/Cabaret amore mio allevia i problemi del popolo Saharawi
Cabaret amore mio allevia i problemi del popolo Saharawi
Possiamo considerare riuscita liniziativa di Solidarietà abbinata a Cabaret, amoremio 2008
Così la Consulta per la fratellanza tra i popoli di Grottammare, che durante il Festival nazionale dell’umorismo “Cabaret, amoremio!” si è occupata attivamente della campagna Sorrisi nel deserto, apre un commento sulla seconda edizione dell’iniziativa collegata al programma di interventi di solidarietà verso il popolo Saharawi.
“Possiamo considerare riuscita l’iniziativa di Solidarietà abbinata a Cabaret, amoremio 2008, una goccia nel deserto affamato e assetato privo di tutto ma ricco di sorrisi e tanta umanità. Il contributo raccolto presso il “punto solidarietà” – allestito all’ingresso del Parco delle Rimembranze - è stato pari a € 1.276,60, un po’ meno dello scorso anno, ma utile a contribuire alle spese a favore dei bambini del Saharawi ospitati presso il nostro comune.
Vogliamo assicurare almeno per un periodo all’ anno una vita maggiormente salutare a bambini e adolescenti bisognosi di cure mediche e ospedaliere con il fine ultimo di sostenere la causa politica del popolo del Saharawi, in attesa da oltre 30 anni di vedersi riconoscere un’identità nazionale.
La popolazione è composta da circa 250.000 persone che vivono come profughi nell’estremo sud-ovest dell’Algeria, in una zona di circa 100 Kmq considerata tra le più invivibili del nostro pianeta, un deserto piatto ricoperto di sassi e sabbia, con temperature che vanno dai 45/50° .
L’acqua, il bene più prezioso, pur reperibile a breve profondità è ad elevata salinità, l’acqua potabile viene distribuita dall’ONU”.
“Un popolo dimenticato verso il quale ci siamo presi l’impegno di far sentire la loro (flebile) voce con la collaborazione dell’Associazione Regionale di Solidarietà “RIO DE ORO” –Marche.
Un grazie di cuore a tutti quelli che hanno partecipato e un invito a sostenere le adozioni a distanza (quota annuale di €150.00) che permettono, oltre ad aiutare concretamente la famiglia e il disabile, di non aumentare l’emarginazione che inevitabilmente la malattia porta”.