Si attende, sovente, che le mura si sbriciolino e i tetti cadano per costruire accanto edifici anonimi o pretenziose villette.
Nessun effetto ha prodotto il PPAR regionale, che pure ha riconosciuto l’esigenza di tutelare e conservare l’intero territorio delle Marche come un bene storico-culturale, nel cui ambito assumono un particolare rilievo le case rurali.
Un esempio eclatante di questa condizione indecorosa è rappresentato dallo splendido edificio, che appare in condizione di estremo abbandono e degrado e ormai prossimo al probabile definitivo crollo, ubicato proprio di fronte al Centro Commerciale “L’Oasi” alle porte di Ascoli Piceno, nel cuore della Valle del Tronto, una volta fertile e ricca di una lussureggiante vegetazione.
La costruzione segnalata rappresenta un esempio di quella che doveva essere una volta tutta la campagna picena, con i campi coltivati e al centro le case coloniche, luogo di riposo, di deposito degli attrezzi di lavoro, di ambienti per ritrovarsi tutti insieme per consumare i pasti, per custodire gli animali.
La costruzione che si distingue per la sua forma non lineare mossa e pure armonica, con una torre centrale, probabile colombaia, e ambienti aggiunti probabilmente in periodi successivi, conserva comunque una commovente eleganza e un fascino fuori dal tempo.
La tutela di questo edificio appare pertanto irrinunciabile per consentirne la conservazione e per evitare che si permetta la distruzione di una preziosa testimonianza della civiltà contadina ancora presente nel territorio.
Perché si possa conseguire questo obiettivo sarà necessaria, peraltro, la feconda collaborazione tra il Soprintendente per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, la Regione e il Comune di Ascoli Piceno per dare avvio al Procedimento di Dichiarazione dell’interesse Culturale di questo bene ai sensi dell’art.14 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n.42 ( Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio ), dovendosi riconoscere che l’edificio segnalato, di proprietà privata, sia sicuramente da comprendere tra i beni culturali di cui all’art. 2, comma 2 del citato Codice , presentando l’interesse artistico ed etnoantropologico particolarmente importante di cui alla lettera a) comma 3 dell’art.10 e quindi meritevole della dichiarazione di cui al successivo art. 13, tenendo presente anche quanto affermato dal punto 4 dello stesso art. lettera l) che comprende tra i beni culturali “ le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale “( e non si vede un esempio, nel territorio piceno, più pertinente di quello segnalato ).
Non va dimenticato, al riguardo, che l’avvenuta Dichiarazione consentirà l’applicazione di quanto disposto dall’art. 20 del Codice che dichiara che ”i beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione ”.
Siamo certi, per questo, della concorde collaborazione ed impegno per salvare dalla distruzione l’edificio in questione per consentire che, nella mastodontica proliferazione edilizia che ha quasi completamente distrutto il mitico paesaggio agrario della fertile Valle del Tronto, rimanga questa residua testimonianza di un’antica civiltà.