Cerimonia di commemorazione del Procuratore della Repubblica Franco Ponticelli presso il Tribunale di Teramo

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Cerimonia di commemorazione del Procuratore della Repubblica Franco Ponticelli presso il Tribunale di Teramo

Presenti Carlo Calvaresi, Presidente del Tribunale di Teramo, Umberto Monti, Procuratore della Repubblica di Ascoli Piceno, Alessandra Panichi, Vice presidente del Tribunale di Ascoli Piceno, Ettore Picardi, Procuratore della Repubblica di Teramo, Ersilia Spena, Sostituto Procuratore dei Minori a Firenze (da remoto), Paolo Travaglini, Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Ascoli Piceno, gli avvocati Nazario Agostini e Pierluigi Acciaccaferri, oltre a parenti e amici.

Teramo 11 giugno – Cerimonia di commemorazione presso il Tribunale di Teramo del dott. Franco Ponticelli, già Procuratore della Repubblica di Ascoli Piceno. 

Sulle pareti dell'aula il volto sorridente del magistrato scomparso due anni fa. E quel suo sorriso ti fa pensare che stia li a guardarci tutti come in una commedia di Eduardo De Filippo e che possa quindi commentare quel che sta accadendo.
Ma guarda questi che ti combinano! - esclama Franco - Ma non sarebbe stato meglio un torneo di pétanque (bocce d'acciaio) a Poggio Morello, magari con un break per dare la giusta attenzione all'agnello al forno di Ginetta o agli spignoli di Silvana? Oh, ci sono proprio tutti: Carlo Calvaresi, Ettore Picardi, Umberto Monti, Alessandra Panichi, avvocati, parenti e amici. Ma no, aspetta: manca Ersilia Spena. Ah, c'è una mail di giustficazione, bene altrimenti tirata d'orecchi. Ma anche tu Paola, dai l'ok a tutto questo ambaradan solo per far dire che ho cercato di fare al meglio un lavoro nel quale credevo come servitore dello Stato? Ma è una roba normale. Ok ti ci avranno tirato per i capelli, immagino. Ecco, mettono in piazza tutto. Ma non possono farsi i fatti loro? Anche qui, che c'è di strano se uno ama sua moglie, sua figlia, i propri nipoti? Ah, dite che la normalità non è poi così di moda? Senti Matteo, non te ne passare, pare che tu sia il mio unico nipote. Io voglio un mondo di bene anche a Sara e Martina. Con te, è vero, c'è un rapporto particolare: con uno che si avvia sulla strada del Diritto, con quella folta chioma che ti ritrovi, qualche consiglio era giusto che te lo dessi, no? Eppoi Francesca, ti chiedo di fare delle cose, ma non le fai mai. Capisco che trascinino Paola in queste situazioni, ma ti consideravo la donna d'ordine della famiglia. Che ne pensate? Trasformiamo questa giornata in una gara alla play station per il Gran premio di Formula 1? Ah, non era previsto nel programma e...allora transeat. Mi tocca starvi ad ascoltare mio malgrado. Tutto sommato, comunque non è che la cosa mi dispiaccia così tanto. Avete già pensato a cosa fare un altr'anno? Propongo biglietti per tutti per il Gran Premio d'Italia di Formula 1, che ne dite?”.

Ora i fatti. Ho assistito a tante commemorazioni paludate. Quella di ieri presso il Tribunale di Teramo in ricordo del dott. Franco Ponticelli suscitava altre emozioni. C'erano gli allievi che ricordavano un Maestro: Carlo Calvaresi, oggi Presidente del Tribunale di Teramo, due Procuratori della Repubblica, Ettore Picardi a Teramo e Umberto Monti ad Ascoli Piceno, la vice Presidente del Tribunale di Ascoli Piceno Alessandra Panichi, la presenza spirituale del Sostituto Procuratore dei Minori a Firenze, Ersilia Spena. Poi Paolo Travaglini, Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Ascoli Piceno, gli avvocati Nazario Agostini e Pierluigi Acciaccaferri, parenti e amici.


