Si investì moltissimo in questa ipotesi di sviluppo e le attività industriali si insediarono là dove le infrastrutture erano più confortevoli creandone anche di nuove e consumando molto terreno pregiato per costruire fabbriche ed opifici industriali.
Ci fu lavoro per tutti ed i territori italiani in generale e quello Piceno in particolare fecero registrare un discreto sviluppo ed il raggiungimento di un buon benessere sociale.
A distanza solo di qualche decennio da quel “progetto di sviluppo” l’attività manifatturiera sta segnando il passo ed una ad una le grandi aziende del nord insediate a seguito di benefici economici stanno andandosene creando una situazione di occupazione veramente critica. Le piccole industrie manifatturiere locali stanno reggendo ma senza grandi prospettive, i giovani con titoli di studio ragguardevoli (diploma e laurea) non trovano lavoro e sono costretti ad emigrare con grandi disagi e senza nessuna sicurezza di occupazione, il territorio è in ginocchio.
Molti opifici sono vuoti, altri abbandonati e rimangono come grandi cattedrali senza più nessun senso e ragione di essere. In tempi di crisi e difficoltà ci si riguarda all’interno e si fanno le opportune considerazioni.
Questo splendido territorio Piceno fatto di mare, colline e montagne, acque, prati, splendide aree montane con incantevoli boschi, stupendi centri storici di diversa grandezza, grandi e piccoli monumenti, splendide opere d’arte è opportunamente curato e valorizzato?
Queste risorse che sono presenti nell’area picena sono adeguatamente conservate e positivamente sfruttate per fare reddito ed impiegare i moltissimi giovani disoccupati?
Possono i valori del territorio ed i beni culturali dare un contributo economico e lavoro al Piceno? Si investe oggi abbastanza per la cura ed il mantenimento del patrimonio ambientale e culturale?
In questo momento di grande e profonda crisi molti sono convinti che i “beni culturali”, cioè i nostri “gioielli di casa” possano essere la nostra risorsa principale, il nostro passato e il nostro futuro e non debbano essere un peso per la collettività ma una risorsa da valorizzare e rispettare.
Senza nessun dubbio bisogna intervenire nella loro prevenzione e tutela, sia per i beni pubblici che per quelli privati. Bisogna difenderli da eventi calamitosi e atti vandalici nella consapevolezza che essi siano il nostro futuro.
I beni culturali vanno intesi sia come monumento che come paesaggio ed io, in questo mio ruolo di assessore e proprietario di un castello, sento molto questa responsabilità, ma mi sento allo stesso modo impotente perché rilevo che non si fa abbastanza per la protezione e salvaguardia del patrimonio storico culturale e si fa ancora poco per la sua valorizzazione.
Mi sento dunque di lanciare un appello a tutte le forza politiche, associative, culturali ed economiche che hanno a cuore questo nostro splendido territorio: “Agiamo subito prima che sia troppo tardi”. E’ oramai noto a tutti che l'Italia ha più o meno, un terzo del patrimonio artistico dell'intero pianeta, per cui una potenzialità incredibile ed una superiorità schiacciante rispetto agli altri paesi.
Il turismo-culturale è inequivocabilmente una voce molto consistente del nostro prodotto interno lordo e quindi dovrebbe essere sostenuto e potenziato per evitare che località straniere, con esigue risorse storico culturali ma piene di iniziative e novità , si attrezzino e veicolino il flusso turistico sul loro territorio.
Sarà bene allora cominciare a rimboccarci le maniche iniziando a urlare, che siamo veramente il paese più bello del mondo, il paese che da oltre duemila anni ha contribuito a portare la civiltà in Europa e nel mondo, a raccontare ciò che di bello abbiamo e a mostrare ciò che gli altri non hanno, un patrimonio che nessuno potrà mai acquistare.
Ricominciamo con una politica saggia, sia istituzionale, che mediatica, lavorando tutti per uno scopo comune, quello di ridare dignità alla nostra bell'Italia e di salvaguardare e valorizzare le cose belle e la storia che abbiamo».