Sussidiarietà e solidarietà, carte vincenti per un proficuo no profit

Sussidiarietà e solidarietà, carte vincenti per un proficuo no profit

Vittadini: 'Non è possibile pensare il sociale come una realtà fuori dalle leggi del mercato. Il terzo settore è esso stesso impresa e ciò significa trasparenza, guadagno, bilanci, ma soprattutto una pluralità di soggetti che operano per un servizio attraverso una rete'.

Ascoli - Un progetto iniziato quattro mesi fa, un’iniziativa stimolo all’apertura della Bottega del Terzo Settore, un ciclo di incontri volti a sensibilizzare l’intera cittadinanza ai problemi e alle tematiche sociali. A tale scopo ieri pomeriggio, presso la Libreria Rinascita di Ascoli Piceno si è tenuto il quarto appuntamento con i Giovedì della Bottega del Terzo Settore, promossi dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno.

A far riflettere il pubblico sul delicato tema della sussidiarietà e qualità nei servizi sociali Giorgio Vittadini, professore presso l’università degli Studi di Milano Bicocca nonché Presidente della Fondazione per la sussidiarietà e Mario Paci, Capo servizio presso il Corriere Adriatico di Ascoli Piceno.

In un periodo in cui la crisi sta colpendo l’Italia e il territorio marchigiano – dice Mario Paci - in cui ci sono, purtroppo, testimonianze drammatiche di aziende che chiudono, c’è un lento passaggio dal welfare state al welfare mix e, proprio in questa situazione tragica, l’unica nota positiva risiede nel fatto che le imprese del terzo settore hanno avuto un forte incremento’.

Cosa che ci tengo a sottolineare è che non si può assolutamente rinunciare al welfare universal – afferma Giorgio Vittadiniperché qualunque persona deve avere il diritto di vivere in modo dignitoso. Quello che si deve capire è che, qualora si riducano i contributi agli enti sociali locali, si riduce anche l’assistenza stessa’.

L’Italia non è mai stato un paese ricco – continua Vittadini -  ma qualcosa è successo. È nato il movimento cattolico, cioè la gente si è organizzata per non sopperire e rispondere in maniera adeguata alle difficoltà economiche. In seguito a ciò sono venute a crearsi aziende speciali, formazioni professionali, casse di risparmio, banche rurali; insomma delle strutture che avessero al centro la solidarietà. E allora proprio questo momento di disagio in cui versiamo può rappresentare il momento giusto per integrare l’intervento pubblico con le realtà sociali, realtà che ad oggi divengono ancora più preziose’.

Questo certo non per privatizzare – prosegue Vittadini – ma per la creazione di un’impresa sociale che possa avere, però, al suo interno una struttura solidaristica, senza venir meno al welfare universalistico, che è proprio nel nostro DNA. D’altro canto lo Stato deve intervenire proprio in quelle situazioni in cui non si è già lavorato’.

Da queste prende vita l’idea della sussidiarietà. Ma cosa significa concretamente? Valorizzare tutto ciò che sul territorio è già in grado di intervenire positivamente, perché già riconosciuto come utile alla comunità.

Sorge, però, spontanea la domanda se la sussidiarietà è compatibile con il mercato.

Prima della crisi – sostiene Vittadini – si pensava che il mercato senza vincoli fosse il punto cardine dello sviluppo. Dopo di essa, considerato che non si era capaci di far fronte all’ingente domanda e non si riusciva a rispondere ai bisogni di tutti, si viene a creare una grave crisi finanziaria. Questo deve far capire che non basta un mercato selvaggio e senza vincoli per portare il bene. Il mercato è costituito da soggetti diversi e da guadagno e, solo attraverso il progresso e la solidarietà, si può fare economia. Nella stessa creazione del valore, bisogna creare meccanismi come la cooperazione e strutture di rete, cioè strutture che si riescano a mettere insieme per lavorare per un obiettivo comune’.

Ne consegue, quindi, che il mercato oggi è davvero qualcosa da reinventare, ma con caratteristiche più sociali, perché si lavora con l’uomo stesso. Proprio la creatività e la capacità intellettiva diviene forza innovativa.

Certo è che bisogna comunque pensare queste strutture sociali come aziende e, essere aziende, significa comunque trasparenza, guadagno, bilanci, ma soprattutto avere una pluralità di soggetti che operano per un servizio e non solitudine. Considerare, quindi, delle realtà integrate, per una crescita comune, in cui divenga pubblico tutto ciò che sia necessario al cittadino, anche se questo non viene esplicitamente gestito da esso.

Non è possibile, pertanto, che il terzo settore sia fatto di realtà che non abbiano al proprio interno una struttura solida – riprende Vittadini. Il sociale deve cambiare. Bisogna capire che l’efficienza, cioè il risparmio e il miglior utilizzo delle risorse, e l’efficacia, cioè la corrispondenza al bisogno delle persone, possono spronare al miglioramento grazie ad una valutazione oggettiva dei servizi e a una pressione che viene a crearsi in seguito alla necessità stessa di valutazione di tali servizi’.

Inoltre – conclude Vittadini- fondamentale in questa rinascita è il ruolo del volontario che deve avere interesse, perché solo tramite questo, ne consegue la professionalità. Egli ha voglia di fare le cose solamente se ha degli ideali di miglioramento’.

Insomma il terzo settore è una realtà che ha il vantaggio di rinascere costantemente, grazie anche ai giovani che si avvicinano sempre più al mondo del volontariato. Bisogna saper attrarre e pensare l’impresa sociale come un’impresa che produca denaro, ma sempre attraverso la cooperazione di strutture diverse.

Il motto è coniugare solidarietà e sussidiarietà, avendo l’idea che la solidarietà sia anche essa stessa mercato, pur tenendo conto dell’essere umano. Solo così il terzo settore potrà essere visto come un fattore di cambiamento dell’idea del no profit.