di una grande dose di umorismo e riflessione. Stefano Artissunch
14
15
DICEMBRE
FILUMENA
MARTURANO
di Eduardo De Filippo
con Mariangela D’Abbraccio, Geppy Gleijeses
e con Nunzia Schiano, Mimmo Mignemi
Ylenia Oliviero, Elisabetta Mirra
Agostino Pannone, Gregorio De Paola, Adriano Falivene, Fabio Pappacena
scene e costumi Raimonda Gaetani
regia Liliana Cavani
produzione Gitiesse Artisti Riuniti
Filumena Marturano – forse la commedia italiana del dopoguerra più conosciuta e rappresentata all’estero – ha un ruolo centrale nella produzione di Eduardo De Filippo, collocandosi tra i primi testi di quella Cantata dei giorni dispari che, a partire da Napoli milionaria!, raccoglie le opere più complesse e problematiche in cui si riversano i drammi, le ansie e le speranze di un Paese e di un popolo sconvolti dalla guerra. Nel dramma di Filumena, che rifiuta di rivelare all’amante quale dei tre figli da lei messi al mondo sia suo, De Filippo dichiarava di aver inteso rappresentare un’allegoria dell’Italia lacerata e in larga misura depauperata anche moralmente, e prefigurarne la dignità e la volontà di riscatto. Ispirato da un fatto di cronaca dal quale Eduardo ha costruito una delle più belle commedie dedicata alla sorella Titina. È la storia di Filumena Marturano e Domenico Soriano: lei è caparbia, accorta, ostinata contro tutto e tutti nel perseguire la propria visione del mondo, con un passato di lotte e tristezze, decisa a difendere fino in fondo la vita e il destino dei suoi figli: è la nostra “Madre Coraggio”. Lui borghese, figlio di un ricco pasticciere, “campatore”, amante e proprietario di cavalli da corsa, un po’ fiaccato dagli anni che passano e dalla malinconia dei ricordi, è stretto in una morsa dalla donna che ora lo tiene in pugno e a cui si ribella con tutte le sue forze. Ma è soprattutto la storia di un grande amore.
La commedia porta al pubblico il tema, scottante in quegli anni, dei diritti dei figli illegittimi. Il 23 aprile 1947, infatti, l’Assemblea Costituente approvò l’articolo che stabiliva il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare anche i figli nati fuori dal matrimonio, mentre otto anni più tardi, nel febbraio del 1995, venne approvata la legge che abolì l’uso dell’espressione “figlio di N.N.”.
Nel ruolo di Filumena e Domenico due grandi protagonisti della scena italiana: Mariangela D’Abbraccio che ha iniziato la sua carriera diretta da Eduardo nella Compagnia di Luca De Filippo e Geppy Gleijeses, allievo prediletto di Eduardo che per lui nel ’75 revocò il veto alle sue opere.
A dirigere la commedia la più grande regista di cinema al mondo, italiana e donna, Liliana Cavani, che con questo allestimento ha debuttato nella prosa.
27
28
GENNAIO
FATHER
AND SON
ispirato a Gli Sdraiati e Breviario comico
di Michele Serra
con Claudio Bisio
e con i musicisti
Laura Masotto violino
Marco Bianchi chitarra
regia Giorgio Gallione
scene e costumi Guido Fiorato
musiche Paolo Silvestri
luci Aldo Mantovani
produzione Teatro dell’Archivolto
Father and son racconta il rapporto padre/figlio radiografato senza pudori e con un linguaggio in continua oscillazione tra l'ironico e il doloroso, tra il comico e il tragico. È una riflessione sul nostro tempo inceppato e sul futuro dei nostri figli, sui concetti – entrambi consumatissimi – di libertà e di autorità, che rivela in filigrana una società spaesata e in metamorfosi, ridicola e zoppa, verbosa e inadeguata. Una società di “dopo-padri”, educatori inconcludenti e nevrotici, e di figli che preferiscono nascondersi nelle proprie felpe, sprofondare nei propri divani, circondati e protetti dalle loro protesi tecnologiche, rifiutando o disprezzando il confronto. Da questa assenza di rapporto nasce un racconto beffardo e tenerissimo, un monologo interiore (ovviamente del padre, verboso e invadente quanto il figlio è muto e assente) a tratti spudoratamente sincero. La forza satirica di Serra si alterna a momenti lirici e struggenti, con la musica in continuo dialogo con le parole. La società dalla quale i ragazzi si defilano è disegnata con spietatezza e cinismo: ogni volta che la evoca, il padre si rende conto di offrire al figlio un ulteriore alibi per la fuga.
