L’importanza della Previdenza complementare in Italia, i Fondi Pensione e l’ipotesi di un’eventuale riforma.
Un tema di grandissima attualità in Italia, quello della Previdenza complementare, in quanto le commissioni Finanze di Camera e Senato, dopo sei mesi di lavoro e oltre sessanta audizioni parlamentari, hanno pubblicato il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla riforma del sistema fiscale: il testo costituirà probabilmente la base per una legge delega di ridefinizione del sistema tributario, e fra le tante materie toccate c’è, appunto, anche la previdenza complementare. Il settore, infatti, com’è noto, gode di un trattamento fiscale di favore, in quanto rappresenta il secondo pilastro del sistema pensionistico italiano.
La previdenza complementare è basata su un sistema di forme pensionistiche incaricate di raccogliere il risparmio previdenziale mediante il quale, al termine della vita lavorativa, si potrà beneficiare di una pensione integrativa: essa ha infatti come obiettivo quello di concorrere ad assicurare al lavoratore, per il futuro, un livello adeguato di tutela pensionistica, insieme alle prestazioni garantite dal sistema pubblico di base.
La forma più importante
della previdenza complementare è quella rappresentata dai Fondi
pensione, uno strumento estremamente utile: fiscalmente
efficiente, flessibile, trasparente, sicuro (leggi
qui per maggiori informazioni).
L’ordinamento dà
grande rilevanza sociale, per questo motivo, alla previdenza
complementare, per cui le riconosce una fiscalità di vantaggio, che
va intesa come una utile e profittevole leva per avere una
prestazione finale più elevata. Proprio per questo, è necessaria
una riforma fiscale: Nadia Vavassori, head of Business
Unit Pension Saving Funds di Amundi, ha
sottolineato a margine del Salone del Risparmio appunto come
la previdenza complementare sia da pensare come un vero e proprio
investimento finanziario.
A tal proposito, il documento redatto dalle due commissioni propone l’adozione del modello EET, ovvero esente-esente-tassato, di gran lunga prevalente nel resto d’Europa. Stando alle conclusioni dell’indagine, non cambierebbe dunque niente sul fronte dei contributi: i versamenti resterebbero detassati e soggetti, come oggi, a deducibilità per un limite massimo di 5.164,57 euro. Anche i rendimenti in questo caso sarebbero esenti da qualsiasi tipo di tassazione, mentre le prestazioni finali sarebbero soggette a un nuovo tipo di imposizione fiscale. Il passaggio al modello EET consentirebbe di incentivare l’adesione alla previdenza complementare, con ovvi vantaggi in termini di sostenibilità del sistema pensionistico e, in ultima analisi, di uniformarsi al modello prevalente in Europa.