Ascoli - Proseguono le iniziative del progetto ‘Distretto Culturale Evoluto Piceno’. Il Design del Bello, Buono e Benfatto è co-finanziato dalla Regione Marche con il contributo della Camera di Commercio di Ascoli Piceno, di cui il CUP è capofila e la Scuola di Architettura e Design dell’Università di Camerino partner scientifico.
Sei seminari di buone prassi ed esempi virtuosi sul Bello, Buono e Benfatto.
L’obiettivo è quello di approfondire buone prassi, strumenti operativi ed esempi virtuosi di progetti di valorizzazione e innovazione dei patrimoni culturali, guidati dal design, attivati e realizzati in ambito nazionale e regionale.
‘Con questo ciclo si entra in una fase più operativa – ha ribadito Lucia Pietroni - con il fine proprio di valorizzare completamente le tre B: il bello con i patrimoni artistici e museali, il buono con l’enogastronomico e il ben fatto con l’artigianato e la manifattura locale’.
Tema principale di questa prima giornata è ‘La valorizzazione dei patrimoni culturali del Bello: esempi di buone prassi’.
A fare da moderatore Carlo Vinti, che ha più volte sottolineato come i concetti di patrimonio, valorizzazione e innovazione non debbano essere dati per scontato e per questo è stato deciso di proporre, attraverso l’aiuto di relatori provenienti da tutta l’Italia, esperienze varie, che riguardassero aree geografiche differenti e che utilizzassero strategie alquanto eterogenee e per questo ricchezza.
‘Stiamo lavorando su un’idea diffusa del patrimonio e questo è un concetto che riguarda un fenomeno tipico contemporaneo – continua Vinti. L’idea di valorizzare il patrimonio può apparire agli occhi di molti come un concetto astratto e da qui l’esigenza di proporre testimonianze che incarnino esempi concreti’.
‘L’attuazione di ciò consiste nella capacità di innovare, perché il patrimonio non è qualcosa di statico, ma si muove e viene costruito a partire dal punto di vista di chi lo riceve, attraverso negoziazione. La sua cura e rinnovo ricerca la partecipazione alla valorizzazione; mantenerlo in vita significa dare la possibilità di essere interpretato da culture diverse’.
A dimostrare fattivamente questo Alessandra Alesiani Stipa, Presidente regionale FAI Marche, che ha mostrato degli esempi di gestione di beni culturali in sinergia con il territorio, spiegando come tutti i patrimoni dovessero diventare fulcri nei loro sistemi paesaggistici, in un rapporto inscindibile dal proprio territorio.
‘In una società di massa in cui il pensiero dominante è che la cultura sia per pochi – dice la Dott.ssa Alesiani - un concetto fondamentale è l’enjoyment, cioè godimento e quindi trovare un modo nuovo per avvicinarsi ad essa. Da qui, per sconfiggere questo iato, la necessità di creare reti tra cittadini, associazioni e istituzioni’.
Aspirazione, questa, che ha avuto un recente riscontro proprio nel progetto di riqualificazione di S. Maria di Portonovo, piccolo gioiello ai piedi del Conero, da sempre abbandonato a se stesso e oggi riqualificato grazie ad un progetto pilota su scala nazionale.
Ed è proprio sulla cooperazione di persone che si basa la testimonianza di Gianni Di Matteo, architetto e presidente di ADI Sicilia, che dal 2010 collabora alla programmazione culturale di Farm Cultural Park, Centro Culturale e Turistico Contemporaneo diffuso.
Il progetto nasce dalla voglia di una coppia di coniugi di restituire dignità ad una zona trascurata, malavitosa e che sembrava essere destinata ad essere spazzata via dopo la tragedia del crollo di alcune palazzine nel centro storico di Favara. Da queste macerie della fatiscenza nasce il Centro culturale dei Sette cortili, una comunità fatta di tante piccole realtà che collaborano tra loro, creando economia .
‘Farm è un museo delle persone di 1450 metri quadri – sostiene Di Matteo – gente che ha avuto il coraggio di mettere su un’impresa in un posto disperato creando delle attività, quali il recupero di persone svantaggiate o mercatini vintage o giardini con composizioni floreali o ancora aziende di arredamento, unite da un solo motto: anche qui si può fare. Nonostante tutto quello che accada si può aver il coraggio di credere in qualcosa, in un progetto comune, perché a volte la disperazione può essere la molla e lo stimolo per migliorarsi’.
A concludere la mattinata Luca Coppola, Responsabile della comunicazione del progetto ‘Paesaggi Italiani’, iniziativa con l’obiettivo generale di promuovere e mettere in rete le aree rurali italiane, sotto l’aspetto del patrimonio culturale e ambientale.
‘Nell’interpretazione del progetto – evidenzia Coppola – alla dimensione dell’esperienza si aggiunge quella della partecipazione, nel tentativo di definire un rapporto empatico con il territorio, tra l’abitante e il turista’.
Ne consegue che la parola ‘paesaggio’ racchiuda il concetto della percezione di chi l’osserva, l’esperienza di chi lo vive, divenendo uno spazio delineato geograficamente, economicamente e socialmente.
I principali strumenti di comunicazione per trasmettere tutto ciò? Narrazione non superficiale di un paesaggio in continuo mutamento, utilizzo quindi della narrazione affinché il paesaggio stesso possa parlare, favorire l’esperienza. Da non dimenticare infine i sistema di simboli, i documentari, i riferimenti online e un utilizzo costante della scrittura nella produzione di contenuti.
Esperienze quindi con uno sguardo lungo al futuro e progettuale, che non celebrino solamente il bello come unica fonte a scopo turistico, ma stimolino in ciascuno un pensiero: la possibilità che ci siano processi che riguardino il legame tra i beni territoriali e la vita stessa, che si svolge all’interno di questi territori, anche attraverso l’uso di linguaggi contemporanei.
‘E come per mantenere in vita la memoria dei morti bisogna dire sempre cose nuove sul defunto, così i patrimoni, affinché continuino a regalare ulteriori sorprese, bisogna avere la voglia di conoscerli criticamente, reimmaginarli e consentire loro di muoversi ancora nel tempo’.
Si continua con gli apuntamenti del 2, 3 e 4 marzo 2015.