Diverse le testimonianze, tutte di attenta riflessione sull'uomo che riempiva della sua umanità anche la sua attività di Magistrato, di Servitore dello Stato a tutela dei cittadini. Nel ricordo del dott. Franco Ponticelli  cercherò di sintetizzare dandovi delle chiavi di lettura: umanità, amore, gentilezza, rigore, servitore dello Stato.

Carlo Calvaresi: “ Franco Ponticelli, può essere ricordato in tanti modi, parlandone come giudice, come amico, come Pubblico Ministero dall'alto della sua preparazione. Personalmente non è mi mai capitato di trovare in un giudice un vero giurista. Spesso si cerca di capire quale sia la differenza tra giurista e giudice: il giudice applica le leggi, le interpreta, ma il giurista è sempre capace di andare oltre, di analizzare e migliorare la norma anche in considerazione della sua applicazione. Franco è un uomo, ne parlo al presente, eccezionale, di un'umanità rara, rarissima. Spesso, quando ero al Tribunale di Ascoli Piceno, mi capitava di tornare a piedi verso casa e incontravo Franco e Paola. Ho visto due fidanzati, ho visto un grande amore tra Franco e Paola. Li ho visti camminare mano nella mano, a volte sedersi sulle panchine: mi faceva venire in mente l'immagine dei “fidanzatini di Peynet”.


Un amore che prosegue sicuramente tutt'ora e vedere Franco col suo sorriso per me oggi è un grande fatto”.


Ettore Picardi: Io devo tornare indietro il tempo ovviamente perché Franco Ponticelli rappresenta il mio primo capo, come si dice informalmente in queste cose, ma tale era. Ero reduce nel 1991 da un anno di tirocinio a Napoli in un clima di entusiasmo non solo perché eravamo giovani magistrati noi tirocinanti dell'epoca perché si percepiva la voglia di cambiare le cose eravamo agli albori di Mani Pulite che sarebbe cominciato un anno dopo e io avevo percepito l'entusiasmo della magistratura tutta, non solo dei giovani. E avevo ricevuto dei segnali di un comune sentire, di un'identità di vedute, di una voglia di fare bene e, soprattutto, di avere quel senso di responsabilità con il decoro istituzionale. Quando ho avuto l'opportunità di essere sotto la direzione di Franco per i primi anni nella Procura circondariale di Ascoli Piceno devo dirvi la verità questo percorso è stato assolutamente in continuità e in coerenza perché lui aveva questa preparazione giuridica, questa voglia di fare. Non si tirava indietro. Avevamo fatto tanti processi che si seguivano insieme e la cosa bella è che il parere dell'ultimo pischello arrivato, cioè io, era tenuto nello stesso conto del suo, cioè lui non si metteva su un piedistallo anche se poi la sua preparazione era ovviamente di un altro livello. Poi arriva l'unificazione della Procura Circondariale con la Procura del Tribunale e si deve scegliere il sostituto del dott. Mario Mandrelli. Scopro allora nel Consiglio Giudiziario ad Ancona, quando si dovevano preparare i pareri su chi dovesse diventare Procuratore della Repubblica ad Ascoli Piceno, che Franco Ponticelli, milanese, era stato intorno al 1960 uditore, e l'allora giudice Francesco Saverio Borrelli, già prestigioso in quell'epoca, scrisse nel suo primo parere su Franco Ponticelli: “in questo giorno è un onore vergare le minute predisposte da un giovane magistrato di cotanto valore”. E questa è una sicura testimonianza del valore di Franco”.


