La nomina della dott.ssa Nicoletta Natalini a Direttrice Generale della Azienda Sanitaria Territoriale (AST) di Ascoli Piceno ha generato sicuramente molte aspettative, che testimoniano l’esigenza di una propensione alla ragionevolezza e all’equilibrio, di cui la sanità della nostra provincia avverte un gran bisogno. In questa prospettiva, il Presidente della Provincia Sergio Loggi e la Consigliera provinciale Aurora Bottiglieri esprimono alcune considerazioni auspicando che la Direttrice sappia, in particolare, restituire la necessaria serenità all’ambiente medico e para–medico, che negli ultimi anni è stato afflitto dalle difficoltà pandemiche, dalla scarsità di risorse e di personale e dalle lunghe liste d’attesa.
Una nuova stagione di conflittualità sarebbe, infatti, una vera iattura, poiché tale stato di cose, a prescindere dalla capacità professionale dei singoli operatori, ha prodotto tra la gente una forte perdita di fiducia nei confronti del sistema sanitario della nostra provincia. Ci rendiamo conto che l’opera della Natalini è resa ancora più ardua dal definitivo avvio della cosiddetta Azienda Sanitaria Territoriale e dai costi incrementali dovuti e acuiti dalla pandemia da Covid-19 e dalla crisi energetica e che, in assenza di specifiche risorse aggiuntive, gravano sul bilancio annuale rendendo insufficiente l’attuale livello di finanziamento che prevede, tra l’altro, un taglio di ben 26 milioni di euro.
Le cronache riportate dai giornali di queste ultime settimane rappresentano purtroppo una situazione in forte fermento, a volte di aperta contestazione, soprattutto per quanto riguarda la situazione dell’ospedale di San Benedetto del Tronto, che sopporta da molto tempo una lenta ma progressiva contrazione di posti letto, di risorse umane ed economiche e quindi di servizi. Da ultimo la notizia di una riduzione dei posti letto della Medicina d’urgenza (non confermata dalla Direzione che la definisce riorganizzazione, ma reiteratamente denunciata anche da una nota firmata da tutti i medici in organico al Pronto Soccorso e da una a firma dei primari dell’ospedale Madonna del Soccorso) ci spinge ad un accorato appello affinché l’ospedale rivierasco non subisca ulteriori tagli anche nell’area di azione quale quella dell’emergenza-urgenza, che da sempre caratterizza questa struttura, sia per la qualità che per la quantità di interventi.
La UO di Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza del P.O. di San Benedetto del Tronto si caratterizza per un numero elevato di accessi che vanno dai 34.000 fino ai 39.000 a seconda degli anni, con una gestione in autonomia in medicina d’urgenza di 1200 fino a 1800 pazienti (a seconda degli anni e ovviamente escluso il periodo relativo alla pandemia da SARS-COV2 dove si è assistito a una riduzione degli accessi a livello mondiale), con punte elevate nella stagione estiva quando i dati del turismo segnalano presenze fino a 1 milione di persone. Rappresenta la porta di ingresso dell’Ospedale che ha una carenza di circa 40 posti letto, data la mancanza di molte specialistiche per cui occorre far riferimento agli ospedali vicini (Ascoli Piceno per emodinamica, ematologia e pneumologia, Fermo per malattie infettive, o al DEA di II livello di Ancona per politraumi, cardiochirurgia, neurochirurgia, chirurgia vascolare e toracica).
Il servizio è organizzato secondo un modello di trattamento del paziente basato sulla stabilizzazione e corretta destinazione allo specialista di riferimento, che sia all’interno dell’ospedale o da trasferire in altri presidi. L’ospedale inoltre rappresenta un centro HUB provinciale per il trattamento dello Stroke, in quanto dotato di una STROKE UNIT gestita dai neurologi e per il trattamento delle emorragie digestive, servizio privo di posti letto, per cui i posti della medicina d’urgenza rappresentano un polmone assolutamente necessario per permettere all’ospedale questa attività, oltre a garantire l’osservazione di pazienti oncologici sottoposti a procedure interventiste e la decentralizzazione dei pazienti inviati dal PS ad Ancona per effettuare procedure e terapie non garantite dagli ospedali periferici come il nostro.
