E’ interessante, al riguardo, riportare le parole con cui il Ministro il 30 giugno 1893 rispose in Senato ad un’interrogazione presentata sull’argomento dal Sen. Mariotti di Pesaro “ … Io non ho punto idea di strappare pagine di storia. Il fare i musei come si facevano due secoli fa, raccogliendo oggetti, o curiosi, o preziosi per portarli in un museo centrale, è una idea, a cui si ribella assolutamente la scienza moderna. L’oggetto, oltre al suo peculiare valore, ne ha uno che gli viene dallo essere conservato là dove si rinvenne….”.
Purtroppo la restituzione, pur giustificata da validi e fondati motivi e, quindi, non espressione degli atteggiamenti localistici e campanilistici, che sovente contraddistinguono l’operato delle comunità periferiche, non è mai avvenuta.
Per meglio comprendere i reali termini del problema appare opportuno analizzare le modalità di conservazione, esposizione e custodia delle risorse e dei reperti culturali, che caratterizzano l’offerta dei paesi più ricchi di opere d’arte, di monumenti, di aree archeologiche, di musei .
Da una parte ci sono paesi, come la Francia, che hanno privilegiato la realizzazione di grandi Contenitori, come il Museo del Louvre, in cui sono esposte opere d’arte provenienti da tutto il mondo. Questo sistema rappresenta, in qualche modo, l’essenza della decontestualizzazione. Infatti sovente le opere esposte non hanno alcun rapporto con il territorio.
Per il Museo citato, peraltro, va riconosciuto che la ricchezza dei materiali esposti, la spettacolarità del sistema espositivo, l’immagine delle raccolte consolidata dal trascorrere del tempo hanno certamente contribuito a far superare l’effetto di straniamento e di decontestualizzazione delle esposizioni, consolidandone l’immagine come avente un valore in sé e come una tipica espressione della cultura del paese che lo ospita, sì da farlo diventare un punto di riferimento irrinunciabile per i turisti, i visitatori e gli studiosi provenienti da tutto il mondo.
Strabilianti sono gli effetti positivi sullo sviluppo del turismo e dell’economia della Francia, se si tiene presente che questo Museo richiama annualmente più di 8 milioni di visitatori, numero di gran lunga superiore alle presenze riscontrate nell’insieme di tutti i musei sparsi nella nostra amata Italia.
Ben differenti sono, invece, le caratteristiche del sistema dei musei e dei beni culturali italiani. In luogo di grandi contenitori, in Italia è presente una miriade di raccolte diffuse su tutto il territorio nazionale, espressione e documentazione della vivace e stratificata cultura dei luoghi.
Questa parcellizzazione dell’offerta, peraltro, se da un lato permette di esaltare le specificità locali con la cui cultura e storia viene assicurato un solido ed organico legame, dall’altro costruisce a farne perdere o ridurre gran parte della propria forza attrattiva, non consentendo la presentazione del tutto come un sistema organico e strutturato, in grado di far apparire ogni elemento come una parte dell’insieme e non come un segmento parcellizzato disperso sul territorio.
Appare necessario, pertanto, elaborare progetti esaltanti ed avveniristici, pensando in grande e abbandonando, finalmente, quell’atteggiamento fatalistico, che alcuni collegano alla presunta presenza della “ sindrome dei pensionati mentali ”. Decidendo, finalmente, di destinare al settore risorse adeguate, sottratte magari ai progetti di grandi opere che rappresentano, sovente, un puro costo con danni, sia economici sia ambientali, per il sistema Italia, come, per esempio, il faraonico e non si sa quanto utile e sicuro Ponte dello Stretto di Messina.
Gli investimenti nel settore della Cultura, invece, consentirebbero un ritorno immediato in termini di sviluppo del turismo di qualità e della conoscenza, favorendo un aumento esponenziale del numero di visitatori e contribuendo, quindi, alla creazione di buona e sicura occupazione e a quella “crescita” economica di cui tanto si parla, crescita che si verificherebbe in un settore, che fonda la sua offerta sui valori della unicità e tipicità, assicurando un vantaggio competitivo anche nei confronti dei concorrenti che hanno bassi costi di produzione.
Non vanno dimenticati, inoltre, gli effetti positivi che queste scelte determinerebbero sul fronte della salvaguardia, tutela, conservazione, fruizione e valorizzazione dei beni che sono l’espressione dei valori e della memoria storica del nostro paese.
Perché questa sfida possa essere affrontata con successo, peraltro, si dovranno elaborare dei progetti per mettere in rete tutto il patrimonio culturale di cui l’Italia è ricca. Bisognerà in pratica realizzare nel paese un enorme Museo Diffuso, creando una vera e propria rete di tutte le realtà artistiche, architettoniche, urbane, archeologiche e paesaggistiche del territorio italiano, da promuovere quali elementi formidabili di attrazione per visite di qualità, di scambi culturali e di conoscenza e non di semplice escursionismo, favorendo il turismo lento, che richiede la permanenza nei luoghi visitati. Prevedendo , altresì, momenti di coordinamento, di promozione integrata e di rete, la creazione di itinerari e di approfondimenti tematici. Nella consapevolezza che tutto ciò richiederà un ruolo attivo della strutture museali già esistenti, il coinvolgimento di nuove professionalità, l’abbandono del ruolo di semplici custodi di opere messe, sovente, sotto formaldeide.
La promozione di questo disegno sistemico potrebbe essere favorita dalla realizzazione, nella capitale, del Museo delle Civiltà Italiche e della Storia dell’Italia, da allocare in un edificio moderno, funzionale, ampio, dotato di tutti gli strumenti tecnologici più sofisticati, simile, per la rivoluzionaria concezione, all’Auditorium di Renzo Piano e come questo immerso in un parco. Il Museo dovrà rappresentare una introduzione alla storia e all’evoluzione delle civiltà del nostro paese con esposizione di alcune opere fondamentali ed esemplari, con pannelli illustrativi, proiezioni di filmati e tutto quanto utile per invitare a visitare i vari musei, le aree archeologiche, i monumenti, le città, i paesaggi , i giardini presenti sul territorio per approfondirne la conoscenza ed entrare in contatto con i luoghi dove in concreto le civiltà si sono sviluppate e dove le comunità hanno prodotto le opere d’arte.
Così, per tornare al problema dei Tesori di Castel Trosino, nell’istituendo Museo delle Civiltà Italiche potrebbero essere esposti alcuni esemplari di questi reperti, con l’indicazione che tutti gli altri sono conservati nel luogo dove sono stati scoperti e realizzati, con un invito ad iniziare un percorso in grado di far avvicinare i visitatori alla anima profonda dei luoghi.
Nella speranza che questo grande progetto si realizzi, riteniamo che la richiesta pressante di tutta la comunità ascolana di riavere i Tesori Longobardi di Castel Trosino debba essere finalmente soddisfatta in modo da consentirne l’esposizione nel prestigioso Forte Malatesta di Ascoli Piceno, già pronto per custodirli, proprio in vista della necropoli dove furono rinvenuti. Dando avvio, magari, proprio con questo provvedimento al ridisegno moderno, coinvolgente, emozionante del panorama dei patrimonio culturale, ora per tanti aspetti grigio, del nostro grande e amato paese.