Michele Vianello, A lezione di #consapevolezza

Michele Vianello, A lezione di #consapevolezza

Ci sono delle amministrazioni tra le più avanzate in tema di pubblicazione online ma quando gli si domanda se hanno mai chiesto ai loro #stakeholder se ciò che mettono a disposizione serve veramente ai cittadini la domanda diventa banalmente retorica

Ascoli - Ho partecipato alla presentazione del libro “costruire una città intelligente” di Michele Vianello nella libreria Rinascita di Ascoli Piceno. Ho conosciuto l’autore circa due anni fa in maniera virtuale. Grazie alla sua costante presenza sui social networking, decisi un bel giorno di contattarlo per parlare con lui di #innovazione di #smartcity, solo alcune delle innumerevoli keywords di cui si è parlato anche ieri. Rimasi stupito da come avvenne il nostro primo scambio di parole, subito dopo averlo aggiunto fu lui a scrivermi, dandomi il benvenuto all’interno della community. Grazie al suo supporto ho avuto modo di approfondire queste tematiche, oggetto dei miei studi e ricerche già da diversi anni.

Mediatori dell’incontro Ivano Corradetti e Francesco De Angelis, (Smart Piceno e 2015 Ascoli Capoluogo), con Valentina Galati, vice presidente di Smart Piceno. Quando inizia a parlare Michele Vianello, quella che doveva essere la classica presentazione di un libro, diventa una lectio magistralis fatta di interazione tra pubblico e autore in materia soprattutto di #consapevolezza.

Ed è proprio questa la #keyword fondamentale.

Noi tutti prima di essere liberi professionisti, impiegati, disoccupati, smartcitizen ecc. siamo cittadini e dobbiamo essere consapevoli di quello che questa nuova rivoluzione ci sta portando.

Abbiamo a che fare, come dice il signor Vianello, con un animale che si chiama Information and communication technologies, ossia la tecnologia che attiene comunicazione e dialoghi e non siamo consapevoli delle potenzialità che questo sistema ci offre qualunque sia la nostra posizione sociale. Ci stiamo confrontando cioè con quelle tecnologie in continua trasformazione, che stanno cambiando il modo di relazionarci, di costruire il sapere, di metterlo a disposizione, di condividerlo.
In altra epoca ci si relazionava in maniera diversa – dice Vianello - La comunicazione era unidirezionale, non si poteva parlare con un quotidiano, o con la televisione o la radio.. oggi ci sono piattaforme dove io dico la mia e tu la tua e questo dialogo viene arricchito o svilito da quanti hanno la possibilità di dire la loro, di cambiare o stravolgere l’opinione ecc.
Il problema vero è che non siamo consapevoli di quello che sta succedendo
”.
Abbiamo in tasca un oggetto da 700 euro che ancora la maggior parte delle persone usano solo per telefonare, nonostante quello non sia più esclusivamente un telefono, bensì una piattaforme che ci permette di dialogare e mettere in comunicazione dati con gli altri, e di avere questo mondo sempre a disposizione.
Di questo non siamo consapevoli, ribadisce Vianello. Funziona essere smartcitizen se c’è una domanda ed un offerta, e se quest’ultima è la pubblica amministrazione che offre la fruizione di se stessa in modo totalmente diverso.
Cittadini consapevoli chiedono alle amministrazioni performance che queste non sono in grado di fornire.
Perché per parlare tra di noi usiamo oggi facilmente piattaforme di messaggistica istantanea (What’s app ad esempio) e per comunicare con la pubblica amministrazione, con i comuni, questo non è possibile? - si chiede Vianello - Perché se ho necessità di parlare con l’ingegnere capo del comune devo ancora mettermi in coda ad una fila interminabile a meno che non conosca l’assessore? Oppure usare una mail nel migliore di casi o una PEC? È logico che questo richiede un organizzazione differente all’interno delle amministrazioni. Esiste un codice dell’amministrazione digitale che veramente in pochi conoscono suggerisce l’autore.
Perché il bilancio partecipato del comune sono sempre ancora quelle noiosissime riunioni delle 21.00 alle quali ormai non va più nessuno?
Il tema centrale è quindi il nuovo linguaggio. Spesso oggi si dialoga usando immagini. Ogni giorno su instagram vengono postate 70 milioni di fotografie
”.
Mi ero soffermato a riflettere fino all’inizio della presentazione su due libri. Tra un volo pindarico e l’altro tutto era più chiaro. Quei due testi, casualmente vicini all’interno degli scaffali, intrecciano i loro emisferi senza nemmeno saperlo.
La funzione mediatica della fotografia e del fotomontaggio (soprattutto) sul quale “pic architecture”, della professoressa Marta Magagnini, pone l’attenzione evidenziando l’importanza nella storia della comunicazione che questi strumenti hanno avuto nei secoli, si sposa perfettamente con i temi del libro “smart cities” di Michele Vianello, pietra miliare della sua produzione.
C’è infatti qualche amministratore che ha mai provato a vedere come viene raccontata la sua città usando instagram? O sappia come si fa?” - chiede ancora Vianello - Ci sono piattaforme per farlo gratis! Con questo mezzo si può capire facilmente cosa è che interessa di più alla gente. Questo discorso può essere esteso agli albergatori, ai ristoratori ecc. il nostro mondo è ancora fermo al secolo precedente, sta usando quello nuovo ma non ne è consapevole. La grande ricerca per gli smartcitizen è la costruzione della #consapevolezza.
Quando si parla di
#alfabetizzazionedigitale non bisogna più pensare che questo voglia dire insegnare agli anziani ad usare word perché a loro non interessa più, non gli serve.
Ma se loro sapessero i vantaggi di cui potrebbero godere prenotando ad esempio con booking la gita del loro circolo cittadino sarebbero sicuramente felici e avvantaggiati in questo mondo. Bisogna insegnar loro a spedire una mail per soddisfare facilmente i loro bisogni, fare una ricerca su google, usare wikipedia perché suo nipote lo usa e lui anziano non lo sa usare.
Questo comporta una lacerazione che spacca il sistema anziano-giovane che un tempo insegnava a fare ricerche con i metodi tradizionali.
Bisognerebbe insegnare loro ad aprire un gruppo su facebook per documentare le attività del circolo a cui appartengono perché gli serve.
Ecco dunque come spesso domanda e offerta non si parlano.
Ci sono delle amministrazioni tra le più avanzate in tema di pubblicazione online ma quando gli si domanda se hanno mai chiesto ai loro #stakeholder se ciò che mettono a disposizione serve veramente ai cittadini la domanda diventa banalmente retorica…

