Con il successivo plebiscito del 2 ottobre 1870 nel quale fu sancita l’unione di Roma e del suo territorio con il resto d’Italia, nasceva tra la Santa Sede e lo Stato Italiano la “questione romana”che si protrasse per oltre mezzo secolo.
In pratica il Papa rimase “prigioniero”nel Vaticano.
Con la legge delle Guarentigie del maggio 1871 si riconoscevano al pontefice le prerogative di un sovrano ed ai palazzi Vaticani la inviolabilità da parte delle autorità italiane. Si trattava però di un atto unilaterale del governo italiano mai accettato dai pontefici dell’epoca,Pio IX,poi Leone XIII,quindi Pio X e Benedetto XV. Tutti continuarono a considerarsi prigionieri dello stato italiano.
I rapporti tra Italia e Santa Sede rimasero interrotti fino all ’11 febbraio del 1929, quando furono firmati i “Patti Lateranensi”che presero nome dal palazzo di San Giovanni in Laterano ove furono stipulati tra il Cardinale Pietro Gasparri per la Santa Sede e l’allora primo ministro Benito Mussolini.
Furono sottoscritti contemporaneamente due atti distinti,il Trattato ed il Concordato.
Il primo considerava superata “la questione romana”e veniva riconosciuta la sovranità e l’indipendenza della Santa Sede,nasceva quindi lo Stato della Città del Vaticano,con il secondo atto si regolavano le “condizioni della religione e della Chiesa in Italia”. Lunghe furono le trattative preliminari iniziate sin dall’agosto del 1926 da due tenaci funzionari l’avvocato Francesco Pacelli fratello di Eugenio –il futuro Pio XII – che godeva stima in Vaticano e, per l’Italia, il professor Domenico Barone, consigliere di Stato. Tentativi infruttuosi si erano susseguiti prima del 1926. Dopo la marcia su Roma del 1922,con l’ascesa al potere di Mussolini e di Achille Ratti a pontefice con il nome di Pio XI si materializzò la speranza ad un accordo. Il Papa fece intavolare trattative segrete e chiese che la “questione romana” si risolvesse con una sistemazione “politica” mediante l’assegnazione di un territorio con piena sovranità che doveva comprendere il Gianicolo,l’ospedale Bambino Gesù,la zona di proprietà della Congregazione di Propaganda ed il possesso di Villa Pamphili ove il pontefice avrebbe potuto dimorare per qualche periodo dell’anno.
Il tutto per circa 80 ettari di territorio. Il 24 novembre del 1926 avvenne tra Pacelli e Barone la prima stesura dello schema di trattato.Nel gennaio 1927 le trattative furono sospese quando si parlò della attuazione dell’Opera Nazionale Balilla che di fatto avrebbe dovuto incorporare i giovani delle parrocchie escludendo la Chiesa dalla loro educazione. Il conflitto fu però appianato da un gesuita,Padre Tacchi Venturi intermediario tra la Santa Sede ed il governo italiano il quale ottenne da Mussolini che gli oratori,i circoli cattolici fossero di fatto esonerati dal decreto di soppressione.
Pio XI con “motu proprio” decise di limitare il territorio della Santa Sede a 44 ettari anziché gli 80 ipotizzati, cedendo all’Italia Villa Pamphili. Nel gennaio del 1929 si stabilì l’ammontare della somma da pagarsi alla Santa Sede in un miliardo di lire dell’epoca al portatore.
Lo Stato italiano si impegnò a costruire su suolo vaticano una stazione ferroviaria ed a mettere in comunicazione la Santa Sede con gli altri Stati attraverso servizi telegrafici,telefonici,radiotelefo-nici e postali.
La cerimonia della firma si tenne nella Sala dei Papi del Palazzo del Laterano a mezzogiorno dell’11 febbraio 1929. Per il timore di attentati non furono ammessi estranei.
Il 25 luglio dello stesso anno,per la prima volta dal 1870 il papa uscì in processione sulla piazza San Pietro gremita di fedeli. Mussolini sarebbe stato ricevuto in udienza solo l’11 febbraio di tre anni dopo.