Gli italiani e la pasta: un piatto da 70,7 milioni di euro

Gli italiani e la pasta: un piatto da 70,7 milioni di euro

La pasta preferita Ascoli Piceno: spaghetti e penne rigate. Sui vincigrassi Alberto Grandi, professore associato di Storia del cibo all'Università di Parma, dichiara “È una lasagna che non chiede scusa”.

La foto scattata da Coop Alleanza 3.0 ad Ascoli Piceno racconta che nel 2024 al primo posto delle preferenze dei soci e dei consumatori troviamo gli spaghetti al primo posto con 65mila confezioni vendute. All’interno del primo gradino del podio notiamo che il formato dominante sono gli spaghetti n.12. Gli spaghetti n.12 sono più spessi, con un diametro di circa 2 millimetri; un formato che bene si adatta a sughi corposi. Al secondo posto si piazzano le penne con più 61mila pezzi, di cui la quasi totalità sono nella varietà “rigate”. Medaglia di bronzo per i rigatoni, sia nella versione “intera” che “mezzi” sono finiti nei carrelli e poi sulle tavole degli ascolani con oltre 57 mila pezzi.

Le lasagne, pur più di nicchia, restano presenti con oltre 7mila pezzi, segno di una tradizione familiare ancora viva ma meno quotidiana. Proprio degli antenati della lasagna ci parla, Alberto Grandi, professore associato di Storia del cibo all'Università di Parma: “I vincisgrassi non sono solo un antenato delle lasagne: sono proprio la versione barocca, aristocratica e un po’ guerrafondaia del piatto. Altro che cucina povera! Parliamo di Marche, fine '700, ma le radici sono ancora più antiche: già nel Medioevo, nei ricettari italiani circolavano timballi e pasticci a strati con pasta, carne, spezie e formaggi, roba da banchetti nobiliari, non da trattoria. I vincisgrassi, però, entrano nel mito con il nome: secondo la leggenda, deriverebbe da un certo prince Windisch-Graetz, generale austriaco che avrebbe ispirato il piatto durante l’assedio di Ancona nel 1799, ovviamente si stratta di un’invenzione. Rispetto alle lasagne moderne, i vincisgrassi non lesinano nulla: dentro ci trovi fegatini, frattaglie, ragù denso, besciamella, spezie forti. È una lasagna che non chiede scusa. Non a caso, oggi è piatto della festa nelle Marche, non da tutti i giorni. Quindi no, i vincisgrassi non sono un prototipo primitivo: sono l’evoluzione carnivora e aristocratica delle lasagne. Le moderne sono venute dopo, addomesticate, semplificate. I vincisgrassi sono lasagne che non hanno ancora fatto pace con la dieta.”. 


La situazione nazionale

«Maccarone, m'hai provocato... e io te distruggo, maccarone!» introdotti dalla celeberrima frase di Nando Mericoni, personaggio magistralmente interpretato da Alberto Sordi, in occasione della Giornata mondiale della pasta, in calendario il 25 ottobre, Coop Alleanza 3.0 racconta i trend di acquisto dei soci e consumatori inerenti a questo alimento tra i simboli del nostro Paese.

La foto è scattata dall’osservatorio dei suoi 350 negozi ubicati da Trieste a Lecce, lungo la via Emilia scendendo e la dorsale adriatica e EasyCoop, il servizio di spesa online offerto dalla Cooperativa. 

 

La pasta, icona globale dell’Italia

In Italia esiste una straordinaria varietà di paste alimentari, sia per formato (forma della pasta) sia per ingredienti utilizzati. Le fonti istituzionali e ricerche di settore concordano sul fatto che il numero di tipi di pasta italiani è nell’ordine delle centinaia. Ma quando e come è avvenuto questo passaggio da alimento regionale a icona globale? Lo spiega Alberto Grandi, professore associato di Storia del cibo all'Università di Parma. “Il passaggio della pasta da piatto regionale a icona globale non è stato né spontaneo né romantico: è il risultato di emigrazione, industria e marketing, non di tradizione tramandata da generazioni. Fino all’Ottocento, la pasta era una realtà regionale, con poche varianti locali e spesso considerata un cibo dei poveri e il consumo era quasi totalmente concentrato nella città di Napoli. Il primo vero salto avviene con l’emigrazione di massa tra fine ’800 e inizio ’900: milioni di italiani partono per le Americhe e tra loro molti napoletani che portano con sé la memoria del piatto di pasta. Il vero salto di status, però, arriva nel dopoguerra, con il boom economico e la nascita del concetto di “Made in Italy”: moda, design, cinema e… cucina. La pasta, da prodotto popolare, diventa emblema dello stile di vita italiano, grazie anche a Fellini, alla pubblicità, e alle grandi aziende che iniziano a esportarla ovunque. Da piatto di necessità diventa piacere codificato, globalizzato e impacchettato. Quindi non è diventata simbolo del Made in Italy perché è “buona e basta”. È diventata simbolo perché è versatile, industrializzabile, e narrabile. In pratica, perché la pasta ha avuto un ottimo ufficio stampa.”.

