Sabato prossimo, 13 ottobre, alle ore 14.30, al teatro cittadino, riflettori puntati su una realtà che pone le Marche come eccellenza nazionale ed europea nel settore della tartuficoltura.
Attraverso la messa a dimora di piante micorizzate, sulle cui radici nasceranno i tartufi, si danno vita a vere e proprie opere di rimboschimento di intere zone. La tartuficoltura gioca un importante ruolo ecologico poiché garantisce la tutela e la manutenzione del territorio, il contrasto all’erosione del suolo, la prevenzione del dissesto idrogeologico, il ripristino della fertilità naturale in suoli spossati e l’assorbimento di anidride carbonica. Inoltre è attuata senza l’impiego di fertilizzanti chimici e diserbanti nocivi per l’ambiente.
“La coltivazione dei tartufi – dichiara il vicepresidente e assessore regionale all’Agricoltura, Paolo Petrini, che interverrà al convegno – è uno dei settori più produttivi dell’economia marchigiana. Vero fiore all’occhiello dell’economia agricola di alcune aree montane e dell’entroterra. Questo tipo di attività produce reddito e sviluppo e allo stesso tempo si pone come utile strumento per la salvaguardia dell’ambiente in chiave sostenibile”.
La moderna tartuficoltura nasce proprio nelle Marche, sia perché nel 1932 vi è stata impiantata la prima tartufaia “coltivata”, ma soprattutto perché negli anni ‘50 e ‘60, sono state realizzate dal dottor Mannozzi – Torini, ispettore regionale del Corpo Forestale dello Stato, numerose tartufaie coltivate, soprattutto tartufo nero pregiato, di cui alcune tuttora in produzione, a dimostrazione di una indubbia vocazione del territorio marchigiano alla coltivazione, oltre che alla produzione spontanea per le favorevoli condizioni climatiche e pedologiche.
“In quest’ottica – spiega Gianluca Carrabs, amministratore unico dell’Assam, l’ente che gestisce il Centro Sperimentale di tartuficoltura di Sant’Angelo in Vado - vogliamo diffondere il patrimonio di conoscenze acquisite dall’Assam, rilevando che la vocazionalità diffusa del territorio non è la sola ragione della produzione. Le conoscenze ecologiche e soprattutto la qualità del materiale vivaistico di partenza, insieme con la professionalità del personale addetto, hanno un ruolo primario”.
Le piantine prima di essere concesse, sono sottoposte a rigorosi controlli per verificare lo stato di micorizzazione dell’apparato radicale: non esistono quindi dubbi sulla qualità del materiale tartufigeno utilizzato. Una logica, questa, di valorizzazione del territorio e di attenzione alla domanda locale, che trova così una pronta risposta al soddisfacimento di un settore che è costantemente in espansione. “Siamo l’unico ente pubblico italiano – continua Carrabs - che da trenta anni produce piantine forestali con radici micorizate che, messe a dimora in sito idoneo, rendono una produttività di tartufaie che sfiora quasi il 100%. Questi risultati sono frutto di costanti investimenti economici e di risorse umane che hanno consentito di acquisire un know how unico, utile a sviluppare, nelle aree interne, un’attività economica florida e sostenibile dal punto di vista ambientale”.