Ha iniziato il concerto partendo dalla produzione per solo piano
Per l'artista marchigiano, non più, a titolo esclusivo, la formula della solo performance che ne ha fatto la fortuna, ma anche una fin qui inedita dimensione orchestrale. Premessa necessaria: c'era tutto perché il concerto funzionasse: una splendida serata umbra ed una 'location' che chiunque vorrebbe avere e nessuno aveva mai ottenuto, il prato davanti alla basilica superiore di San Francesco.
Sulla facciata del tempio francescano veniva ogni tanto proiettato un grande albero, ma lo scenario era tale da non aver certo bisogno di ulteriori elementi decorativi.
Allevi ha cominciato il concerto partendo dalla produzione per solo piano, ben documentata nei suoi primi cinque cd. Prima di ogni brano ne ha spiegato le radici e l'ispirazione. Da Aria, suonato per rompere il ghiaccio, soprattutto con se stesso, e trovare una via di uscita dall'ansia, a Jazz non jazz, paradossale omaggio all'arte dell'improvvisazione per eccellenza con un pezzo scritto dalla prima all'ultima nota e senza un solo sospiro di improvvisazione.
E' l'Allevi più amato dal pubblico, inventore di una formula di straordinario successo nella sua ambigua collocazione di confine tra i generi. In realtà Allevi, musicalmente parlando, non ha a che fare con il pop (le sue forme sono molto più complesse), tanto meno con il jazz.
Anche il mondo etereo della New Age sembra distante. Allevi é soprattutto un musicista 'classico', lo è per formazione (due diplomi in conservatorio) e per gusto. Il punto è che invece di rifugiarsi nella rassicurante certezza dei classici, rimettendo le mani su Beethoven o Brahms, o di sperimentare le spesso ermetiche strade dell'avanguardismo accademico, si è calato nella dimensione contemporanea e quotidiana, fatta del nuovo italiano degli sms, dei video spot e degli mp3.
In questa cornice ha ambientato una musica di facile lettura, a volte cantabile come una canzone, e difficile identità, trasversale. Quel tipo di musica che il vecchio negoziante di dischi non sa mai in quale scaffale collocare.
Il secondo momento del concerto di Assisi ha visto protagonista il Giovanni Allevi direttore. Bacchetta in mano, ha messo a riposo il Fazioli e guidato i Virtuosi Italiani nell'esecuzione dei cinque movimenti della suite Angelo Ribelle.
La scrittura è interessante e denuncia con evidenza il background culturale del compositore.
A Perfect Day (stesso titolo di una epocale canzone di Lou Reed, ma non c'entra nulla) è un tema da segnalare. Questo Allevi insomma è più decisamente calato nella sua educazione musicale accademica, anche se resta pronunciato il gusto per la melodia di presa immediata e per un certo descrittivismo che evoca immagini e personali colonne sonore.
L'ovvia terza parte della serata è consistita nella sintesi dei due momenti: Allevi al piano circondato dall'orchestra per rendere partecipe il pubblico di quella che evidentemente ritiene, alle soglie dei suoi primi quarant'anni, la propria attuale Evolution.
La musica si complica nella scrittura, ma l'equilibrio tra il piano e l'orchestra risulta sempre molto naturale e per nulla 'costruito'. Foglie di Beslan (la tragedia dei bambini della scuola russa) e Come sei veramente (inno alle verità dell'amore), sono due suggestivi bozzetti. L'impressione è che sia però ancora la dimensione del piano solo a restituire con pienezza il 'fenomeno Allevi', comunque lo si giudichi.
Da Assisi il tour è partito bene, confortato da un pubblico di duemila persone e dalla notizia che su suggerimento del francescani del Sacro convento Allevi potrebbe misurarsi con una composizione ispirata al Cantico delle creature.