227.000 piccole imprese pronte a cambiare fornitore di energia
L'orientamento prevalente nelle imprese è di cambiare il fornitore dell'energia elettrica (3,3%), seguono le imprese che prevedono di cambiare sia il fornitore del gas che quello dell’energia elettrica (1,8%); solo lo 0,4% delle imprese pensa di cambiare il solo fornitore di gas. L'orientamento a cambiare fornitore è omogeneo per territorio, ad eccezione del Mezzogiorno dove la quota di imprese che prevede di cambiare fornitore è superiore di circa tre punti rispetto al Centro Nord.
I dati emergono da un sondaggio promosso da Confartigianato UAPI, l'associazione delle imprese artigiane delle province di Ascoli Piceno e Fermo, per verificare la propensione delle piccole imprese a sfruttare le opportunità dell’apertura del mercato dell’energia elettrica che scatterà dal 1° luglio. Attualmente l’83,3% delle imprese italiane con meno di 20 addetti, pari a 3.438.440 unità produttive, opera ancora sul mercato vincolato dell'energia. Mentre l’8,6% delle piccole imprese – pari a 354.989 aziende - opera già sul mercato libero dell’energia elettrica. Di queste, 297.200 operano sul mercato libero sia per energia elettrica che per il gas, mentre 37.150 aziende operano esclusivamente sul mercato libero del gas. La permanenza delle imprese sul mercato vincolato è minore per il comparto manifatturiero (78,3%), mentre oscilla attorno all'85% nelle Costruzioni e nei Servizi. La quota di imprese che opera sul mercato libero è omogenea sul territorio, ad eccezione del Nord Est in cui la quota di imprese che opera sul vincolato è inferiore di circa tre punti rispetto alla media nazionale. Il 9,9% delle piccole imprese ha cambiato fornitore nell'ultimo biennio.
“Ad di là delle intenzioni manifestate dalle imprese – sottolinea Moreno Bruni, presidente della Confartigianato UAPI, - il 1° luglio costituisce un’occasione importante per consentire agli imprenditori di iniziare a ridurre i costi dell’energia”. Infatti, secondo l’Ufficio studi di Confartigianato UAPI, anche nel 2006 l’Italia ha mantenuto il primato negativo in Europa per la bolletta elettrica più costosa a carico delle imprese. Le piccole imprese italiane, infatti, pagano l’energia tra il 27,1% e il 56,2% in più rispetto alla media UE. A subire i prezzi più alti d’Europa sono le piccole imprese italiane energivore, vale a dire quelle che consumano da 1,25 GWh a 2 GWh di energia l’anno. Un’azienda che consuma fino a 2 GWh l’anno paga l’energia 13,96 euro per 100 kWh, a fronte del prezzo medio europeo di 8,94 euro per 100 kWh. Il pessimo record italiano sul fronte del caro dipende soprattutto dal mancato completamento della liberalizzazione del mercato dell’energia. Per dimostrarlo, Confartigianato ha confrontato i prezzi dell’energia elettrica al netto delle imposte nei 7 paesi europei (Austria, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo e Polonia) che non hanno produzione di energia elettrica con il nucleare. Risultato: il costo dell’energia, escluse le tasse, in Italia rimane più elevato tra il 36,7% e il 61,8% rispetto ai sette paesi ‘no nuke’. “Anche questo dato – sottolinea Moreno Bruni - suggerisce la necessità di riforme strutturali che aprano alla vera concorrenza i settori dell’elettricità e del gas, che puntino sull’efficienza energetica e sull’uso di fonti rinnovabili, e che consentano di ridurre e riequilibrare la pressione fiscale sul prezzo dell’energia”.