 

La pasta secca preferita dagli italiani? Penne rigate e spaghetti

Nei negozi della Cooperativa, nel 2024 sono stati acquistati 55,5 milioni di pezzi. L’amore degli italiani per la pasta ha portato a sviluppare un giro d’affari di 70,7 milioni di euro, nei negozi della Cooperativa. Con 38,3 milioni di pezzi venduti, è la pasta secca di semola quella preferita dagli italiani. All’interno di questo vastissimo gruppo la preferenza dei consumatori ricade sui formati di pasta secca, cosiddetti corti, ovvero con una lunghezza inferiore ai 6–7 cm circa (tra cui solo a titolo di esempio penne, fusilli, rigatoni) di cui sono state vendute 22,8 milioni di confezioni. La regina delle paste corte per i consumatori di Coop Alleanza 3.0 sono le penne che, tra lisce e rigate, sono finite nei carrelli con oltre 5,6 milioni di pezzi (32% a marchio Coop). Nel derby penne lisce contro rigate, vincono quest’ultime con il 76% delle preferenze. Al secondo posto troviamo i fusilli con 3,1 milioni di confezioni vendute, mentre la medaglia di bronzo va ai rigatoni con 1,4 milioni di pezzi venduti.  La pasta secca di semola lunga, ovvero in formati allungati, cioè superiori ai 10–12 cm si piazza al secondo posto nelle preferenze degli italiani con 9,4 milioni di confezioni. Dominatori incontrastati nelle preferenze per la pasta lunga sono gli spaghetti, grazie alle oltre 4,1 milioni di pezzi venduti, di cui il 32% a marchio Coop. Seguono le linguine con 1,1 milioni di confezioni e gli spaghettini con quasi un milione di pezzi.  Sugli spaghetti circolano ancora dei luoghi comuni, che cerchiamo di smentire con Alberto GrandiGli spaghetti non nascono in Italia e no, non ce li ha portati Marco Polo dalla Cina, quella è una favoletta da turisti. In realtà, i veri "precursori" della pasta lunga arrivano grazie agli Arabi, che già nel IX secolo producevano una specie di pasta secca a base di grano duro in Sicilia. Parliamo della zona di Trabia, vicino Palermo, dove già si esportava una sorta di spaghetti primordiali chiamati itriyya. Quindi, la vera rivoluzione non è stata "inventare" la pasta, ma essiccarla, così da poterla conservare e trasportare, temi da logistica alimentare, non da poesia gastronomica. Da lì in poi, la pasta secca si diffonde lungo il Mediterraneo come un prodotto pratico e democratico, ben prima di diventare l’orgoglio delle nonne napoletane. E quando diventa un “simbolo”? Paradossalmente quando ci vergognavamo un po’ di esserlo: tra fine '800 e inizio '900, gli emigrati italiani venivano derisi come macaroni eaters o spaghetti benders. Era uno stereotipo di povertà, non certo di eccellenza culinaria.”.

Nel segmento secco, con 6,1 milioni di pezzi troviamo la pasta all’uovo. All’interno della pasta all’uovo le preferenze vanno a quella lunga che batte quella corta 3,1 milioni di pezzi a poco più di 330mila. La pasta all’uovo lunga preferita? Le tagliatelle con 1,2 milioni di confezioni acquistate (62% a marchio Coop), seguite da fettuccine con quasi 500mila pezzi e pappardelle finite nel carrello con 370mila pezzi.

