Tre tesori ritrovati ad Ascoli

Tre tesori ritrovati ad Ascoli

Un registro della Confraternita Corpus Domini e due dell'archivio della Diocesi

Uno è un registro miscellaneo della Confraternita del Corpus Domini o Christi, gli altri due sono registri appartenenti all’Archivio storico della Diocesi di Ascoli. I volumi sono stati mostrati oggi per la prima volta al pubblico nelle sale dell’Archivio di Stato ascolano.
«Il registro della Confraternita del Corpus Domini, privo di copertina, è composto da 105 carte ed è una miscellanea di atti uniti insieme dopo la stesura – precisa Carolina Ciaffardoni, direttore dell’Archivio di Stato - Comprende una documentazione che va dal 1769 al 1804 relativa prevalentemente alla gestione dei beni della Confraternita e alle due fondamentali missioni: la gestione del Monte di Pietà e dello stabilimento degli esposti».
Gli altri due registri fanno parte di serie conservate nella Diocesi ascolana. Il primo è un “bollario”, un volume di cancelleria vescovile nel quale sono riportate le trascrizioni di atti del vescovo diocesano e atti pontifici, quali ad esempio le nomine dei parroci, gli ordinamenti sacerdotali, la creazione delle parrocchie e molto altro», spiega Don Elio Nevigari, direttore dell’Archivio diocesano di Ascoli.
L’altro registro, più piccolo, fa invece riferimento ai contratti di enfiteusi delle mense vescovili. «Le mense erano i beni, immobili e fondiari, che servivano al mantenimento del vescovo con una sua dignità – aggiunge Don Nevigari – Questi beni venivano dati in locazione attraverso lo strumento degli enfiteusi. Naturalmente il tenore di vita dei vescovi di allora non è paragonabile ad oggi. Come siano finiti nell’archivio dell’ex ospedale? Forse la causa va ricercata nella trasformazione della Confraternita negli Istituti di cura».
«E’ ancora irrisolto il problema della dispersione dei documenti e archivi dai luoghi di appartenenza – dichiara Maria Palma, archivista della Soprintendenza delle Marche – Vorrei ricordare come non ci siano state azioni di rivendica da parte di chi ha ritrovato le opere».
«L’estraneità dei tre registri dal contesto è balzata subito ai nostri occhi – racconta Emidio Albanesi, presidente della cooperativa Iside che ha curato le opere di riordino dell’archivio dell’Asur - Mi piace sottolineare come il grande quantitativo delle carte andate al macero corrisponda a 930 alberi non tagliati».