Le poche scuole esistenti si trovavano nelle grandi città e prima del 1861 la gran parte degli italiani erano analfabeti. Nei paesi o nelle campagne le scuole non esistevano. Chi andava a scuola, nelle città si trovava in classi affollatissime, fino a cento alunni con un solo maestro e capitava spesso che alle ragazze si insegnasse solamente a leggere ma non a scrivere in quanto si voleva che imparassero sopratutto i “lavori femminili”. Si passava di solito tutta la vita nello stesso paese senza mai muoversi. Viaggiare era difficile in un Italia divisa in tanti stati e staterelli. Per andare da Firenze a Roma , per esempio ci voleva il passaporto ed i controlli alla frontiera erano severissimi,inoltre mancavano le strade e le poche che c’erano,le più grandi ed importanti, peraltro non asfaltate-l’asfalto non esisteva- erano piene di polvere d’estate e fango d’inverno. I treni erano pochissimi.
La prima ferrovia nacque nel Regno delle Due Sicilie il 3 ottobre del 1839 ed era la Napoli-Granatello di Portici con una lunghezza di km7,640 fu inaugurata dal re Ferdinando di Borbone.Nel 1844 anche il Granducato di Toscana si dotò di una ferrovia chiamata Leopolda in onore del giovane monarca Granduca Leopoldo, tollerante verso le idee liberali che inaugurò la linea che univa Livorno con Pisa e Firenze, la capitale.La corsa costava tre paoli per la prima classe, due paoli per la seconda, un paolo per la terza.Nel 1840 venne inaugurata la ferrovia Milano-Monza,poco più di 12 chilometri che l’Imperatore d’Austria aveva concesso alla ditta Holzhammer di Bolzano.Nel 1844 Carlo Alberto dispose la costruzione della ferrovia Torino-Genova inaugurata nel 1854..Due anni più tardi anche nello Stato Pontificio si inaugurò la ferrovia Roma Civitavecchia mentre quella tra Roma ed Ancona si completò solamente nel 1866.
Quando ci si spostava da uno Stato all’altro bisognava cambiare moneta. A Torino si pagava in lire sarde, a Milano in lire austriache, a Firenze con i fiorini ed i paoli, a Roma c’erano gli scudi a Napoli con i ducati a Palermo con i tari. Quindi se si andava da Nord a Sud della Penisola si finiva per dover cambiare sei sette volte moneta. Ogni volta che si andava in una banca per cambiare le lire austriache con i ducati la banca teneva per se una piccola parte della somma come servizio.
Nell’Italia preunitaria il Regno delle Due Sicilie aveva all’incirca lo stesso numero di abitanti del Regno di Sardegna: nove milioni. Secondo quanto riportato dallo studioso meridionalista Francesco Saverio Nitti nel suo libro “Principi di scienza delle finanze”pubblicato nel 1903,nel 1860 la riserva aurea degli Stati italiani era così suddivisa:il Regno delle Due Sicilie aveva una riserva di ben 445 milioni di lire,il Regno di Piemonte 27 milioni,il Granducato di Toscana 85 milioni,la Romagna,Marche ed Umbria 55 milioni,la Lombardia 8,1 milioni,Parma e Piacenza 1,2 milioni,Venezia (1866) 12,7,Roma (1870)35, Modena 0,4.
A conti fatti, quindi il Regno delle Due Sicilie possedeva oltre due terzi dell’oro di tutti gli altri Stati della Penisola messi insieme. Nei trent’anni successivi all’Unità l’Italia del Sud fu come una colonia del Piemonte e la cassaforte del regno, come dimostrò Liborio Romano, deputato del primo parlamento unitario in una lettera inviata a Cavour, in un solo anno il governo piemontese dalle due banche principali dell’ex Regno di Napoli, la Cassa di Sconto ed il Banco Partenopeo attraverso trucchi finanziari, prelevò 80 milioni di lire spendendone per il Meridione meno della metà.