Pomozzi scopre i giochi del Gruppo Manuli: è una fabbrica che va verso la chiusura
quello che li aveva già dati per persi in una lotta rivoltatasi contro se stessi sui tavoli romani. Beh questi lavoratori hanno deciso che il signor Manuli se è così interessato all'energia, alla speculazione nell'immobiliare industriale e ai macchinari che sono dentro lo stabilimento di Campolungo dovrà trovare soluzioni diverse.
Il sindacato è stato bersaglio dall'inizio alla fine di un'assemblea irriducibile. Tensione altissima. Cgil, Cisl e Uil (Pomante, Colombini e Tomba) hanno cercato di spiegare le improponibili ragioni del buon accordo conseguito a Roma facendo rientrare 140 dei 375 lavoratori della gomma ascolana. Colombini della Cisl ha rimediato una doccia quando ha osato calpestare il buon senso dimostrato dalla Pomante che aveva raccolto dall'assemblea la scelta del mancato accordo da riportare ai tavoli del Mise. Il sindacalista della Cisl ha pronunciato la frase di troppo: “domani il referendum si svolgerà nelle sedi sindacali”.
S'è alzata un'onda di carne umana pronta a travolgerlo. Gli hanno scagliato contro quello che si poteva: bottiglie d'acqua, carta appallottolata. E' dovuta intervenire in forza la polizia in divisa e in borghese perché non gli accadesse qualcosa di peggio ed è stato scortato via.
Difficile rendere credibili frasi come “è meglio tenere le fabbriche aperte che se poi la Manuli ricrescerà ...”.
Ma se nell'accordo si parla di poter vendere metà dello stabilimento dove potrebbe mai “ricrescere” la Manuli?
Bugie dalle gambe corte, tra l'altro scoperte fin troppo dalle aperture presenti nel verbale d'accordo romano dove si dice anche che l'azienda potrà comunque licenziare fino al 31 agosto del 2010. E ancora che le Istituzioni si impegnano a ricollocare il personale in esubero. E dove dovrebbero ricollocarlo? Assumendoli forse? Le istituzioni il passo indietro l'hanno già fatto da qualche tempo. Se non fosse per la Regione Marche, a suon di ammortizzatori sociali, quest'area sarebbe un deserto. Le trasferte pre elettorali dei ministri romani da oltre sei mesi non hanno sortito nulla di positivo. Tutto galleggia nel limbo: Cartiera Ahlstrom, Manuli e il resto.
A calare la mannaia su tesi già ballerine di quel verbale d'accordo ci ha pensato Andrea Pomozzi, presidente di Piceno Tecnologie, un'associazione che intende battersi contro la deindustrializzazione del Piceno. Pomozzi ha smascherato le strategie speculative del gruppo Manuli impegnato a diversificare gli investimenti nella speculazione immobiliare, in quella finanziaria.
«Manuli piange miseria ma i soldi ce li ha eccome – dice Pomozzi - solo che preferisce fare come le locuste, si butta dove c'è profitto da realizzare velocemente, succhiando per i suoi soci dividendi di 8 milioni di euro. Gestendo un fondo d'investimento privato di famiglia. Abbattendo l'utile dell'economia reale come è quella dello stabilimento per dirottare gli investimenti su altri settori». E quando Stefania Pomante della Filcem Cgil gli ha chiesto: «Allora adesso che si fa? I lavoratori li mandiamo tutti a casa e chiudiamo la fabbrica?».
«Ma la fabbrica chiuderà da qui ad un anno – risponde Pomozzi – si legge nell'accordo. Come si può parlare di un sito produttivo se chiude il reparto sicurezza, la logistica, il controllo della qualità? E' il modus operandi di Manuli, l'ha già fatto con la Maflow Spa quando ha ceduto l'Automotive ad una società d'investimento lussemburghese nel 2004 e il sindacato plaudiva il piano industriale. Ora la Maflow Spa è in amministrazione straordinaria, dopo la dichiarazione di insolvenza emessa dal tribunale di Milano e i commissari giudiziali nominati dal giudice sentenziano che si può ristrutturare solo con cessione di beni».
Che la Manuli non abbia presentato un piano industriale lo dice anche il senatore Abrignani, capo di gabinetto del ministro Scajola, nelle more dell'incontro avvenuto ad Ascoli qualche settimana fa quando Andrea Pomozzi aveva chiesto se non fosse possibile, per rilanciare le aziende picene, utilizzare i “forzieri” pieni delle aziende di stato come l'Eni che ha prodotto nel 2008 un utile miliardario. Ma senza un piano industriale per Abrignani nemmanco a pensarci ad una strada del genere.
Ma queste potrebbero sembrarvi fredde notazioni e per tornare a quell'onda di carne umana del salone dei congressi della Camera di Commercio, vediamo da cosa è composta. Alessandro Nepi, un operaio della Manuli, trentenne, quattro figli sulle spalle e un mutuo da pagare, certo non si può scambiare per
un attaccabrighe.
I problemi che sbatte in faccia ai sindacalisti sono anche questi di carne umana. «Guardo mio figlio e penso – dice Nepi – che gli darò da mangiare. Se Manuli vuole chiudere che ci dia il soldi del mutuo, 80 mila euro, perché se la fabbrica chiude e non ci saranno più stipendi vedrete allora che la gente di Ascoli verrà stavolta davanti alla fabbrica». Tra tanti c'è anche Poli che sembra volersi strappare i capelli dalla testa tanto è infuriato per questa vicenda.
Forse è tra quelli che sanno di non far parte del 140 “fortunati”. Macché, Poli è un pensionato della Manuli. Eppure è qui per spronare i compagni a tenere duro. «L'ho detto a più di uno – racconta Poli – dovevate entrare dentro la fabbrica, occuparla, inutile stare davanti». Di storie ce ne sono tante e tutte verniciate di angoscia. Ma è un sentimento strano.
Crea rabbia vitale così da curarsi in gruppo, anche a questo servono le urla contro chi li vorrebbe addomesticati, rassegnati al male minore. Renzo Impiccini, “ex lavoratore” della Cartiera Ahlstrom è venuto a mettere in guardia contro quell'accordo, è sulla falsa riga di quello che hanno firmato lui e i suoi compagni. Ora dopo tre anni hanno riaperto il presidio di fronte ala Cartiera. Impiccini sa che le cose concrete fanno capire la realtà.
«Non diventate ex lavoratori come me – dice Impiccini – non credete quando vi dicono che prenderete 870 euro netti al mese, ve ne resteranno 750 poi ditemi come si campa con quella somma. Dite no ad un accordo fatto solo secondo la logica dell'azienda che vuole speculare sull'energia e sulla vendita dei terreni e non pensate di trovare ricollocazione nei centri per l'impiego dove noi già facciamo la fila senza ottenere nulla. E i lavori socialmente utili che vi fanno balenare sono solo sfruttamento quando si trovano».