Parlare di trasparenza e riferirsi solamente agli stipendi degli amministratori pubblici serve a poco per Michele Vianello.
A noi interessa che vengano messi davvero in formato open strumenti che possono servire ai cittadini e soprattutto che possono essere riutilizzati – dice - Ci interessa mettere a disposizione i piani regolatori ad esempio, che per legge dovrebbe essere disponibili sui siti comunali, e in realtà tutti si professano open in tal senso, ma il problema è che sono messi nel formato sbagliato, ossia non riutilizzabili: con un .pdf che ci facciamo?
I comuni italiani che forniscono i dati in formato riutilizzabile si contano sulle dita di una mano. Spesso magari si dotano di app che consento ai cittadini di segnalare le varie magagne della città come buche nelle strade ad esempio, ma poi non rispondono
”.
“La prima regola è rispondere!” ammonisce Vianello.
Qualunque sia la risposta, altrimenti questo servizio non ha senso farlo e non dovrebbe esser posto sotto la voce “trasparenza” ma bensì sotto quella di “sviluppo economico”! #opendata è un’opportunità cruciale.
Gli Stati Uniti d’America ci dicono che con il dato open ottengono il 3% di PIL in più perché questa forma serve a far progredire l’economia. Ieri l’ AGID ha reso pubblico che 10 mila amministrazioni pubbliche italiane non hanno reso ancora i dati in formato open tra camere di commercio, autorità portuali ecc.

Altro argomento centrale della lectio di ieri riguarda le possibilità che uno strumento come google ci offre. Non siamo consapevoli ad esempio delle sue potenzialità e anzi vogliamo quasi cacciarlo dall’Italia. Google fornisce alle Americhe ogni anno le statistiche date dalle interrogazione che vengono fatte ogni giorno da tutti noi sui suoi motori di ricerca. Su questo si costruiscono le previsioni di ciò che avverrà città per città. Lo fa il privato, il signor Google, e sarebbe auspicabile che lo facessero anche le amministrazioni pubbliche. Ma la cosa più strabiliante di tutto questo è che volete sapere qual’ è la parola più ricercata nel mondo? Made in Italy. Tramite uno strumento fantastico chiamato “Google trend”, è stato possibile arrivare a questo importantissimo dato. Proprio sulla base di codeste considerazioni Google insieme con Unioncamere ha dato vita ad un progetto che ha l'obbiettivo di portare le pmi italiane, produttrici di eccellenze nei vari settori dell’artigianato, ad avere una buona presenza online per poter esportare il Made in Italy nel mondo. Questo serve a farci comprendere come le nuove tecnologie non sono assolutamente nemiche dell’artigianato anzi, quest’ultimo ha così delle possibilità di rafforzamento notevoli.

A questo punto la domanda è una sola: ci rendiamo conto di quanto siamo #inconsapevoli?






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