Ecco il calendario:
14 e 15 novembre 2009
Teatri Uniti - Piccolo Teatro di Milano / Teatro d’Europa
TRILOGIA DELLA VILLEGGIATURA
di Carlo Goldoni
con Andrea Renzi, Francesco Paglino, Rocco Giordano
Eva Cambiale, Fiorenzo Madonna, Toni Servillo
Tommaso Ragno, Paolo Graziosi, Anna Della Rosa
Chiara Baffi, Gigio Morra, Betti Pedrazzi
Giulia Pica, Marco D’Amore, Mariella Lo Sardo
regia Toni Servillo
scene Carlo Sala
costumi Ortensia De Francesco
luci Pasquale Mari
suono Daghi Rodanini
aiuto regia Costanza Boccardi
in collaborazione con Associazione "Il Carnevale di Ascoli"
Toni Servillo sceglie di lavorare su Carlo Goldoni e su un testo affascinante e compiuto come La trilogia della villeggiatura. Tre commedie, una sorta di “miniserie del Settecento”, per raccontare la triste educazione sentimentale di quattro giovani, Vittoria, Giacinta, Leonardo e Guglielmo, colti nel momento dei folli preparativi per le vacanze, poi nel turbinio di vicende che li travolge sul luogo della villeggiatura, infine nell’ora del ritorno in città. Ciò che conquista della Trilogia della villeggiatura è la sua assoluta originalità, la sua perfetta architettura teatrale. Sotto i nostri occhi, nello svolgimento delle tre commedie, assistiamo, come se si trattasse di un romanzo, alla trasformazione dei personaggi in “persone” i cui destini, le cui emozioni, ci riguardano e ci toccano profondamente. Questa trasformazione è visibile soprattutto in Giacinta, che sembra sottrarsi alla propria rappresentazione per rivolgersi, nei suoi monologhi, direttamente al pubblico, alla vita. I preparativi per la villeggiatura, l’ansia per la partenza, il tempo disteso delle partite a carte, delle conversazioni estive, a cui seguono i silenzi malinconici del rientro in città, hanno una scansione temporale, un movimento emotivo, un migrare sentimentale fatto di attese e delusioni, di speranze e conflitti, di ottimismo ed infelicità. I personaggi che via via incontriamo sembrano raccontarci un oggi animato dalla necessità di “esserci” piuttosto che di “essere”, da una ricerca ostinata e nevrotica della felicità, dall’incapacità di intravedere, all’orizzonte, novità che sostituiscano le abitudini. Goldoni ci offre un’analisi lucida e cruda di questo mondo, che è anche il nostro. Un mondo in cui i sentimenti e i destini sono spesso trattati con fredda aridità, alla stregua di una partita doppia.
17 e 18 dicembre 2009
Itc 2000 - Politeama Genovese
LA PASSIONE SECONDO LUCA E PAOLO
scritto da Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu
Michele Serra, Martino Clericetti
con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu
regia Giorgio Gallione
scene e costumi Guido Fiorato
luci Bruno Ciulli
musiche Carlo Boccadoro
canzoni Paolo Kessisoglu
La passione secondo Luca e Paolo racconta, tra ironia, spiazzamento e ruvida spiritualità, una storia che va avanti dall'inizio del mondo e su cui ancor oggi aleggia il mistero: la vita e la morte. Lo fa con una teatralità estroversa e anche sorprendente, utilizzando linguaggi e forme del narrare che molto ricordano gli esercizi di stile.
Tutto inizia con due ladroni che, sul Golgota, stanno aspettando (da quando?) un terzo condannato che sarà crocifisso con loro. L'Assente è un personaggio che sfuma nel mistero e nella leggenda, si dice sia dotato di un qualche talento ai confini col divino, è probabilmente un cialtrone o un mentitore ma viene più spesso descritto simile ad uno strano filosofo con magici poteri. L'attesa però si prolunga (all'infinito?), e progressivamente questo bizzarro "Aspettando God..." si trasforma in scena in un gioco di storie incrociate, un po' letteratura combinatoria un po' pastiche stralunato, dove compaiono due scarafaggi che grottescamente deridono l'inutile ricerca degli uomini sul senso della vita e addirittura una proiezione contemporanea dei protagonisti, ancora oggi alla ricerca, ahimè senza grandi risultati, della ricetta per la felicità. Luca e Paolo affrontano questa paradossale via crucis tra teatro dell'assurdo e delirio buffonesco, monologhi e canzoni che cambiano repentinamente stile e registro narrativo, mischiando in modo personale e mai prevedibile non senso e speranza, ghigno diabolico e intima commozione. Il loro è un teatro che sorprende e frastorna e che ha per armi la risata acida e un sarcasmo di stampo gaberiano, iconoclasta e nero, appassionato e mai ipocrita.
