Ascoli Piceno, 3 marzo 2025 – Ritengo doveroso a nome
dell’Associazione e a tutela delle aziende associate che rappresento
replicare alle ultime gravi esternazioni a mezzo stampa del presidente
del Consorzio.
Inutile, girare attorno al tema centrale della questione, ovvero quello
dei quantitativi, tentando di gettare fumo negli occhi dell’opinione
pubblica, perché per chi non conosce la genesi di tutta la vicenda è
comprensibile la spendita del proprio ruolo in
difesa della posizione del Consorzio o, meglio, di ciò che viene
raccontato da quest’ultimo.
Il fabbisogno attuale per la sola provincia di Ascoli Piceno (il
consorzio in verità avrebbe come area geografica di riferimento anche le
province di Fermo e Teramo) sarebbe di due milioni e trecentomila kg di
oliva tenera ascolana annui, ovvero 23.000 quintali
di olive verdi da destinare alla produzione/trasformazione in olive
all’ascolana, a fronte dell’attuale disponibilità reale di oliva tenera
DOP pari a meno di 100 quintali l’anno.
In sintesi, il prodotto attuale copre meno dello 0,5% del necessario, ed
occorrerebbero almeno altri 2200 ettari di terra piantumata con oliva
tenera, che andrebbero a regime tra 10-15 anni, in non meglio precisate
praterie che in 20 anni il consorzio non ha
mai trovato.
Ma la questione in realtà è ancora più grave perché i numeri di cui
sopra considerano solamente il fabbisogno per la trasformazione in oliva
all’ascolana, quando invece oggi quei 100 quintali scarsi sono
destinati anche alla vendita delle olive verdi e alla
produzione di olio di oliva tenera ascolana. Figuriamoci.
Detto ciò, volendo fare un discorso più serio sulla tutela, e premesso
che non a caso sono pochissime le DOP in Italia su prodotti diciamo
composti, quali quello dell’oliva all’ascolana, vorrei chiedere al
presidente Valenti se i consorziati produttori DOP
tengono in considerazione anche le filiere delle carni e del pane
grattato necessari per la preparazione del prodotto. Non credo, ma
aspettiamo di essere smentiti.
E da ultimo, vorrei sempre chiedere al presidente del Consorzio, visto
che accusa gli imprenditori di non aver investito nella produzione di
oliva tenera, compito che semmai spetterebbe al mondo agricolo e non
certo a quello dei trasformatori, per quale motivo
non ha portato avanti il progetto, tanto trionfalmente annunciato, di
prendere in gestione dal Comune di Ascoli Piceno la tenuta di Villa
Sgariglia a Campolungo dove da anni sono presenti già a dimora circa 22
ettari di oliva tenera ascolana.
O meglio, visto che il Consorzio si era anche aggiudicato la gara, come
mai sono stati fatti scadere i termini per l’avvio dei lavori promessi
nel progetto, tanto che la stessa aggiudicazione è stata considerata
decaduta da parte del Comune che ha addirittura
escusso una fideiussione di decine di migliaia di euro a titolo di
penale?
Stona perciò questo j’accuse alla nostra categoria quando il
Consorzio stesso ha abdicato al suo ruolo, vincendo una gara di evidenza
pubblica salvo poi non fare assolutamente nulla e facendo scadere i
termini di operatività della concessione stessa
per la gestione dei tanto agognati e preziosi ettari di oliva tenera.
Aldilà di tante parole spese, sono i fatti sono quelli che contano. E i
fatti dicono che questo Consorzio e la sua governance sembrano inseguire
quale unico obiettivo quello di distruggere l’attuale produzione locale
di olive all’ascolana e creare un microscopico,
inutile, monopolio su una denominazione che dovrebbe al contrario
generare sviluppo, incremento di occupazione ed una maggior
remunerazione per un’intera filiera e per tutto il territorio.
Miopia o malafede?