Dopo l’8 settembre del 1943 con la fuga del re e di Badoglio a Pescara per mettersi al riparo degli alleati che nel frattempo avevano conquistato il sud l’Italia, la penisola era divisa in due parti; fino ad Ortona gli alleati, nella parte centrale ed al nord i tedeschi. In tutte le regioni si formarono bande di patrioti per contrastare i nazi-fascisti.
Anche il capitano Nebbia, all’epoca guardiamarina prese parte attiva nell’organizzare una banda di trenta uomini ai suoi diretti ordini che potevano contare su armi che venivano nascoste nelle grotte che portavano ad Acquaviva Picena. Il Nebbia in questa sua attività ebbe l’appoggio dell’allora sottotenente Carlo Alberto Della Chiesa, comandante della locale stazione dei Carabinieri – divenuto in seguito generale e trucidato con la moglie dalla mafia - Fu proprio Della Chiesa che la sera del 4 ottobre avvertì il Nebbia della notizia che al mattino seguente i tedeschi sarebbero arrivati e si sarebbero impossessati di circa venti motopescherecci, l’intera flottiglia che era nel porto di San Benedetto. Senza esitazione il Nebbia pose in atto il suo piano con l’appoggio di Della Chiesa.
All’una di notte furono svegliati tutti i capibarca e gli uomini degli equipaggi ed eludendo la sorveglianza delle sentinelle tedesche i pescherecci, al comando del Nebbia presero il largo “a fanali spenti e nel massimo silenzio”. Si imbarcarono anche alcuni familiari degli uomini degli equipaggi per timore delle inevitabili rappresaglie. I pescherecci dapprima fecero rotta verso Lissa in Jugoslavia ma dopo alcune ore invertirono la rotta dirigendosi verso i porti dell’Italia liberata di Manfredonia e Termoli ove giunsero nella tarda mattinata del 5 ottobre.
”Fu così che parecchi armatori di San Benedetto poterono ricostruire le proprie fortune grazie alla rischiosa impresa condotta da mio padre” ci dice la professoressa Nebbia, figlia dell’illustre capitano ed orgogliosa di mostrarci l’attestato di merito concesso a Giovanni Nebbia e firmato dal generale Alexander, allora capo supremo delle forze alleate. Il Nebbia,in seguito, non potendo ritornare nel territorio di San Benedetto perché ricercato dalle forze nazi-fasciste, si mise a disposizione degli alleati divenendo ben presto “l’esperto capitano della costa adriatica”, e contribuì validamente alla liberazione del territorio. Una stele nel porto di San Benedetto del Tronto ricorda ora alle nuove generazioni la rischiosa impresa attuata per la conquista della libertà.