È una società ritorta su se stessa, ormai quasi deforme, dove non è chiaro se i vecchi lavorano come ossessi pur di non cedere il passo ai giovani o se i giovani si sdraiano perché è più confortevole che i vecchi provvedano a loro.
In Father and son inventiva sfrenata, comicità, brutalità, moralità sono gli ingredienti di un irresistibile soliloquio che permettono a Claudio Bisio, al suo attesissimo ritorno sulla scena, di confrontarsi con un testo di grande forza emotiva e teatrale, comica ed etica al tempo stesso.
Annoto con zelo scientifico, e nessun ricamo letterario: sei sdraiato sul divano, immerso in un accrocco spiegazzato di cuscini e briciole, il computer acceso appoggiato sulla pancia. Con la mano destra digiti qualcosa sull’I-Phone. La sinistra regge con due dita un lacero testo di chimica. Tra lo schienale e i cuscini vedo l’avanzo di uno dei tuoi alimenti preferiti: un wurstel crudo. La televisione è accesa, a volume altissimo, su una serie americana nella quale due fratelli obesi, con un lessico rudimentale, spiegano come si bonifica una villetta dai ratti. Alle orecchie hai le cuffiette collegate all’iPod: è possibile, dunque, che tu stia anche ascoltando musica. Non essendo quadrumane, purtroppo non sei ancora in grado di utilizzare i piedi per altre connessioni; ma si capisce che le tue enormi estremità, abbandonate sul bracciolo, sono un evidente banco di prova per un tuo coetaneo californiano che troverà il modo di trasformare i tuoi alluci in antenne, diventando lui miliardario, e tu uno dei suoi milioni di cavie solventi… Ti guardo, stupefatto. Tu mi guardi, stupefatto della mia stupefazione, e commenti: “è l’evoluzione della specie”. Penso che tu abbia ragione. Ma di quale specie, al momento, non ci è dato sapere. Da father and son di Michele Serra
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FEBBRAIO
MEDEA
di Euripide
traduzione Umberto Albini
con Franco Branciaroli
Antonio Zanoletti, Alfonso Veneroso
Tommaso Cardarelli, Livio Remuzzi
Elena Polic Greco, Elisabetta Scarano, Serena Mattace
Arianna di Stefano, Francesca Maria, Odette Piscitelli
e Alessandra Salamida, Raffaele Bisegna e Matteo Bisegna
regia Luca Ronconi
ripresa da Daniele Salvo
scene Francesco Calcagnini riprese da Antonella Conte
costumi Jaques Reynaud ripresi da Gianluca Sbicca
luci Sergio Rossi riprese da Cesare Agoni
produzione CTB Centro Teatrale Bresciano, Teatro de Gli Incamminati, Piccolo Teatro di Milano
Franco Branciaroli riallestisce la Medea diretta da Luca Ronconi, di cui fu protagonista straordinario ed acclamato nel 1996.
Un doveroso omaggio al grande Maestro scomparso nel 2015 da uno degli artisti che ha lavorato con lui più a lungo e in maggiore vicinanza (basti ricordare spettacoli impressi nella memoria collettiva come La vita è sogno, Prometeo incatenato, Lolita), e un’occasione imperdibile di rivedere una delle pietre miliari della storia registica ed interpretativa del secondo Novecento. E lo spettacolo, che vide Branciaroli nei panni femminili di Medea, è una pietra miliare della storia del teatro nazionale. Infatti, se le letture in chiave psicologica di Medea portano a considerare questo personaggio il prototipo dell'eroina combattuta tra il rancore per il proprio uomo e l'amore per i propri figli, e le analisi sociologiche tendono a trasformare la principessa della Colchide in una sorta di precorritrice del movimento femminista, in realtà Medea è il prototipo del minaccioso impersonato da uno straniero, che approda in una terra che si vanta di avere il primato della civiltà. La sua esclusione è dovuta a paura di questa minaccia.