Queste caratteristiche impongono una importante attività di filtro dei pazienti da ricoverare svolto dal PS attraverso l’attivazione di accertamenti diagnostici e di consulenze specialistiche ma anche dalla medicina d’urgenza (stesso reparto del PS), dove vengono trattati i pazienti più gravi che non necessitano del ricovero in rianimazione, stabilizzati i pazienti da ricoverare a carico degli specialisti presenti in ospedale o in altri ospedali.
In mancanza di un reparto con un numero di letti e strutture di monitoraggio adeguate con medici e infermieri competenti, quotidianamente un numero elevato di pazienti in condizioni critiche resterebbe in pronto soccorso a carico di un unico medico che dovrà necessariamente occuparsi di molti altri pazienti, circa 90 al giorno in media, con l’accumulo di codici minori accanto ai polipatologici cronici in precarie condizioni, parcheggiati in attesa del trasferimento in un reparto ospedaliero, con un doppio impegno per i professionisti sanitari: il monitoraggio continuo dei pazienti in boarding a cui si aggiungono i normali compiti di triage e la gestione dei nuovi ingressi.
Questa condizione non potrà non aumentare il rischio clinico di peggioramento del paziente. Il netto ridimensionamento delle risorse per gestire i casi più gravi rappresenta un taglio lineare che va in controtendenza rispetto alla volontà di vocare il nostro ospedale all’emergenza. La carenza di personale medico, che è un grave problema, non può giustificare il taglio, perché i pochi medici rimasti, esposti a un grave rischio di denuncia, si sposterebbero verso altre sedi più vicine alla loro residenza e i giovani medici, che si stanno specializzando, non troverebbero più attrattiva la frequenza nel nostro PS.
Tale proposta è motivata dalla necessità di ridurre i costi per i medici nei due ospedali che volontariamente prestano servizio di notte in medicina d’urgenza, pagati con i fondi statali erogati dalla Regione e vincolati alle prestazioni aggiuntive. E’ evidente che, se non utilizzati da noi, verrebbero destinati per altri PS di altri ospedali. Inoltre sarebbe previsto il taglio della presenza di un medico di pomeriggio e di 6 infermieri.
Riteniamo che in queste condizioni sia pericoloso lavorare. Se all’ospedale di San Benedetto arrivano pazienti gravi, allora è indispensabile avere strumenti per trattarli in sicurezza. Il fatto che l’ospedale di Ascoli abbia molte specialistiche presenti (emodinamica, reparto di pneumologia, di malattie infettive, di nefrologia, posti letto per oncologia e gastroenterologia), non può comportare che per San Benedetto non si investa maggiormente per una unità operativa del dipartimento di emergenza.
Ancora, lo spostamento della dimezzata medicina d’urgenza vicino al PS pare non essere al momento possibile, data la necessità di gestire i pazienti covid in area dedicata e separata dagli altri e non andrebbe a ridurre il rischio clinico, prevedendo un unico medico che gestisca PS e medicina d’urgenza in contemporanea.
Infine, la medicina d’urgenza ha sempre quotidianamente rappresentato lo strumento per decongestionare il PS dai pazienti gravi, ha evitato il fenomeno del boarding in PS (quando non ci sono posti letto e il paziente deve attendere il suo posto in pronto soccorso, spesso in barella, per ore, se non giorni) accettando in regime di OBI (Osservazione Breve) /degenza ordinaria pazienti che altrimenti resterebbero in Pronto Soccorso causa il ridotto numero di posti letto ospedalieri rispetto agli standard. Ciò vuol dire migliorare l’accoglienza dei pazienti gravi, perché in situazioni di emergenza un intervento appropriato e tempestivo può essere determinante per la sopravvivenza di una persona e viceversa tardive operazioni di soccorso potrebbero compromettere ogni possibile esito positivo.