Quei poeti giù dal tetto che scotta. Una risposta ad Adriano Sofri
«Stavo bello e bravo sul tetto del mio palazzo / quando all’improvviso sei arrivata a scacciarmi con una stecca da biliardo / come fossi uno scarafaggio urlandomi che sono un buono a nulla.».
Sono i versi di un poeta italiano, nato nel 1974 e che dal tetto del proprio palazzo si è lanciato lo scorso anno, in volo contro il mondo, salutando per sempre la vita e l’Italia.
Ci ha lasciato due importanti libri e tasselli essenziali di quella che sarà considerata la generazione dei poeti italiani del primo decennio del Duemila, che Adriano Sofri non conosce né leggerà, limitandosi a pontificare su “La Repubblica” su ciò che ignora, come se l’oblio dello spettacolo e dei media nei confronti del genere poetico possa essere considerato una forma di realtà, almeno quanto la sua adiacenza intellettuale alla rappresentazione ufficiale della comunicazione un atto di cultura e non di conformismo (il riferimento è tutto all’articolo “Quei ragazzi sul tetto di un Paese senza poeti” pubblicato su “La Repubblica” del 27 novembre 2010).
Nel gennaio del 2010 cento poeti italiani si sono uniti in assemblea confluendo nella più importante e diffusa opera di poesia civile in Italia per “Calpestare l’oblio” di un Paese senza memoria storica, cultura democratica e progettualità comune.
Hanno contestato l’esilio della poesia e dell’arte dal dibattito pubblico e interdisciplinare, denunciando la gravità della questione culturale in Italia ed anche nel piccolo ambiente del giornalismo della sinistra, dove la confusione tra i concetti di arte e spettacolo, cultura e salottino, continua a regnare sovrana.
Molti giornali italiani ospitarono, diedero voce, applaudirono o dileggiarono il caso dei “Poeti in rivolta”. Alcuni manifestanti alzarono addirittura i loro versi scritti su alcuni cartelloni durante il No-B Day di Roma, come testimoniato dal quotidiano “L’Unità”.
Viaggiando a proprie spese da tutt’Italia, i cento poeti si unirono in assemblea autogestita nel quartiere romano di San Lorenzo, assieme a studenti e lavoratori precari.
Dove guardava Adriano Sofri, in quei giorni?
Proprio lui che se solo avesse voluto avrebbe potuto rendere quell’onda spontanea di rivolta culturale e poetica una questione di urgenza politica e programmatica per l’intera Italia e la sinistra da rifare?
I poeti erano lì, giù dal tetto, perché i tetti non sono l'unico luogo per incontrarsi e far sentire la propria voce, caro Adriano Sofri, ma con gli occhi fissi ai tetti, ai tetti di percolato delle discariche campane, ai tetti distrutti dell'Aquila, ai tetti di amianto delle fabbriche dismesse, ai tetti di vergogna dei centri di detenzione sparsi per l'Italia e delle scuole fatiscenti o ridotte a baronati e feudi impenetrabili.
I poeti è bene che stiano giù dai tetti, come dalle torri, che stiano per le strade, tra la gente, che osservino e diano voce a chi voce non ce l'ha.
Questi stessi poeti, e questa volta speriamo anche qualche rappresentante del quotidiano su cui scrive, si rivedranno sabato 8 gennaio 2011, dalle ore 17, presso la sede dell’Associazione culturale “Beba do Samba” di San Lorenzo, per la seconda Assemblea nazionale di “Calpestare l’oblio”, in cui tutte le anime critiche di questo paese saranno chiamate ad intervenire, a confrontarsi, ad analizzare la situazione sociale, culturale e politica di questo avvilente momento storico, discutendo proprio dell'esclusione del Poeta, anima del dissenso, della memoria e del mutamento, dagli ambiti cruciali della cultura e della comunicazione italiane.
E sarà forse questo il modo migliore per ricordare assieme non la morte ma la vita, la poesia e le speranze di Elsa Morante, che continuano a scintillare da questi tetti grigi e cadenti d’Italia.
I curatori di "Calpestare l'oblio"