“Medea – leggiamo nelle note di regia di Ronconi – è una 'minaccia', una 'minaccia' che incombe imminente anche sul pubblico”. Per questo suo essere un misteriosa e mostruosa può essere interpretata da un uomo. La sua non è una tragedia della femminilità.
Io non interpreto una donna, sono nei panni di un uomo che recita una parte femminile, è molto diverso. Medea è un mito: rappresenta la ferocia della forza distruttrice. Rimettiamoci nei panni del pubblico greco: vedendo la tragedia, saprà che arriverà ad Atene una forza che si accanisce sulle nuove generazioni, i suoi figli: 'Medea dallo sguardo di toro', come viene definita all'inizio. Lei è una smisurata, dotata di un potere sinistro. Che usa la femminilità come maschera, per commettere una serie mostruosa di delitti: non è un caso che la prima a cadere sia una donna, la regina, la nuova sposa di Giasone. Franco Branciaroli
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MARZO
NON MI HAI
PIÙ DETTO…
TI AMO!
testo e regia Gabriele Pignotta
con Lorella Cuccarini, Giampiero Ingrassia
produzione Milleluci Entertainment
Una commedia ironica, intelligente, appassionante, cucita addosso a due protagonisti perfetti, istrionici, esilaranti e straordinariamente affiatati. Un progetto produttivo ambizioso, un allestimento di altissimo livello che saprà regalare allo spettatore momenti di assoluto divertimento e di grandissima emozione.
La famiglia è ancora il cardine della società e il nostro punto di riferimento assoluto ? Come si stanno evolvendo le nostre famiglie alla luce delle trasformazioni sociali, politiche ed economiche in atto? E' questo il tema attualissimo sul quale nasce e si sviluppa questa ironica e sorprendente "piece" teatrale. In sintesi si tratta della storia di una famiglia italiana contemporanea ,costretta ad affrontare un cambiamento traumatico improvviso che, alla fine di un percorso umano difficile ed intenso , si ritroverà completamente trasformata e forse più preparata a sopravvivere. Lorella Cuccarini, al culmine della sua maturazione artistica, accetta la sfida di interpretare straordinariamente il ruolo che le è più congeniale, quello di una madre, Serena, che trova la forza di mettersi in discussione. In seguito ad un imprevedibile, ma forse “salvifico” incidente di percorso infatti, questa super-mamma e moglie perfetta, che porta sulle sue spalle tutta l'organizzazione e la responsabilità della famiglia, capisce che forse questo ruolo non è più funzionale alla sua felicità e con grande coraggio decide di recuperare se stessa e il suo essere donna rimettendo completamente in gioco l'equilibrio su cui poggia l'intera famiglia. Suo marito Giulio (un ineguagliabile Giampiero Ingrassia) inizialmente destabilizzato da questo repentino cambiamento, troverà la forza di reagire, riscoprendo finalmente il suo ruolo di padre e di “genitore” per troppo tempo delegato passivamente alla moglie. Anche i due figli (Tiziana e Matteo), due ragazzi di vent'anni, andranno incontro ad una crisi profonda esattamente come i loro genitori, ma quando tutto sembra portare verso la più amara delle disgregazioni familiari, ognuno riuscirà a trovare delle risorse interiori inaspettate che porteranno la famiglia a ricomporsi con un avvincente finale a sorpresa! La lezione che tutti avremo imparato è che forse oggi la famiglia per sopravvivere ai cambiamenti, deve essere anche lo spazio per l'individuo e non solo per il ruolo (madre, padre, figlio).