Ersilia Spena: Sono passati quasi 35 anni dal 23 ottobre 1989 quando incontrai per la prima volta colui che sarebbe stato il mio Procuratore. Eravamo nell'aula della Corte d' Assise e lui mi aveva indicato ai vertici della polizia giudiziaria e i rappresentanti dell'Avvocatura per presentare se stesso e me quale magistrato della nascente Procura Circondariale. Io avevo assunto le funzioni quella stessa mattina e mi guardavo intorno con un certo timore, ma intuii subito come lui mi avrebbe aiutato in questa avventura che iniziavamo insieme. Il nostro ufficio praticamente esisteva solo sulla carta, nella realtà avevamo solo una scrivania e due sedie, lui sedeva dietro io davanti. L'unica cosa che non ci mancava erano i fascicoli: 10 mila. Franco mi prese per mano e con la sua grande professionalità ed umanità mi accompagnò da quel giorno fino al gennaio 1995, quando mi trasferii. A lui devo tutto quello che ho imparato non solo su come lavorare, ma soprattutto su cosa significhi essere un magistrato e quanto umanità e rettitudine occorrano per essere degni della toga che indossiamo. Sono sincera quando dico che ancora oggi nel momento in cui devo prendere decisioni complesse mi chiedo: Franco cosa farebbe? Il nostro rapporto professionale è finito 30 anni fa, ma quello umano non si è mai interrotto e porterò sempre nel cuore il fine settimana trascorso con lui, Paola, Benedetto, Daniela e Francesco a Montemonaco. Oggi, arrivata quasi alla pensione, posso con piena consapevolezza dire grazie Franco, grazie Procuratore Ponticelli, sei stato e sarai per sempre mio padre. Cara Paola e cara Francesca vi abbraccio forte, Ersilia”.


Umberto Monti: “Mi ha ricordato Franco leggendo un libro molto bello qualche mese fa: “Della gentilezza e del coraggio” di Gianrico Carofiglio. Questo mi fa anche ricordare quell'aspetto di cui parlava Ettore: la decisione, la fermezza con cui Franco sosteneva le sue posizioni con cui si confrontava, la straordinaria gentilezza. Gentilezza non come buona educazione, come buone maniere, ma come capacità di ascolto, cioè come capacità di non chiudersi, perché chiudersi è liberarsi. Aprirsi, ascoltare, confrontarsi, non avere un ego predominante, ma confrontarsi, ecco l'agio. E la gentilezza nell'ascoltare, come diceva anche Ettore, come ascoltava me, si confrontava con me, ascoltava i colleghi. Ecco leggendo il libro mi è venuto in mente Franco e voglio ricordarlo per la sua gentilezza, per il modo di approcciare aperto, senza rigidità, che poi consentiva un confronto che non era mitezza o dire le cose in maniera diversa da come si sentiva, ma significava aprirsi al confronto. Ecco la preparazione per il confronto non solo quella burocratica perché molti segnali ci vogliono, ci portano, ad essere produttori di macchinette per fare statistiche, separarci da una parte con l'altra. E questa apertura, che è contrassegnata, non potrebbe fare a meno del coraggio della consapevolezza delle proprie qualità ma per metterle a confronto con gli altri. E quindi guardando il sorriso di Franco, sorrido anch'io, ricordandolo per la sua gentilezza e il suo coraggio”.


Pierluigi Acciaccaferri: "Voglio testimoniare il mio ricordo del dottor Franco. Io ho iniziato a fare il VPO con lui venti anni fa nel 2004. Mi arrivò una telefonata di Marilena nella quale mi diceva che il Procuratore voleva incontrarmi: avevo fatto domanda due anni prima e me ne ero quasi dimenticato e invece avevo avuto la nomina. Ero abbastanza teso per questo incontro con il Procuratore invece lui mi accoglie con questo sorriso e con questa offerta di fiducia e di calore che poi ha contraddistinto sempre il rapporto che ho avuto con lui di grande stima e veramente di fiducia, e lui ci dava delle indicazioni e niente, è stato un percorso che io ricordo con grande affetto. Poi l'ho rincontrato qui a Teramo, in occasione di una cena con altri colleghi, veramente mi ha fatto piacere riabbracciarlo dopo parecchi anni, e lui aveva ancora il ricordo del nostro rapporto professionale, quindi ci tenevo a essere presente oggi”.


