Dopo l’apprezzata iniziativa “Canzoni e fiori gialli per Valeria Moriconi” nel cimitero monumentale di Jesi lo scorso 15 giugno, il Centro Valeria Moriconi con la collaborazione di Fondazione Pergolesi Spontini, Provincia di Ancona, Comune di Jesi e Associazione Turistica Pro Jesi, promuove un momento più spettacolare nella suggestiva cornice notturna della rinnovata Piazza Federico II dove, nel maggio 2002, la Moriconi partecipò con un felicissimo intervento all’inaugurazione del “suo” teatro San Floriano.
Sabato 3 luglio alle ore 21 nell’ambito della “Notte Bianca 2010” organizzata dell’Associazione Turistica Pro Jesi, verrà proiettato in piazza il film “Le soldatesse” di Valerio Zurlini per la cui interpretazione l’attrice jesina vinse nel 1965 il premio La Grolla d’Oro a Saint Vincent. Sequenze video accompagnate dal Tommaso Uncini Quartet e l’intervento critico di Gualtiero De Santi dell’Università di Urbino arricchiranno la serata condotta dal giornalista Rai Gianni Rossetti. In caso di cattivo tempo la proiezione avrà luogo al Teatro Moriconi.
Così Tullio Kezich parla del film in “Il cinema degli anni sessanta”: “Le soldatesse è uno sguardo fermo sui peggiori anni della nostra vita. Anche qui la donna è ridotta a merce, nella tragedia della nostra spedizione militare in Grecia nel 1942. Il film riprende la trama di un romanzo di Ugo Pirro, basato su esperienze di vita: l’odissea di un ufficiale italiano costretto a trasportare da una località all’altra del territorio occupato un gruppo di prostitute, destinate ai soldati. Zurlini è uno dei pochissimi registi italiani che sappiano girare dei film d’azione, con una tecnica degna dei migliori professionisti americani. Il film coglie nel segno soprattutto quando insiste sulla diffusa stupidità dell’ambiente, sul torpore un po’ sinistro determinato dalla cattiva coscienza. In particolare Zurlini fa intravedere, negli occhi stupendi di Marie Laforet, la lama di un disprezzo irriducibile contro gli occupatori, un sentimento che ferisce ancora oggi. Tra i personaggi delle soldatesse, oltre alla Laforet si devono ricordare almeno la sensibile Anna Karina, Lea Massari e un’inedita e fortissima Valeria Moriconi”.
In precedenza, alle ore 18,30 nel foyer del teatro Moriconi – collegandosi al tema “L’Albero: le Radici e la Testa per Aria” della Notte Bianca 2010 – verrà inaugurata una mostra/installazione a cura di Franco Cecchini che ha per titolo un’espressione della stessa Valeria “C’è un giardino che mi racconta ricordi con ogni albero e ogni fiore” e che comprenderà quattordici grandi foto di Adriana Argalia e un video del gruppo Baku (Alessio Pacci e Ilaria Sebastianelli). All’inaugurazione parteciperà con un intervento il poeta Francesco Scarabicchi. Foto e video sono stati realizzati nello spazio magico che costituiva il giardino di Valeria e che si protendeva verso i sottostanti campi del vallato. L’attrice ne parlava spesso e con forte passione:
“Ho radici profonde nella casa della mia infanzia. Nel mio giorno di riposo vado a Jesi. E dormo nel letto dove sono nata. E vado ad annusare le piante del mio giardino”. “Le mie radici sono lì e mi ritengo fortunata e felice. Perché so dove tornare”. ”È il mio più sicuro punto di riferimento”. “Ricordo il giardino di casa che si riempiva, le sere d’estate, di lucciole a migliaia. Andavano tutte a finire dentro un grande olmo dove noi attaccavamo l’altalena, e brillavano, brillavano …”. “Dopo un’operazione agli occhi il medico mi disse: “Signora deve guardare il colore verde”. Andai nel giardino e trascorsi un pomeriggio a fissare il verde del mio olmo, dove una volta era attaccata l’altalena. In quelle ore mi passò davanti tutta la mia vita. “Ho un’idea: narrare la storia della mia famiglia attraverso le piante del giardino di Jesi: bouganville, oleandri, magnolie, e alla fine le mie palme che solo i posteri vedranno”. E quando, al termine dei suoi giorni, decide di tornare ormai malata nella sua casa natale, sceglie di collocarsi in una piccola stanza con finestra e accesso diretto sul suo giardino per “vederlo e godermelo ancora un po’ ”.