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MARZO
EUREKA
una creazione Kataklò Athletic Dance Theatre
ideazione, direzione artistica, regia, coreografie Giulia Staccioli
collaborazione artistica Alberta Palmisano
performers Maria Agatiello, Giulio Crocetta
Eleonora Guerrieri, Stefano Ruffato, Marco Zanotti
disegno luci Marco Farneti
musiche varie elementi di scena e costumi Studenti di Scenografia Accademia di Brera
Francesca Moioli, Beatrice Torresin, Greta Gasparini
Valerio Brambilla, Erika Mazzola
produzione Kataklò Athletic Dance Theatre e Mito
promozione e distribuzione Progetti Dadaumpa s.r.l
Che Giulia Staccioli sia una sperimentatrice è ormai chiaro da venti anni, da quando nel novembre 1996 fondò Kataklò la prima compagnia italiana di athletic theatre facendosi notare da critici, teatranti, sportivi, spettatori e danzatori, “semplicemente” intuendo le incredibili potenzialità artistiche di sette ginnasti riuniti sotto un nome dalle sonorità esotiche. Nonostante gli anni trascorsi, le energie spese e le esperienze accumulate una cosa però mai è cambiata: la voglia di Staccioli e della sua compagnia di spingersi continuamente oltre, oltre i limiti fisici, oltre il già visto, oltre il conosciuto, oltre il gesto atletico, il circo, la danza, il teatro, oltre l’idea di ovvio.
È con l’attesissimo spettacolo Eureka che la creativa coreografa si rimette alla prova con la stessa energia e caparbietà di 20 anni fa, mettendo in scena la sua rielaborata e inedita visione di idea, regalando al suo fedele pubblico i suoi nuovi e poetici quadri in movimento. Kataklò non ha mai smesso di sorprendere facendosi portavoce della cultura italiana nel mondo attraverso tournée teatrali intercontinentali, collaborazioni con Istituti Italiani di Cultura e il Ministero degli Esteri, grandi eventi, festival, e manifestazioni culturali di prestigio, superando da sempre ogni confine culturale, linguistico e generazionale.
Eureka (dal greco “ho trovato”) come è ben noto rimanda alla celebre esclamazione dell’antico matematico greco Archimede urlata, correndo nudo per la città, per celebrare e condividere con la sua gente una sorprendente scoperta appena avvenuta. Non è un caso che il titolo del nuovo spettacolo teatrale di Kataklò si ispiri a questa vicenda: Staccioli comunica con la stessa forza del celebre scienziato la voglia di condividere con il suo pubblico la ricerca di un movimento nuovo, espressivo, intenso, teatrale, senza la volontà di porlo su un piano intellettuale astratto ma sempre immediatamente comprensibile e apprezzabile da tutti. Gli strumenti che la coreografa utilizza in Eureka per esprimere le sue idee sceniche sono le stesse che fanno di Kataklò da venti anni una compagnia dai riconoscimenti internazionali: i gesti intensi, interpretati e mai scontati dei suoi espressivi performer, la scelta di luci suggestive e accattivanti, la ricerca musicale accurata ed eterogenea che spazia da melodie sconosciute a brani che fanno parte della memoria storica e culturale di tutti e costumi che suggeriscono ambientazioni sempre nuove. I due tempi dello spettacolo sono molto diversi tra loro: il primo tempo è intenso, poetico, evocativo, quasi in bianco e nero, in cui il corpo e la luce sono protagonisti; il secondo invece è colorato, energico, coinvolgente e ironico. Eureka è uno spettacolo eterogeneo in cui sono racchiusi tutti gli aspetti che Kataklò coltiva dai suoi esordi.