Giorgio Gallione
5 e 6 marzo 2010
Teatro di Roma - Elledieffe
Compagnia di Teatro di Luca De Filippo
FILUMENA MARTURANO
di Eduardo De Filippo
con Lina Sastri, Luca De Filippo
Nicola Di Pinto, Antonella Morea, Silvia Maino, Gioia Miale
Carmine Borrino, Geremia Longobardo, Antonio D’Avino
Giuseppe Rispoli, Chiara De Crescenzo
regia Francesco Rosi
luci Stefano Stacchini
costumi Cristiana Lafayette
scene Enrico Job
aiuto regia Carolina Rosi
aiuto scenografo Chiara Guberti
assistente costumista Chiara Sallustio
Filumena Marturano, donna del popolo, ex prostituta, tolta dal postribolo da un napoletano borghese e benestante, Domenico Soriano, tenuta per venticinque anni nella casa di lui come amante, pur se in condizioni di inferiorità; autrice di uno stratagemma per farsi sposare “in extremis” dall’uomo che vuol porre fine al legame perché si è innamorato di una giovane che vuole sposare, è una delle commedie che Eduardo definiva “commedie sociali”. Rappresentata per la prima volta al Politeama di Napoli il 7 novembre 1946, Filumena Maturano è, delle commedie di Eduardo, la più rappresentata in tutto il mondo.
Filumena conduce il filo del dramma con la sapienza e la determinazione dovute al sentimento di una maternità tenuta segreta per anni e poi rivelata. Filumena ha tre figli, avuti da tre uomini diversi, li ha voluti, li ha cresciuti, li ha assistiti, rimanendo nell’ombra senza mai rivelarsi come madre. Solo di uno è sicura la paternità, il figlio di Domenico Soriano, ma Domenico non lo sa e non lo deve sapere. Quando Filumena decide che lo deve sapere e glielo dirà, non gli dirà altro, chi è, come si chiama, come vive: perché “i figli sono figli” e devono essere tutti uguali, quelli di cui si conosce la paternità e quelli di cui non la si conosce.
La commedia di Eduardo porta al pubblico il problema dei diritti dei figli illegittimi mentre nello stesso tempo l’Assemblea Costituente svolgeva un dibattito sulla famiglia e sui figli nati fuori dal matrimonio. La tematica affrontata da Eduardo trova riscontro nell’impegno dell’Assemblea Costituente e offre materia di riflessione per affrontare il drammatico problema.
Il 23 aprile 1947 l’Assemblea Costituente approva l’articolo che stabilisce il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire e educare anche i figli nati fuori dal matrimonio. Nel febbraio del 1955 verrà approvata la legge che abolirà l’uso dell’espressione “figlio di N.N.”.
“Dimmelo chi è mio figlio, la carne mia, il sangue mio. Me lo devi dire, per te stessa, per non dare l’impressione che fai un ricatto, io ti sposo lo stesso, te lo giuro” Domenico Soriano non rinuncia a conoscere di chi è il padre. Filumena ha vinto la battaglia, ma non cede: “Ti ho voluto bene con tutta la forza della vita mia e come hai voluto tu. Agli occhi miei tu eri un Dio. E ancora ti voglio bene, forse meglio di prima: non me lo chiedere più. Tu devi essere forte. Perché per il bene che ti voglio, perciò ti ho detto non piangere, perché in un momento di debolezza… E sarebbe la nostra rovina, specialmente la tua, soprattutto per te io non te lo dico. Cominceresti a pensare: e perché non glielo posso dire che sono il padre? E gli altri due che sono, che diritto hanno? L’inferno. E noi ci dobbiamo solamente voler bene… Abbiamo tanto bisogno di volerci bene, tutti quanti.”
Domenico Soriano sposa Filumena Marturano, i tre figli si chiameranno Soriano, avranno gli stessi diritti tutti e tre, e lo stesso amore.
27 e 28 marzo 2010
Artifex
ENRICO BRIGNANO
RECITAL
Cresciuto all'Accademia per giovani comici creata da Gigi Proietti, partecipa come comico e barzellettiere alla prima edizione del programma La sai l'ultima?, in onda su Canale 5.
Nel 1998 e nel 2000 è Giacinto in Un medico in famiglia; la serie tv gli offre una maggiore visibilità e soprattutto un riconoscimento da parte del pubblico che lo segue anche in teatro con estremo interesse.
Dal 2000 vive di cabaret e teatro in tournée in Italia. Nel 2007 conduce un quiz su Rai Due, dal titolo Pyramid, con Debora Salvalaggio. Dallo stesso anno fa parte del cast dei comici di Zelig.
