Ogm, le Marche ribadiscono la loro contrarietà

Ogm, le Marche ribadiscono la loro contrarietà

«Sono la negazione del nostro modello di agricoltura, la cancellazione della nostra identità alimentare»

 

“Gli ogm sono contro gli interessi degli agricoltori europei – sottolinea Petrini -  In un mondo sempre più globalizzato dove regna la conformità per rimanere competitivi dobbiamo produrre diversità perché a vincere è l'eccezione. Gli ogm sono la negazione del nostro modello di agricoltura, la cancellazione della nostra identità alimentare”.
Dal 2010 Petrini ha assunto la Presidenza della Rete delle 55 Regioni e Autonomie locali libere da OGM, organizzazione nata nel 2003 per volontà di dieci Regioni Europee di far sentire la propria voce in materia di coltivazioni geneticamente modificate e dall’esigenza di accogliere la crescente preoccupazione e contrarietà dei consumatori europei.
La Rete, che conta attualmente 55 regioni europee per 122 milioni di abitanti su 9 Stati, vuole ribadire la libertà di scelta dei governi europei di vietare le coltivazioni geneticamente modificate  nei propri territori al fine di tutelare la biodiversità, le produzioni di qualità biologiche, tradizionali e tipiche, l’immagine di un territorio - anche in chiave turistica -  per un’ agricoltura sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.
“Il territorio italiano – rileva il vicepresidente Petrini - non si presta alla coltivazione di OGM poiché le peculiari condizioni geografiche e morfologiche rendono impossibile l’attuazione di misure che permettano la coesistenza tra agricoltura biologica, convenzionale e  agricoltura che si avvale degli OGM.
Riteniamo opportuno poi, che nell’ambito del dibattito europeo sull’impiego delle biotecnologie in agricoltura, l’EFSA (Agenzia per la Sicurezza Alimentare Europea ) si impegni per implementare protocolli di sperimentazioni propri prima dell’autorizzazione all’immissione nell’ambiente di nuove varietà GM.
Gli OGM ad oggi disponibili sul mercato sono stati prodotti in laboratorio negli anni ’80 - riguardano principalmente mais in Europa e soia, cotone e colza nel resto del mondo - e quindi l’introduzione nel contesto europeo, ed italiano, non produrrebbe significativi effetti economici, trattandosi di materiale modificato oltre trent’anni fa per resistere agli erbicidi e creerebbe, per di più, un conflitto con il mondo produttivo biologico.
Occorre poi dare corretta informazione ai consumatori sull’esistenza e l’impiego di metodologie di selezione e miglioramento genetico, meno veloci ma egualmente promettenti e non riconducibili alle tecniche di modificazione genetica, queste ultime privilegiate, poiché brevettabili, dalle multinazionali sementiere.
Anche la  recente sentenza della Corte di Giustizia Europa (settembre 2011) ha evidenziato l’incompatibilità delle coltivazioni GM con il settore apistico – universalmente riconosciuto quale ‘indicatore di biodiversità’  di un territorio -  con particolare riferimento alla produzione di miele e integratori derivati da polline”.