L’unico a conoscenza della riunione era Roberto Suster il direttore dell’agenzia giornalistica Stefani,l’agenzia ufficiale del fascismo.
E’ con i soldi di Mussolini che l’agenzia Stefani nel 1924 era stata comprata. Si trattava di impresa privata nata nel 1853 a Torino per iniziativa del conte Camillo Benso di Cavour.
Quella mattina il Messaggero non accennava alla riunione ma si parlava “dell’aspra lotta su tutto il fronte di Sicilia” ma queste notizie Suster le sapeva già in quanto era la Stefani che le diffondeva. Verso le 13 Suster decise di andare a Palazzo Venezia dove lui poteva entrare quando voleva.
L’atmosfera era cupa,parlò con il gerarca Bastianini che gli disse “stanotte il Gran Consiglio con 19 voti contro 7 ha invitato il Duce a non persistere in metodi di governo che hanno ormai dimostrato di essere letali alla Nazione. Occorrono – proseguì- uomini capaci e responsabili che sappiano rimettere in moto l’organismo dello Stato inceppato gravemente dal suo strapotere accentratore ed incompetente”.
Parlò anche con un altro gerarca Polverelli che gli confermò il tutto. Il direttore della Stefani tornò a casa trafelato e disse alla moglie di disfare le valige già pronte in quanto la partenza per la villeggiatura era rimandata. Roberto Suster aveva capito che in quel giorno qualcosa di storicamente importante era avvenuto. Benito Mussolini era invece colui che non aveva ancora compreso che il fascismo era crollato.
Alle dodici il Duce ricevette l’ambasciatore giapponese che voleva sapere a nome del suo governo la sua opinione sulla situazione in Sicilia.
Si recò poi a San Lorenzo nel rione che pochi giorni prima era stato duramente bombardato dagli alleati distribuendo soccorsi alla gente che lo attorniava. Nella mattinata Mussolini aveva anche chiesto al re di essere ricevuto a Villa Savoia ed ebbe conferma che il colloquio si sarebbe svolto alle ore 17.Il re,venuto a conoscenza dell’ordine del giorno approvato a grande maggioranza dal Consiglio contro Mussolini in accordo con il generale Ambrosio,il maresciallo Badoglio ed il generale Castellano, che il 2 settembre 1943 avrebbe firmato a Cassibile l’armistizio,decise che il duce doveva essere arrestato annunciando che la dittatura fascista era caduta.
”E’ necessario licenziare Mussolini – disse il re – chiedere l’armistizio alle nazioni alleate e preparare le forze armate all’immancabile reazione tedesca”. Alle cinque in punto l’auto di Mussolini entrò nel cancello spalancato di via Salaria. Tre auto di scorta dei poliziotti rimasero fuori. Il re,vestito da maresciallo accolse il duce sulla porta della villa. Mussolini era invece in borghese.
Dalla borsa in pelle che teneva sotto il braccio contenente i documenti relativi la seduta del Gran Consiglio,il Duce fece l’atto di porgerli al re che lo fermò dicendogli “non occorre che io li veda, il voto del Gran Consiglio è tremendo. Voi non potete certo illudervi dello stato d’animo degli italiani contro di voi. In questo momento – proseguì – siete l’uomo più odiato d’Italia”.
Il re lo congedò e mentre Mussolini scendeva la scalinata e si avviava verso la sua auto un capitano dei carabinieri,Paolo Vigneri, gli si avvicinò e sull’attenti gli disse in maniera solenne “Duce in nome di Sua Maestà il Re vi preghiamo di seguirci per sottrarvi ad eventuali violenze da parte della folla”. Mussolini allargò le mani nervosamente e quasi implorante rispose “ma non c’è bisogno !”.
In quel momento il suo aspetto era quello di un uomo moralmente finito,distrutto. Il capitano Vigneri incalzandolo gli gridò “Duce ho un ordine da eseguire”. L’ufficiale lo fece entrare dentro una autoambulanza che era stata fatta venire per non generare sospetti.
L’auto uscì da un ingresso secondario e partì a tutta velocità erano le 17,30.
Quel giorno solamente alle 22,45 fu diffusa dalla radio la notizia dell’arresto di Mussolini, e subito dopo un uomo in camicia da notte attraversò Piazza di Spagna girando come impazzito ed agitando la bandiera tricolore, porte e finestre si spalancarono,donne, soldati, ragazze si abbracciavano. In mezza giornata il ventennio si era disciolto come neve al sole.