Resta
altissima la tensione nelle carceri delle Marche, oggi affollate da
oltre 800 detenuti, e continua inesorabilmente a salire il numero di
eventi critici tra le sbarre. Ultimo grave episodio quello avvenuto
nella struttura detentiva di Ascoli Piceno, come denuncia il
Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE per voce del
Segretario regionale per le Marche Nicandro Silvestri:
“Un
detenuto di origine gambiana di 27 anni, con condanna definitiva di
cinque anni per reati di resistenza e aggressione a pubblico
ufficiale, violazione legge stupefacenti , detenzione di armi etc,
affetto da gravi patologie di natura psichiatrica e autore di
aggressione nel mese di febbraio al personale di Polizia
Penitenziaria nel carcere di Piacenza e, nel mese di marzo, del
tentativo di evasione dal carcere di Pesaro, nel primo pomeriggio,
verso le 16.30, ha seminato il panico presso l’istituto di Ascoli
Piceno. Prima distruggendo le suppellettili della propria cella con
atti di autolesionismo e poi scagliandosi con armi rudimentali e di
fortuna verso il personale di Polizia accorso che, non avendo ancora
in dotazioni strumenti di difesa e intervento più volte invocati dal
SAPPE, per assicurare il soggetto nella propria cella di detenzione
ha subito danni e lesioni. Ben 4 poliziotti sono dovuti ricorrere
alle cure mediche con prognosi varie, da 8 giorni fino ai 30 ad un
Agente a cui è stata riscontrata la frattura delle dita”. Netta
la denuncia di Silvestri: “Basta! E’ grave che il personale di
Polizia Penitenziaria sia lasciato senza mezzi di protezione, di
difesa e senza strumenti di intervento ma soprattutto basta alla
gestione di detenuti con problemi psichiatrici. Io credo che la
Polizia Penitenziaria di Ascoli Piceno, che ha pure dimostrato grande
professionalità e senso del dovere, non debba essere messa nelle
condizioni di vivere situazioni di alta tensione sotto il profilo
della sicurezza e dell’ordine per detenuti che non devono stare in
un carcere ma in una struttura ad hoc”.”
Donato
Capece, segretario generale del Sindacato, sottolinea che, a
seguito della chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziaria,
moltissime persone con problemi psichiatrici sono ristrette nelle
carceri del Paese e spesso proprio loro si rendono protagonisti di
gravi eventi critici come quello accaduto ad Ascoli Piceno: “Il
disagio mentale, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici
giudiziari, è stato riversato nelle carceri, dove non ci sono
persone preparate per gestire queste problematiche, mancano strutture
adeguate e protocolli operativi. La polizia penitenziaria non ce la
fa più a gestire questa situazione e nei prossimi giorni valuterà
se indire lo stato di agitazione. L’effetto che produce la presenza
di soggetti psichiatrici è causa di una serie di eventi critici che
inficiano la sicurezza dell’istituto oltre all’incolumità del
poliziotto penitenziario. Queste
sono anche le conseguenze di una politica miope ed improvvisata, che
ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari senza trovare una
valida soluzione su dove mettere chi li affollava. Gli OPG devono
riaprire, meglio strutturati e meglio organizzati, ma devono di nuovo
essere operativi per contenere questa fascia particolare di
detenuti”.
Per
Capece, infatti, “da
quando sono stati chiusi gli O.P.G. (gli ospedali psichiatrici
giudiziari), le carceri si sono riempite di detenuti affetti da gravi
problemi psichiatrici. Ormai
in ogni carcere decine e decine di detenuti con gravi problemi
psichiatrici vengono ospitati normalmente nelle sezioni detentive, e
spesso sono ubicati nelle celle con altri detenuti che non hanno le
stesse difficoltà. Di conseguenza, i poliziotti penitenziari, oltre
a essere costretti a gestire la sicurezza delle carceri in grave
carenza di organico, come avviene nelle Marche, devono affrontare da
soli questi squilibrati senza alcuna preparazione e senza alcun
aiuto. Non è corretto soltanto ammettere l’esistenza della
questione dei detenuti con problemi psichiatrici e poi far solo finta
di aver risolto un problema che invece sta esplodendo sempre di più
nella sua drammaticità”.
Il Sappe evidenzia infine come questi detenuti sono responsabili di “vero e proprio vandalismo all’interno delle celle, dove vengono disintegrati arredi e sanitari, ponendoli nella condizione pure di armarsi con quanto gli capita per le mani e sfidare i poliziotti di vigilanza. Oramai questi detenuti sono diventati una vera e propria piaga in diversi penitenziari e per la loro gestione sarebbero necessari trattamenti specifici all’interno di comunità terapeutiche. Il carcere non può custodire detenuti di questo tipo, a meno che non vi sia un notevole incremento di organico della polizia penitenziaria e di specialisti di patologie psichiatriche”.