15 e 16 aprile 2010
Synergie Teatrali - Teatro Ventidio Basso
in collaborazione con Amat
ARCHEO CABARET
Il Sogno di Lisistrata
spettacolo su musica dalle commedie più famose di Aristofane
con Debora Caprioglio e Stefano Artissunch
e con coro di cinque attrici-danzatrici
regia Stefano Artissunch
scenografia Pietro Cardarelli, Francesco Cappelli
costumi Maria Amurri
disegno luci Giorgio Morgese
Lo spettacolo è un omaggio ad Aristofane celebre commediografo fra i maggiori autori del teatro classico. Il filo conduttore della messa in scena è Lisistrata che con lo stratagemma dello sciopero del sesso ricatta i guerrieri spartani ed ateniesi a trattare la pace per porre fine alla guerra del Peloponneso. Altre commedie attraversano lo spettacolo (Pluto, Le rane, Le nuvole, Gli uccelli, Le vespe, Acarnesi) con un linguaggio aristofanesco dalla farsa fino a riferimenti più colti ed intelligenti come quello alla morale eschilea che riflette il pensiero conservatore del poeta.
“Potere sesso soldi e politica” motori forti di qualsiasi civiltà umana in Aristofane vengono sbeffeggiati derisi, criticati, analizzati, e smontati attraverso l'onirico, la fantasia, ed il rovesciamento della realtà. Il poeta attua meccanismi drammaturgici utili a rivelare i limiti delle società che poggiano il loro sviluppo su questi concetti.
I personaggi sanno costruire mondi fantastici, surreali, realtà “alternative” a quella che vogliono combattere. Aristofane con la sua arte mostra al pubblico come vi sia, anche un’altra via d’uscita dall’angoscia dell’esistenza: la fantasia, il mondo dell’arte, della poesia ed il momento stesso della performance teatrale comica.
L’originalità della messa in scena di Archeo-Cabaret sta nel fatto che Aristofane dialoga con Cabaret, il film di Bob Fosse con Liza Minelli, sulle note della colonna sonora ispirata alle musiche di Kurt Weill. Sulla scia di questi mondi apparentemente lontani, il regista Stefano Artissunch, in scena con Debora Caprioglio, sottolinea un'affinità quasi naturale capace di coinvolgere il pubblico in un nuovo incontro con il drammaturgo greco.
28 e 29 aprile 2010
La Contrada / Teatro Stabile di Trieste - Procope Studio
ITALIANI SI NASCE E NOI LO NACQUIMO
di e con Maurizio Micheli, Tullio Solenghi
e con Sandra Cavallini, Gualtiero Giorgini
Adriano Girali, Fulvia Lorenzetti
Matteo Micheli, Luca Romani
collaborazione ai testi Marco Presta
consulenza artistica Michele Mirabella
regia Marcello Cotugno
scene Francesco Scandale
costumi Andrea Stanisci
musiche Massimiliano Forza
L’Italia sta per festeggiare i 150 anni della sua Unità. Quale miglior occasione per riflettere sugli aspetti del nostro costume e del nostro carattere nazionale che, malgrado il passare dei secoli, non sembrano cambiati e puntualmente si ripropongono. E, dato che l’ironia è di tutte le riflessioni la più acuta ed efficace, e il teatro il luogo perfetto per significare la propria identità, qualcuno, Micheli e Solenghi, con la complicità di due amici, di buone riletture, di sfiziose canzoni, propongono Italiani si nasce. E postillano e noi lo nacquimo, implicito omaggio al genere del varietà teatrale che, stagionato almeno quanto “l’Unità Nazionale”, rimane a tutt’oggi una ispirazione irresistibile. L’azzardo non è quello della rievocazione nostalgica, bensì del raccontare con l’occhio critico di oggi il carattere degli italiani nel tempo. E così, in una piazza italiana, ai piedi dei due monumenti di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II°, una compagnia teatrale comincia a raccontare una storia d’Italia che si dipana a partire dai lombi supremi, quelli di Adamo, con la creazione (molto fa pensare che Adamo ed Eva fossero italiani…. ante litteram, serpente compreso). Per poi passare ad alcuni protagonisti altolocati della storia (Leonardo, Colombo, Galilei, Cavour, Casanova) ma anche alle più umili comparse (due cristiani che stanno per essere sbranati dai leoni del Colosseo, italiani anche loro, infatti a furia di piccoli espedienti rimandano l’esecuzione fino all’arrivo dell’immancabile indulto...). Scopriremo così che tutti sono accomunati dallo stesso irresistibile denominatore comune: l’italianità. Esiste ancora? e come si manifesta oggi? e che fine hanno fatto “Dio Patria e Famiglia” o gli inevitabili e invadenti “poeti santi e navigatori”?
Forse lo si può meglio scoprire e raccontare scandagliando la storia patria proprio con la comicità del teatro. E di quel teatro speciale, così tipicamente italiano, che è il varietà di sangue nobile con musiche, lepidezze, umorismo, prose e versi e canzoni (il repertorio non manca, notoriamente). I due protagonisti, Micheli e Solenghi, coadiuvati da una compagnia di altri sei attori, si caleranno nel funambolismo dei personaggi, per ripercorrere attraverso caratterizzazioni, trucchi, dialetti, travestimenti, le mille identità necessarie a raccontare i loro ITALIANI. Del resto loro, italiani lo “nacquettero”.