La sala principale, vero e proprio ingresso alla mostra, ci dona degli scorci della città di Ascoli che ai più potrebbero essere sfuggiti. Ci riferiamo in particolare al dipinto mozzafiato dal titolo “Trittico. Anfiteatro Romano”. “Questo dipinto è un progetto che va avanti da un bel po' – dice Stefano Tamburrini – Circa un anno fa ho concepito l’idea di una rappresentazione del genere.
Della visuale dell’Anfiteatro mi è piaciuta subito la dinamica, in particolare di queste dita di pietra posizionate a raggiera nel terreno. È un’ottima maniera di intendere un movimento che ti permette di vedere tutto ciò che c’è intorno”. Per rendere al meglio questa forte sensazione dinamica Tamburrini ha poi collocato le tre parti che suddividono il trittico in tre momenti del giorno diversi (alba, mezzodì, tramonto). Il risultato ottenuto si riflette negli occhi dei molti visitatori che affollano le sale in questi giorni.
Ambienti che circondano quello principale e raccontano altri esperimenti condotti dall’artista in tempi diversi della sua vita. Possiamo visitare la sala, ribattezzata in maniera ironica dal pittore, della natura viva e della natura morta, un netto scontro tra due soggetti diversi: la riproduzione della classica natura morta, appunto, fonte inesauribile di continue esercitazioni per l’artista, e la natura viva, ovvero riproduzioni nel formato di 2x1,5 centimetri di alberi secolari e di una natura brillante e profonda.
Altrettanto significative, e allo stesso tempo nettamente distanti dal contesto fino ad ora illustrato, sono le opere giovanili del periodo bolognese. Stefano Tamburrini ha conseguito nella città delle due torri il diploma presso l’Accademia di Belle Arti nel 2001 e ci ha vissuto per gli otto anni successivi.
Tra le opere giovanili a farla da padrone sono soggetti geometrici e architettonici, immagini oniriche e semi-simboliche, che ritraggono soprattutto la periferia della città emiliana nelle ore notturne, portando all’attenzione del pubblico il rovesciamento dei canoni della mostra, che da una luminosità e una chiarezza caratteristiche dei dipinti “ascolani” porta all’oscurità e all’ambiguità dei dipinti giovanili.
Ottima idea dell’artista è stato posizionare nell’ultima sala una riproduzione del suo studio di lavoro (che potrete ritrovare in Via dei Soderini 2 ad Ascoli Piceno), dove attualmente e per tutta la durata della mostra lavorerà “in diretta” sulla sua ultima fatica: una tagliente prospettiva della Loggia dei Mercanti vista da via del Trivio. E' il suo primo dipinto e per la prima volta inserisce nei suoi quadri persone: ci siamo chiesti se la presenza di questi personaggi non celasse un significato simbolico.
“Qui il discorso è più narrativo che simbolico – spiega l'artista – Esiste ad esempio una narrazione dei personaggi. Si sta raccontando una storia”.
Giunti al termine della nostra chiacchierata azzardiamo l’ultima domanda all’artista:
Che cosa si aspetta da questa mostra?
“Di ottenere un po' di visibilità – dice lui - di essere conosciuto, nel senso che io ho uno studio qui ad Ascoli e vorrei che la gente lo sapesse innanzitutto e venisse a vederlo. E poi diciamo che la cosa più bella e inaspettata che la mostra mi sta dando in questo momento è proprio parlare con le persone che vengono a visitarla. Adesso questo sta diventando per me più importante del riscontro immediato. L’arte è comunicazione, composta dal messaggio (il dipinto), il messaggero (il pittore) e il soggetto che riceve il messaggio (il pubblico). Se si togliesse anche solo un elemento da questo trinomio si priverebbe sostanzialmente di potere ciò che si sta facendo.”
Se avete bisogno di ulteriori delucidazioni…“disturbate il pittore”