 

La pasta fresca preferita dagli italiani? Ripiena di carne

Quando ascoltiamo le parole “pasta fresca” nell’immaginario rivivono le immagini di tavolo di cucina con spianatoie inondate di farina, e mattarelli mossi da mani sapienti. Con 11 milioni di pezzi venduti la pasta fresca, di cui quasi la metà a marchio Coop, ovvero pasta non essiccata e consumata in breve tempo, è spessissimo sulle tavole degli italiani. La preferita tra le paste fresche è quella ripiena con 5,4 milioni di confezioni acquistate che vede al suo interno i tortellini al primo posto con 1,8 milioni di pezzi finiti nei carrelli; secondo posto per i ravioli con un milione di confezioni, mentre al terzo i cappelletti con oltre 350mila confezioni.

Il ripieno preferito per la pasta fresca? Quello di carne, scelto 1,4 milioni di volte, tallonato dal ripieno al prosciutto crudo finito nei piatti con 1,3 milioni di confezioni. Nel segmento pasta fresca, al secondo posto si piazzano gli gnocchi, grazie alle 2,4 milioni di confezioni complessivamente vendute di cui 1,5 nella versione classica. Terzo gradino del podio per la pasta fresca all’uovo con 1,7 milioni di pezzi venduti che stacca quella di semola di ben mezzo milione di pezzi venduti. E qui la pasta all’uovo ottiene la sua rivincita nei confronti di quella di semola, staccata di oltre mezzo milioni di pezzi, grazie all’apporto di oltre 961mila confezioni di lasagne di cui la metà a marchio Coop; secondo posto per le tagliatelle con 291mila confezioni di cui il 57% a marchio Coop.

Ma quando la pasta secca è diventato un prodotto centrale della dieta italiana, rispetto alla pasta fresca? Risponde Alberto GrandiLa vera svolta che ha reso la pasta secca il cuore della dieta italiana non è stata la tradizione, ma l’industria e la fame. Due forze molto più persuasive della nostalgia. Fino all’800, la pasta fresca regnava nei territori dell’Italia centrale e settentrionale, prodotta in casa, mangiata subito. Ma al Sud, e in particolare a Napoli, la pasta secca ha avuto un boom per necessità: clima perfetto per l’essiccazione, abbondanza di grano duro, e una crescente urbanizzazione che richiedeva un alimento economico, conservabile e nutriente. Il punto di svolta arriva nell’800, quando Napoli diventa la capitale mondiale della pasta: qui nasce la figura del maccheronaro, e la pasta secca si trasforma da cibo aristocratico a street food popolare. Il processo di svolta è accelerato dalla meccanizzazione: con l'invenzione della trafila in bronzo e la produzione industriale, la pasta secca entra nelle case di tutti. Un prodotto perfetto per unire velocità, sazietà e costo contenuto, prima tra le comunità italiane in America e poi anche in madrepatria. Nel ‘900 poi, con l’emigrazione di massa e il boom economico, la pasta secca diventa il simbolo dell’italianità all’estero — non la tagliatella fatta a mano, ma lo spaghetto industriale. Quindi sì, la pasta secca vince non perché è più buona, ma perché è più moderna, più scalabile e più adatta ai tempi duri.”.

 

La fotografia di EasyCoop: i preferiti sono fusilli, gnocchetti e grattini

I clienti di EasyCoop, il servizio di spesa online offerto dalla Cooperativa, per quanto riguarda le preferenze in fatto di pasta nel 2024, si sono decisamente orientati su quella di semola che, in termini percentuali, copre il 73% degli acquisti. Segue la pasta fresca con il 20% e quella all’uovo con il 7%. Non sfigura il prodotto a

 

marchio Coop, con le sue linee che coprono quasi tutte le esigenze per un buon primo piatto: quasi il 40% di tutta la pasta acquistata su EasyCoop è a marchio Coop. Questo orientamento è particolarmente evidente nel segmento della pasta fresca dove ben il 58% è a marchio e di quella all’uovo con il 54%. Quali sono le tipologie di pasta preferite dai clienti EasyCoop? Per quanto riguarda la pasta di semola sono i fusilli (nella fattispecie a marchio Coop); nel segmento pasta fresca, i re sono gli gnocchetti con spinaci su ricetta tirolese (anche qui i clienti confermano la fiducia nel marchio Coop e in particolare nella linea Fior Fiore) e i grattini per la pasta all’uovo.