Eureka è uno spettacolo a quadri il cui cuore pulsante sono le straordinarietà fisiche ed espressive di cinque performer che si sono già fatti conoscere dagli spettatori di tutto il mondo con lo spettacolo Puzzle. Cinque corpi diversi, cinque percorsi esperienziali ed artistici differenti, cinque capacità interpretative, cinque sensibilità per rispondere agli stimoli creativi della coreografa, ma che insieme creano un potentissimo amalgama corporeo, visivo e poetico che riempie i sensi degli spettatori lasciando senza fiato. In Eureka tuttavia i performer hanno una nuova responsabilità e un altrettanto spettacolare difficoltà da gestire: quella di condividere il palco con cinque comparse del pubblico desiderose di far parte in modo attivo e performativo alla riuscita dello show. In scena infatti, ad ognuno dei cinque danzatori-performer della compagnia è affidato uno “SpettAttore” grazie al quale, e attraverso il quale, rendere vivi, credibili e unici alcuni degli immaginari di Staccioli che, ogni sera, prima della replica, istruisce i 5 candidati rispetto ai loro ruolo e al loro specifico compito. Le cinque comparse acquisiscono così, all’occorrenza nello sviluppo dello show, diverse nature: a volte sono caratteri attivi, altre elementi di pura materia, a tratti sono scenografie luminose e a volte vivaci compagni di scena, in alcuni quadri sensibili presenze animate, in altri tenui e delicate apparenze; ma, a prescindere dal ruolo che di volta in volta vestono, sono dei componenti fondamentali per la messa in scena di quell’Idea straordinaria che Staccioli vuole regalare. Si forma così tra danzatori e comparse una sorte di diade sempre rinnovata, in cui entrambe le parti sono disposte a creare e mantenere salda un’affinità artistica, fisica e mentale, dando vita ad un rapporto esclusivo, unico e di fiducia reciproca dall’inizio alla fine dello spettacolo. Le sfide di questo spettacolo sono molteplici: Staccioli ha ideato quadri coreografici credibili che creano un’alchimia, a tratti poetica, a tratti divertente, tra danzatore e il proprio compagno di ventura, i danzatori invece, dalle altissime capacità performative e di improvvisazione, diventano mentori esperti che guidano e gestiscono il proprio pupillo per tutta la durata dello spettacolo, dalla preparazione e vestizione dietro le quinte, all’azione visibile su palco.
Eureka è compartecipazione di un’esperienza vissuta su più livelli: sia da chi il palco lo calpesta con un’evidente responsabilità artistica, sia da un pubblico in platea incuriosito ed emozionato per la condivisione esperienziale di cui è testimone al di là della quarta parete. Ogni spettacolo diventa così unico, originale, irripetibile la cui peculiarità è arricchita di replica in replica dall’elemento umano sempre nuovo che affianca i danzatori e che apporta con originalità la propria fisicità, collaborazione, emozione e disponibilità partecipativa. In un momento storico in cui la spinta creativa del teatro fisico, ormai divenuto così popolare, verte sul virtuosismo, sulla prodezza gratuita e sullo stupore a tutti i costi, Staccioli, ancora una volta, va contro corrente e mette al servizio dell’arte un’idea che torna all’umano aiuto, al valore della relazione, alla ricerca della qualità del
gesto senza manierismo. Un’idea generosa a disposizione sia dei suoi danzatori, sia di coloro che si cimentano per la prima volta al rituale teatrale vivendo una magia iniziatica a contatto con grandi professionisti.
In Eureka l’idea unisce e diventa “il cammino più corto tra uomo e uomo” per citare Roger Garaudy, Staccioli e i suoi danzatori non si pongono su di un piedistallo irraggiungibile ma si fanno vicini, complici di un’azione vissuta. Il pubblico, uscendo da teatro, non solo avrà gustato e si sarà divertito con uno spettacolo di danza e di teatro fisico di altissimo livello, sensibilità e gusto, ma si porta a casa anche una gioia non solo sul piano degli occhi ma anche della partecipazione umana duratura.
_Ci interessa sottolineare che la partecipazione delle cinque comparse sarà gestita e guidata dalla compagnia con la collaborazione del teatro nei giorni precedenti alla messa in scena dello spettacolo. Nessun spettatore sarà colto di sorpresa e coinvolto in modo forzato; si tratta di candidature spontanee raccolte e valutate dalla coreografa. I candidati non è richiesta alcuna preparazione fisica specifica né teatrale.
