Processo al rom, tensione e minacce

Processo al rom, tensione e minacce

Interviene la polizia per calmare gli animi. Una giovane grida: «Marco, ti voglio bene»

Le accuse: omicidio colposo plurimo, resistenza a pubblico ufficiale e guida in stato di ebbrezza.  La difesa ha chiesto il patteggiamento, ma il pm si è espresso in modo contrario. Se dovesse essere accolto, il giovane rom verrebbe condannato a una pena di 4 anni. Sicuramente poco, visti i reati commessi. La parola passa ora al giudice monocratico Emilio Pocci che deciderà se accogliere o meno la richiesta. Grandissima la tensione all'inizio dell'udienza. «Assassino, devi marcire in carcere...» Hanno gridato i familiari delle giovani vittime all'arrivo in aula del rom, che magrissimo e silenzioso, si è seduto al primo banco, a capo chino, senza dire una parola. Una cinquantina le persone che assistono al processo, e c'è anche chi ha tentato di forzare il cordone di polizia e carabinieri per avvicinarsi ad Ahmetovic, senza successo.
Il giudice ha minacciato di far svolgere il processo a porte chiuse, ma l'ipotesi per ora è rientrata.  A un certo punto, dopo una breve sospensione, una ragazza, di cui si ignora l'identità, ha gridato all'indirizzo dell'imputato: «Marco, siamo andati a scuola insieme, ti ricordi? Ti voglio bene» E' caos. Scoppia il finimondo. A gridare la frase, tra il beffardo e il sincero è una ragazza minuta, capelli ricci, rimasta in piedi fra i parenti e gli amici delle vittime, assembrati dietro la transenna.   Filippo Giuseppe Allevi, padre di Eleonora, una dei ragazzi uccisi si è scagliato contro la giovane, pensando fosse la moglie o un'amica del rom. La ragazza viene difesa a stento da altre persone, perché lì per lì si pensa che la sua sia stata una frase beffarda, un modo per prendere in giro Ahmetovic.  Alla fine si è allontanata e di lei si sono perse le tracce. Una parente del rom, un'amica o una provocazione? Non è chiaro. Fra i parenti dei quattro ragazzi (Eleonora Allevi, Alex Luciani, Davide Corradetti e Danilo Traini) c'erano genitori, fratelli, cugini. Qualcuno ha anche avuto un malore. A urlare insulti contro l'omicida, anche Leonardo, il fratello di Eleonora, miracolosamente scampato alla strage benché ferito. Con le stampelle, ha minacciato Ahmetovic, mentre altri gridavano «vergogna, vergogna» all'indirizzo del difensore del rom, l'avv. Felice Franchi, insultato per tutto il processo dalla folla.  Solo un parente parla. E' lo zio di Alex Luciani. «Ci dovevano pensare lo Stato, il Governo, le istituzioni, dice- perché gli incidenti possono accadere, ma questo rom era un pericolo costante». Così Giuseppe Antolini sulla vicenda del campo rom.
Sotto la sorveglianza di una quarantina di agenti e carabinieri l'udienza è poi iniziata regolarmente, con la costituzione delle parti civili. Dopo pochi minuti, però, il giudice Emilio Pocci ha sospeso per un'ora il processo per consentire alle parti che si sono costituite in giudizio l'offerta dell'assicurazione del furgone, la 'Duomo'. Le famiglie di tre dei quattro ragazzi si sono costituite parte civile; non i parenti di Alex Luciani (che lo faranno solo in sede civile). L'assicurazione del furgone ha messo a disposizione un massimale unico per il risarcimento dei danni pari a 750 mila euro. I legali delle parti civili  hanno invece fatto istanza perché il massimale sia riconosciuto ai familiari di tutte e quattro le vittime. Alla richiesta si è associato anche il difensore del rom.  Marco Ahmetovic, alla fine, è uscito scortato dai Carabinieri. Si è distinto per la lucidità e il senso della giustizia il padre di Davide Coraddetti, Luigi, che ha invitato più volte i presenti a calmarsi e a rispettare il corso della giustizia. Oltre al figlio nella tragedia ha perso anche la nipote.