Nazario Agostini: "Un principe del Diritto è prima ancora un principe nel regno dei buoni sentimenti. La storia di uomini come Franco Ponticelli non è una storia che si compie con la morte, ma è una storia che vive in ogni requisitoria e permettetemi anche in ogni arringa, che persino il tempo è destinato a ingigantire col suo trascorrere. A Francesca dico che hai davvero di che andare fiera di tuo padre. Cos'è stato Franco Ponticelli per me? In assoluto la più bella, la più radiosa, la più autentica emozione di tutta la mia vita professionale. Com'è nata questa affinità? Io non so spiegarvelo o spiegarmelo. È un dato di fatto che a un certo punto due antipodi si incontrarono.

Lui mi parlava di quanto era bravo il pool di Mani Pulite e di come era stato bravo il Pubblico Ministero, che aveva sgamato Mario Chiesa per Trivulzio, muovendo da una querela per diffamazione fatta da Mario Chiesa. Io gli parlavo di tutto quello che mi aveva infervorato, di quando mi ero lasciato sedurre dal Diritto, della Procedura penale, con la scuola bolognese. Gli parlavo di Foucault, di Rex Taught, di Pavarini, che voleva abolire il carcere.

Eppure sta sintonia è nata ed è riuscita a diventare in assoluto proprio un punto di riferimento. La sua straordinaria capacità di aprirsi al confronto dialettico, anche con l'avvocato, la ricerca esasperata della verità”.


Per quanto mi riguarda “Intanto grazie per aver organizzato questo evento che era importantissimo per una persona come Franco Ponticelli, un amico carissimo che in realtà è una scuola di vita. Perché Franco mi sconvolse quando non lo vidi alla festa del Prefetto di Ascoli Piceno, dove tutti i notabili andavano e certamente anche i magistrati per dovere istituzionale andavano. Ebbene, Franco Ponticelli non c'era. Doveva dimostrare la terzietà della magistratura di fronte a visioni della vita completamente diverse.

Oggi poi siamo al massimo di questa decadenza sociale. E Franco è anche la dimostrazione, con il suo curriculum vitae, del fatto che la separazione delle carriere non ha proprio senso. Franco si è occupato da giovane Pm in Sardegna dei primi sequestri di persona, poi è arrivato a Verona, crocevia della droga, a fare il Presidente del collegio giudicante.

Quindi da Pm a giudice, poi torna di nuovo a incarnare la pubblica accusa. Ma, come dicevano anche alcuni avvocati, in maniera molto palese, nel senso che il ruolo delle parti doveva lasciare spazio alla verità. Ricordo Franco per la sua ritrosia rispetto alla comunicazione. E, io giornalista, di questo mi crucciavo un po'. Molte cose che sapevo non venivano scritte per il rispetto dell'amicizia, per non creare tra noi un elemento di dissidio. Per me valeva molto di più la sua figura che rispettare l'obbligo, come la professione ci insegna, a pubblicare notizie.

È stato difficile questo discrimine e ricordo quindi Franco quando si fece ad Ascoli una importante inchiesta sul latte, ricorderete tutti questa cosa, e a un certo punto il collega Marco Lillo, che lavorava all'Espresso, mi telefona e mi chiede: ma come si fa a parlare col procuratore della Repubblica? Dico, questa è una cosa veramente difficile, non so se ci riuscirai. Mi aiuti? E allora ricordo ancora l'ingresso in Procura mio e di Marco Lillo, il bussare a quella porta, con Franco Ponticelli che mi guarda, comprende la mia difficoltà nel chiedere questo aiuto per il collega. Poi alla fine però, parlando con Marco Lillo, si rende conto di essere di fronte a un professionista con la P maiuscola, e da lì è nato poi un articolo sull'Espresso.

Ecco, Franco era proprio questo, una scuola di vita”. 



Il nipote Matteo: “Allora, io vorrei dire un po' più di due parole su un nonno a nome della nostra famiglia e a nome mio personale.