5
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APRILE
PER NON
MORIRE
DI MAFIA
di Pietro Grasso
con Sebastiano Lo Monaco
versione scenica Nicola Fano
adattamento drammaturgico Margherita Rubino
regia Alessio Pizzech
musiche Dario Arcidiacono
scene Giacomo Tringali
costumi Cristina Darold
luci Luigi Ascione
canti tradizionali Clara Salvo
produzione SiciliaTeatro Associazione
Il libro Per non morire di mafia di Pietro Grasso e Alberto La Volpe è edito da Sperling & Kupfer S.p.A.
Quando comincia la nuova mafia? Come ha cambiato la vita della Sicilia e dell’Italia? Che cosa ci resta ancora da fare e da sperare con sconfiggerla? Sono solo alcuni degli interrogativi che il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso si pone nel suo libro Per non morire di mafia che viene ora riproposto in versione teatrale da Sebastiano Lo Monaco.
Finché la mafia esiste bisogna parlarne, discuterne, reagire. Il silenzio l'ossigeno grazie al quale i sistemi criminali si riorganizzano e la pericolosissima simbiosi di mafia, economia e potere si rafforza. I silenzi di oggi siamo destinati a pagarli duramente domani, con una mafia sempre pi forte, con cittadini sempre meno liberi. Pietro Grasso
Se Falcone e Borsellino teorizzarono che per combattere la mafia è necessario conoscerla, il loro “erede”, a propria volta impegnato da trent'anni contro la criminalità organizzata, aggiunge che oggi per contrastare la mafia è indispensabile avere la percezione esatta della sua pericolosità. Perciò, dalla Procura nazionale antimafia, organismo che coordina le indagini sui fronti interni e internazionali, Pietro Grasso ripercorre le stagioni della guerra alla cupola siciliana in modo schietto, affrontando anche rapporti delicati: i legami tra mafia e politica, gli scontri all'interno della magistratura, le carenze legislative e di mezzi. Infine, Grasso affronta gli intrecci attuali con la 'ndrangheta e la camorra e traccia una mappa delle nuove mafie (cinesi, russe, albanesi, nigeriane, colombiane), individuando le strade e gli strumenti che ci permetteranno di non morire di mafia, di non sottometterci al suo potere.
Non un semplice spettacolo ma un ritratto, un’indagine emotiva, una discesa nel cuore vibrante del lucido pensiero di un uomo che ha dedicato e sta dedicando la sua vita alla lotta contro il crimine per il trionfo della legalità. Lo immagino in una stanza. Lui è lì al suo tavolo, forse sta lavorando, forse, stanco, sta pensando, forse sta tenendo una lezione, quello che è certo è che lo spettatore si trova partecipe di una riflessione sorprendente per la sua vitalità intellettuale. Il tempo dello spettatore è lo stesso del protagonista sul palcoscenico. Il tempo della finzione corrisponde perfettamente allo sviluppo dell‘intera pièce che si dipana così tra il momento didattico, quello comico e quello che definirei tragico nel senso antico della parola. Il protagonista/attore narra i tempi moderni come l’aedo cantava la guerra di Troia e ci invita alla speranza, al valore supremo e antico del rispetto della legge dello stato ma guidato da una più profonda legge morale.
