«La classe dirigente attuale inadeguata rispetto ai difficili compiti ed indifferente al bene comune»
cattedratici, la nostra città ha bisogno di confronto delle intelligenze. Tanto più nell’attuale nostra quotidianità, dominata ed avvilita da una presenza televisiva priva di valori artistici, culturali ed umani, è necessario che i cittadini, ed in particolare noi ascolani, che soffriamo da molte generazioni di un’ignavia della ragione, riscopriamo il gusto dell’incontro diretto con gli altri senza fini diversi se non quello del piacere della scoperta negli interlocutori di valori incogniti e della conferma, o anche della smentita, di propri valori.
Su questo piacere, che per membri di una democrazia costituisce allo stesso tempo un dovere, credo si fondasse lo spirito delle poleis, ma anche quello dei caffè letterari, che a lungo hanno animato la cultura italiana ed europea dal 1700 al primo novecento e quella francese negli anni quaranta e cinquanta. Il ‘700 lombardo vide Pietro Verri protagonista di quel grande centro di aggregazione illuminista, che diede origine alla rivista Il Caffè. Il secondo dopoguerra del Novecento parigino vide gli esistenzialisti capaci di originale critica, con Jean-Paul Sartre, ma non solo, al di là dei due schieramenti in cui era costretto il mondo dai blocchi militari contrapposti. Se il frutto di queste esperienze è giunto fino a noi, non solo nelle testimonianze documentali, ma nel suo spirito di vivo dibattito, ciò è dovuto alla percezione che la conoscenza e la politica furono allora vissute - al di là dei rispettivi orientamenti - quali dimensioni personali di approccio diretto alla cultura, che si voleva non limitata all’esperienza letteraria, ma preceduta e seguita da costanti stimoli e critiche quotidianamente vissuti nei consueti luoghi d’incontro. Tra le radici di quei fermenti non è possibile escludere l’humus culturale e civile, in particolare toscano, che aveva generato il nostro Rinascimento.
La speranza che fermenti di rinascita del pensiero in generale, prima che politico, si manifestino anche nella nostra città, che vide un tempo intelligenze attive come Cecco, ma non solo, mi è risorta nel verificare la partecipazione frequente, e talvolta anche numerosa, di giovani e non giovani ad incontri di diverso genere alla Libreria ascolana Rinascita, che se non esistesse bisognerebbe inventarla non solo per il nome, che è un auspicio, ma per le occasioni che dà, per cui può già dirsi un caffè letterario.
Ricordo da bambino le figure autorevoli del Senato di Meletti, che fu certamente luogo di incontro anche dialettico di idee, ma che non poté, anche per evidenti motivi storici, emanciparsi dalla sua partecipazione elitaria.
Questo limite non esiste a Rinascita, che quotidianamente vede incontrarsi giovani, insegnanti, professionisti, turisti di qualsiasi estrazione sociale, e che ha anche meriti editoriali già sperimentati, con la sua editrice Lìbrati, per aver dato voce ad intelligenze ascolane e non solo, che possono esprimere con dignità, talvolta rilevante, i percorsi dei loro studi e delle loro esperienze. Lìbrati ha pubblicato anche dei volumi nati da esperienze di confronto nell’ambito dell’iniziativa culturale ascolana “Virtute e conoscenza”, nata spontaneamente e trovando la più ampia ospitalità dall’Ordine degli Ingegneri di Ascoli P. per i suoi numerosi incontri culturali, col costante contributo organizzativo dell’Ing. Vincenzo Felici.
Tra i libri pubblicati in seguito ai dibattiti animati in questa associazione, spesso sotto l’autorevole presidenza di Alighiero Massimi, devono ricordarsi “La filosofia dei numeri-L’infinito e gli infinitesimi“- Lìbrati Ottobre 2007 di Giovanna Martelli ed “Eutanasia?“-Lìbrati Ottobre 2008 di Stefano Ojetti, Alessandro Centinaro, Giulio Filipponi, Roberto Romanelli, Raffaele Trivisonne e Marco Flaiani. Recentissimo è il libro “Al bivio - oligarchia o intelligenza democratica” di Emilio Di Vito, che ho letto con vivo interesse e approfondito anche partecipando a vari dibattiti che il testo ha stimolato sul tema della democrazia, nell’ambito dei Venerdì filosofici, che da tempo la Libreria Rinascita ospita.
Di Vito, dopo un rigoroso excursus storico-filosofico-politico sui principi della rappresentanza e della volontà generale, restituisce al liberalismo, termine oggi abusato, il suo autentico significato. Ne corregge le indebite travisazioni col liberismo, anch’esso di moda, ma fino a qualche mese fa, prima dell’esplosione della crisi finanziaria mondiale. Il problematico titolo del libro, sul futuro della democrazia, è tuttavia dettato dalla scarsa rappresentatività dei partiti e della classe dirigente attuale, troppo spesso qualitativamente inadeguata rispetto ai difficili compiti affidatile ed indifferente alla verità ed al bene comune.
Il testo di Di Vito è di lettura stimolante per i giovani, in quanto contiene una miniera di riferimenti a pensatori autorevoli con costante interesse agli interrogativi attuali sulla democrazia e sui partiti. Desta pari curiosità nei lettori con anni alle spalle di esperienza politica in quanto li invita, espressamente o indirettamente, a riflettere sulle esperienze compiute.
Di Vito ci lascia indubbiamente con degli interrogativi irrisolti, anche se ci fornisce un metodo intellettualmente onesto e rigoroso per affrontarli. Tra questi non devono nascondersi le responsabilità maggiori per il rischio attuale di una caduta democratica, che, se non devono essere usate strumentalmente, devono comunque essere denunciate quotidianamente nei pochi spazi di comunicazione liberi rimasti. Il dibattito che mi auguro si svilupperà, in seguito alla progressiva lettura del libro di Di Vito, si dovrà cimentare con questi problemi e con i mille altri che l’autore ha voluto porre all’attenzione o con quelli ulteriori che, inconsapevolmente ma meritoriamente, ha destato. Lo scopo dell’associazione “Virtute e conoscenza” penso sia, d’altronde, proprio questo: stimolare il pensiero e la sua espressione e sottoporlo, poi, costantemente a critica plurale.
Penso che almeno in questa affermazione di Jean-Paul Sartre tutti coloro, che credono nella democrazia, possano riconoscersi: "Le ideologie sono libertà mentre si fanno, oppressione quando sono fatte”.
Spero che a questo mio modesto intervento ne seguano altri, soprattutto sul tema della democrazia, che è nello stesso tempo d’interesse così attuale e così universale, se non altro per non invecchiare senza essere stati in piccola parte protagonisti del nostro tempo, di quel protagonismo così poco di moda oggi del dire e del fare al di fuori dei grandi riflettori».