Ora sarebbe, secondo me, quasi sbagliato parlarvi soltanto dell'amore immenso per quanto mi vede, quindi un amore naturale, un amore dovuto, un amore guadagnato in tutti gli anni in cui ho avuto il piacere di conoscere, di stare vicino al nonno. C'è stato da parte mia e ci sarà per sempre, perché penso che sia un mio spazio intimo e lo vorrei mantenere come un mio spazio intimo. Quello di cui io vi vorrei parlare è quello che ho sentito in tutti i discorsi che sono stati fatti in questo momento e del quale io sono assolutamente grato, che è l'ispirazione che il nonno ha portato a me e ha portato, mi sembra di comprendere, a tutte le persone che ha toccato, almeno in un momento della sua vita.

Io mi ricordo il momento in cui scelsi di intraprendere la carriera accademica in legge, una scelta che non vi nascondo essere stata una scelta molto pratica da parte mia. Io ero un sognatore a 18 anni, volevo suonare la chitarra, volevo andare in giro a fare i concerti e invece decisi di essere pratico, di andare dritto su questa strada. E mi ricordo come parlare con nonno in questi anni fece passare quello che era un interesse per una materia che certamente mi interessava, ma che mi sembrava un buon modo per fare una buona carriera sostanzialmente, e come parlare con lui mi abbia fatto capire tante questioni che oggi mi hanno portato a innamorarmi davvero di questa materia e mi hanno portato a volerla perseguire con la stessa serietà con cui io ho visto la mia famiglia, mio padre, ma soprattutto mio nonno portato avanti per tutta la vita.

Mi porta a volermi sacrificare. Questo perché nonno a differenza di molte persone con le quali veramente senti da ragazzo di 18 anni che vuole fare una rivoluzione, che va in piazza a fare una manifestazione, senti una distanza quasi incolmabile. Questa è una distanza che nonno è sempre riuscito a non farmi mai sentire insegnandomi a mettersi in discussione, insegnandomi come parlando, come confrontandosi anche con chi ha un'opinione che è il polo opposto rispetto al tuo sia necessario essere umili, umiliarsi, non essere fieri e non essere arroganti anche nelle proprie competenze, e le competenze c'erano, sappiamo tutti bene quante competenze c'erano. Eppure nonno mi ha sempre parlato con umiltà, mi ha sempre parlato da pari a pari e mi ha sempre fatto capire il suo punto di vista cercando di capire il mio, senza avere la pretesa di dire tu ragazzino di 18 anni che non ha fatto neanche Diritto Pubblico cosa ne vuoi sapere di che cos'è lo Stato, cosa ne vuoi sapere di che cos'è la giustizia. Non è mai stato questo il punto di vista di mio nonno che pure sarebbe stato un punto di vista che avrei apprezzato in ogni caso in quanto è forse l'unica persona che può pormi un punto di vista di questo genere sulla base della propria esperienza e sulla base della propria essenza in generale. E questo mi ha fatto capire, e in questo momento questa è una lezione che porto molto forte nel mio cuore in un momento storico, in un momento personale in cui è facile cedere all'odio. Siamo in tempi in cui soffiano venti di guerra, siamo in tempi in cui soffiano venti di polarizzazioni politiche, polarizzazioni sociali che rendono molto comodo odiare il prossimo sulla base dell'idea. Ecco nonno mi ha insegnato a non fare mai questa cosa mi ha insegnato che questo sarebbe un tradimento a tutto ciò che si porta avanti sia nell'ambito strettamente giuridico, sia nell'ambito sociale generale in quanto io capisco ora quanto sia necessario confrontarmi, quanto sia necessario confrontarmi con l'altro elemento fondamentale che mi ha portato che è l'affetto, nonno aveva affetto per le persone. Mio nonno era un gigante, un monumento del Diritto, un uomo dello Stato, nel senso di comunità, al quale ha dedicato la sua vita.

Nonno è riuscito ad insegnarmi l'amore tramite il confronto e l'esempio. Non possiamo parlare di nonno senza parlare di nonna, la sua “fidanzata”: un amore puro, sincero, con una serie di mille sfaccettature. E nonna è stata la forza di nonno come lo è stata mia madre. Un amore che andava oltre. Questi uomini non muoiono mai perché ci guidano nella vita”. 

In chiusura i ringraziamenti di Francesca Ponticelli ai presenti e a chi ha organizzato questo incontro.