Un uomo/attore che dialoga con se stesso e con il pubblico. Un dialogo lucido in cui i segni tracciati sulla lavagna diventano il concretizzarsi di un percorso di pensiero che scava nella memoria che fa della storia il proprio strumento di orientamento. Un pensiero assolutamente urgente e necessario che viaggia sul delicato binario della contraddizione. Un aspetto, quest’ultimo, che trova la sua sintesi nel senso del dovere, forte e al quale rispondere con una profonda e sana morale individuale. Il nostro protagonista si stacca così dalla vicenda squisitamente autobiografica e diviene teatralmente simbolo di un nuovo cittadino. L’istante si allarga ad un gioco di sottile ironia che colora talora la narrazione ed il protagonista / narratore si pone al centro di una rivoluzione copernicana che ribalta la visione più praticata della mafia e del malessere sociale che avvolge il nostro paese. Come un nuovo Galileo, egli ci offre un nuovo telescopio per scrutare l’universo che ci circonda: egli ci permette di sapere. Il monologo rispecchia una condizione del personaggio di solitudine in cui i pochi segni scenici raccontano il mondo che egli evoca ripercorrendo la propria vita tra il personale ed il professionale. Un racconto che parte dalla Sicilia per aprirsi alla globalizzazione, verso un orizzonte di riferimento in cui si compie la tragedia contemporanea del fenomeno mafioso. La musica va a sottolineare e a scandire le tappe concettuali che segnano una sorta di nuova Iliade contemporanea, una nuova guerra che assume dimensioni talora mitiche proprio perché trae le sue origini in fenomeni culturali, sociologici, antropologici che appartengono alla cultura meridionale e che trovano oggi alleati nei grandi sistemi economici del profitto a tutti i costi. La visione storica diventa per il nostro narratore strumento privilegiato. Il protagonista assume su di sé, sul proprio corpo, tale racconto che egli vive nella profondità della propria anima e che condiziona l’intera sua esperienza di vita. La grande storia si intreccia alla storia del singolo fatta di paure, di scelte familiari, di piccoli atti di coraggio e determinando l’emergere, nel fluire della coscienza del personaggio di parole chiave che in modo inequivocabile dimostrano l’attualità della parola di Grasso. Uno spettacolo che trae il suo interesse dalla capacità di sollecitare domande, analisi e una maggiore consapevolezza negli occhi degli spettatori. Il grido del personaggio è rivolto alle coscienze: su di esse vuole suscitare una presa di posizione e l’assunzione di una speranza possibile che possa dare corpo ad un’utopia per le nuove generazioni. Un monologo quindi che riconduce il teatro alla sua funzione civile ed evocativa. Un teatro capace di disegnare gli uomini, di delineare esperienze di vita che possano divenire modelli. Un teatro che senza intellettualismi vuole dare un contributo al recupero di un senso della civiltà. Tutto affidato all’arte attorale di Sebastiano Lo Monaco con il quale, dopo aver condiviso l’esperienza del Non si sa come di Pirandello, sono felice di cominciare questa nuova avventura che lo vede confrontarsi con una dimensione testuale nuova e mettere la sua arte, di grande erede della tradizione italiana, al servizio di evento teatrale che muova verso la contemporaneità. L’attore incarna così una comunità. L’attore ci spinge a sentirci comunità capace di cogliere i tratti che ci legano, a ridiscutere i problemi del nostro presente, sottraendoci al qualunquismo, ai luoghi comuni e cercando di pervenire ad un’analisi che il teatro conduce non solo con il pensiero ma soprattutto con l’anima. Alessio Pizzech
INCONTRI
CON LA
STORIA
FUORI
ABBONAMENTO
25
NOVEMBRE
EDDA
CIANO
testo e liriche Dino Scuderi, Elisabetta Tulli
musiche Dino Scuderi
regia e coreografie Roberto Rossetti
con Floriana Monici, Roberto Rossetti, Cristian Ruiz, Brunella Platania
e Alessandro Casalino, Cristina Crescini, Enrico Verdicchio, Benedetta Morichetti
Francesco Properzi, Ilaria Gattafoni, Matteo Canesin, Silvia Gattafoni
assistenti alla regia Fabio Tartuferi, Alessia Torresi
assistente alle coreografie Ilaria Battaglioni
light designer Ulisse Ruiz
progetto fonico Lorenzo Chiusaroli (Ortlis)
scenografie Rudy Teodori
costumi Giulia Ciccarelli
