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Antidepressivi e stupefacenti arrivano nei supermercati
D'Avella: «Siamo stupefatti di quanto sta accadendo»
A lanciare l’allarme è la Federfarma della provincia di Ascoli Piceno in quanto saranno messi in vendita tutti quei prodotti non solo di semplice uso comune che non hanno bisogno della ricetta medica, bensì di medicinali importanti, con pesanti effetti collaterali, destinati alla cura di malattie gravi. A seguito dell’emendamento approvato dalla Camera, infatti, gli utenti potranno acquistare nei vari esercizi commerciali medicinali di fascia C, ovvero con ricetta medica non ripetibile (ricetta che il farmacista deve ritirare e conservare per 6 mesi), cioè quei medicinali che “possono determinare, con l’uso continuato, stati tossici o possono comportare, comunque, rischi particolarmente elevati per la salute”. In fascia C, inoltre, rientrano anche i farmaci stupefacenti soggetti all’obbligo di registrazione su un apposito registro, dal quale risulti ogni movimento in entrata e in uscita del farmaco dalla farmacia. Questi farmaci, se l’emendamento sarà confermato dal Senato, potranno essere venduti in un supermercato o in una piccola parafarmacia di quartiere, che non sono certo strutturati per detenere medicinali che richiedono modalità di conservazione particolari (temperature diversificate, armadi chiusi a chiave, ecc.) e non sono sottoposti ai rigidi controlli sanitari condotti periodicamente nelle farmacie dalle ASL, dai NAS, dal Ministero della salute.
«Siamo stupefatti di quanto sta accadendo –ha dichiarato Pasquale D’Avella, Presidente di Federfarma di Ascoli Piceno - stanno distruggendo la funzione di un servizio apprezzato dalla collettività. In questo modo ci vogliono far chiudere, confidiamo nel Senato. Non è possibile snaturare il ruolo delle farmacie, tradizionale presidio del servizio sanitario». Per le farmacie italiane, rappresentate da Federfarma, questa forma di liberalizzazione rappresenta un ennesimo regalo ai grandi gruppi della distribuzione organizzata poiché si sono accorti che la vendita dei medicinali senza ricetta medica, consentita un anno fa dal primo decreto Bersani, non è poi così redditizia. E questo per vari motivi tra i quali: la presenza obbligatoria del farmacista nel supermercato, i margini di guadagno insufficienti per praticare i favolosi sconti promessi e il limitato interesse dei cittadini che continuano ad avere più fiducia nella farmacia. Da qui la richiesta al Governo e al Parlamento di ampliare la gamma di farmaci vendibili fuori farmacia.
Federfarma invita tutti coloro che mettono al primo posto la tutela della salute, operatori sanitari, associazioni dei malati e dei consumatori, a una profonda riflessione su quale ruolo deve essere assegnato al farmaco nella società italiana, prodotto di largo consumo o bene finalizzato alla tutela della salute.«In questo modo –continua il Presidente D’Avella- viene a crearsi un ulteriore problema nel nostro territorio dove le farmacie risentono di tutta una serie di difficoltà connesse alla caratteristiche rurali. Un ulteriore pseudo liberalizzazione, dunque, potrebbe comportare che in alcune località, soprattutto in quelle più piccole, la chiusura dell’unico servizio sanitario di cui dispongono, cioè la farmacia».