Settembre - Ottobre 1943, giorni di sangue ad Ascoli e sul Colle S. Marco

Settembre - Ottobre 1943, giorni di sangue ad Ascoli e sul Colle S. Marco

Una serata particolare grazie alla presenza di due testimoni diretti di quelle giornate drammatiche e nello stesso tempo piene di speranza per il futuro dell'Italia

Piagge - L'Anpi provinciale (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) di Ascoli Piceno e il Circolo Piagge 80 hanno organizzato un evento culturale alla vigilia del 25Aprile nella sede del Circolo per ricordare gli eventi del 12 settembre e del 3 ottobre del 1943.
Una serata particolare grazie alla presenza di due testimoni diretti di quelle giornate drammatiche e nello stesso tempo piene di speranza per il futuro dell'Italia. Due giovani William Scalabroni, oggi presidente dell'Anpi provinciale, allora di 17enne con i compagni sul Colle S. Marco dietro gli uomini di Spartaco Perini, e Ivo Castelli, oggi novantenne che allora, a 19 anni, fu ferito nella sparatoria di S. Filippo contro le truppe tedesche.
Emozionante il racconto di Castelli.
Ero fuori dalla porta di casa in attesa che passassero delle ragazze – racconta Castelli – ad un certo punto vidi che un aereo sorvolava le Casermette e poco dopo passo una moto sidecar con un soldato tedesco armato di fucile che guidava e un tenente a bordo. Guardavano verso le Casermette. Non fecero caso a me che mi rifugiai subito dentro il portone di casa a pochi passi dal cavalcavia di S. Filippo. Li seguii con lo sguardo e li vidi tornare indietro verso il centro della città. Andai subito da mio padre a raccontare l'accaduto e lui disse di andare alle Casermette e riferire che erano arrivati i tedeschi. Feci così. - racconta Castelli - Alle Casermette erano arrivati circa 1.300 avieri dalla Puglia e non so dove dovessero andare. All'ufficiale di picchetto raccontai l'accaduto. Arrivò il comandante della caserma e telefonarono al Colonnello Emidio Santanchè che comandava il Distretto a corso Mazzini. Chiesero cosa fare se combattere o arrendersi all'arrivo dei tedeschi. Santanchè li lasciò liberi di decidere. Allora con circa 300 avieri tendemmo un'imboscata aspettandoci che i tedeschi sarebbero tornati da li a poco. Ci nascondemmo dietro le case e sul cavalcavia dove c'era un muro alto 90 centimetri. I tedeschi arrivarono e ci fu una sparatoria terribile che duro circa quindici minuti. Quattro avieri accanto a me morirono e io stesso fui ferito, ma prendemmo prigionieri tutti i tedeschi vivi e li portammo alle Casermette. I medici delle Casermette medicarono i feriti, cercarono anche di far mangiare i tedeschi che però non vollero nulla: erano impauriti. In seguito arrivò l'ordine di liberarli e restituire le armi, ma i proiettili vennero trattenuti. Mia madre pianse finché non mi vide tornare” .
Castelli non poteva sapere che nel frattempo al Distretto anche il colonnello Santanché ingaggiò un combattimento contro i tedeschi. Entrarono in città il 12 settembre. Erano circa le 10 quando, da Porta Romana, giunse ad Ascoli un reparto motorizzato che si frazionò in più gruppi. Il primo attacco fu diretto contro la caserma Vecchi: fu distrutto il centralino, disarmati i soldati e gli ufficiali, presi come prigionieri il ten. col. Perna e il cap. Camilli.
Intorno alle 11, guidati dal tenente Ludwig Hoffmann, i tedeschi si diressero verso la caserma Umberto I (il Distretto, ndr), sparando e pretendendo la resa dei soldati italiani. Il tenente Cleto Capponi, che si trovava nell’ufficio comando,racconta: “..si udirono intimazioni tedesche accompagnate da qualche raffica di arma automatica, alle quali rispose immediatamente il fuoco delle armi già appositamente piazzate nella caserma, a sbarramento degli accessi” (Balena, p.20).
I tedeschi probabilmente non si attendevano una resistenza organizzata e puntavano ad una resa più o meno immediata del comando.

Invece il comandante del 49° Rgt. Fanteria, il colonnello Emidio Santanché, pur nella confusione di quei giorni, aveva organizzato la difesa della caserma. Ne seguì uno scontro violento nel quale persero la vita il sergente Lepori e il sottotenente Luciano Albanesi. Nelle file nemiche trovarono la morte lo stesso tenente Hoffmann ed alcuni soldati tedeschi.

Racconta l'avvocato Francesco Saladini che c'era in quei giorni un forte stimolo di identità negli ascolani nei confronti dei tedeschi. Nel frangente della sparatoria del Distretto addirittura un “disertore” che era stato messo ai servizi di cucina, all'arrivo dei tedeschi chiese che si desse a lui la mitragliatrice dato che era un mitragliere e quindi più abile nel tirare. E fu proprio sotto i suoi colpi a rimanere ucciso Ludwig Hoffmann. Saladini ci tiene a difendere da una voce contro la quale Spartaco Perini, un eroe di quei giorni sul Colle S. Marco, ha dovuto sempre difendersi in città dopo quel terribile 3 ottobre del 1943, giorno nel quale molti suoi compagni restarono uccisi sotto i colpi dei tedeschi che li avevano accerchiati. A Perini s'imputava la colpa di non aver sciolto per tempo la banda di circa 600 giovani che si erano ritirati sul Colle S. Marco. In realtà Perini ci aveva provato ma non era facile tenere un collegamento con l'intero gruppo, non c'era un'organizzazione militare.

Nel corso della serata è stato proiettato il cortometraggio “L'ultimo partigiano” di Claudio Sestili con la partecipazione di Flavio Bucci

Ed è stato presentato da Lucio Billwiller il libro di Sergio Bugiardini “La città e il colle”. Un'opera che ridisegna la verità di quei giorni terribili per Ascoli Piceno e le storie della Resistenza.