produzione Compagnia della Marca
In un tipico caffè italiano degli anni '50, intriso di voglia di dimenticare gli orrori della recente guerra, una piccola orchestrina accompagna una serata stanca che volge ormai al termine. A un tavolo è seduta la nostra protagonista: Edda Ciano Mussolini, che calata in un non-tempo teatrale è costretta in un'unica ambientazione scenica che fa da cornice a danze spumeggianti e canzoni, in un gioco delle parti fra lei, il marito Galeazzo, gli avventori, un cameriere e i musicisti della piccola orchestrina del Caffè. Edda rivive, o vive, o immagina, o è vittima dei fatti narrati. “Edda: Tra cuore e cuore” va assolutamente al di là del musical storico politico, prendendo in prestito i sapori e dissapori di un'epoca così incisiva per il mondo intero, al fine di raccontare il dramma di una donna incapace di salvare il proprio uomo, condannato alla pena capitale dal proprio adorato padre. Come in un piano sequenza cinematografico si conosce sempre di più l'animo di questa donna: volitiva, inappagabile, insofferente, coraggiosa, fragile, innamorata. Attraverso appassionanti melodie si narra della forza dell'amore oltre la guerra, il dolore, l'affetto filiale e quello che resta in un pirandelliano gioco delle parti con un finale mozzafiato - Dino Scuderi
INCONTRI
CON LA
STORIA
FUORI
ABBONAMENTO
03
FEBBRAIO
D’ANNUNZIO
SEGRETO
di e con Edoardo Sylos Labini
drammaturgia Angelo Crespi
con la partecipazione di Viola Pornaro nel ruolo di Eleonora Duse
regia Francesco Sala
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
disegno luci Pietro Sperduti
Nel contrasto tra giorno e notte, euforia e malinconia, commedia e dramma, si svolge D’Annunzio segreto, il nuovo spettacolo di Edoardo Sylos Labini. Siamo negli ultimi anni di vita di d'Annunzio. Gabriele è rinchiuso nelle stanze del Vittoriale perverso con le sue amanti – le intrattiene, le manipola, le aizza l’una contro l’altra, progetta nuove imprese, litiga con Mussolini, pretende di essere coccolato, osannato, idealizzato. Di notte, al contrario, d'Annunzio, seduto al suo scrittoio, intesse un lungo e poetico dialogo, con l’unica donna che lo ha amato e che lui ha amato ma che ora non c'è più: il mito Eleonora Duse. Rivive le straordinarie prove teatrali della Città Morta, lo scandalo pubblico del romanzo Il fuoco e una travolgente versione della Pioggia nel pineto. Tra amore e grande letteratura, gelosie e tradimenti arriva a teatro il Vate degli Italiani come non si è mai visto.
PROSA
ABBONAMENTI [8 spettacoli]
da giovedì 28 settembre a giovedì 5 ottobre
prelazione con conferma turno e posto
venerdì 6 e sabato 7 ottobre
prelazione con possibilità di cambio turno e/o posto
da lunedì 9 ottobre
nuovi abbonamenti
biglietteria del Teatro 0736 298770
in campagna abbonamenti dal lun al sab dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 16.30 alle ore 19.30
- platea e palco centrale di I e II ordine 200 euro
- palco laterale I e II ordine, palco centrale III ordine 165 euro
- palco laterale III ordine, palco IV ordine 136 euro
- speciale studenti* 100 euro
BIGLIETTI
da martedì 17 ottobre
vendita biglietti per lo spettacolo Lacci
da martedì 24 ottobre
vendita biglietti per tutti gli spettacoli
biglietteria del Teatro 0736 298770
dal mart al sab dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 16.30 alle ore 19.30
nei giorni di spettacolo anche 45 minuti precedenti l’inizio della rappresentazione
- platea e palco centrale I e II ordine 28 euro ridotto 23 euro
- palco laterale I e II ordine, palco centrale III ordine 23 euro ridotto 19 euro
- palco laterale III ordine, palco IV ordine 19 euro ridotto 16 euro
- loggione 14 euro ridotto 11 euro
- speciale studenti* 14 euro
riduzione fino a 25 anni e oltre 65 anni. Per Eureka anche per iscritti scuole danza
* riservato agli studenti delle scuole medie superiori e universitari, nei posti di palco laterale III e IV ordine
Incontri con la storia
spettacoli fuori abbonamento del 25/11 e 03/02
posto unico numerato 15 euro ridotto 10 euro
riduzione fino a 25 anni e oltre 65 anni, abbonati alla stagione di prosa 17/18
INIZIO SPETTACOLI
feriali h 20.30
domenica h 17.30
INFORMAZIONI
biglietteria del Teatro 0736 298770 www.ilteatroventidiobasso.it
AMAT 071 2072439 www.amatmarche.net
CALL CENTER 071 2133600