Di Girolamo non decide sull'astensione. Rinvio al 20 marzo
Il Collegio esce dall'aula. L'udienza è durata circa tre minuti. Facce sbigottite, gran brusio, gli avvocati Il presidente Angela Di Girolamo fa l'appello degli imputati e degli avvocati difensori poi pronuncia una laconica comunicazione: «Il processo è rinviato al 20 marzo». Gli avvocati parlano con il pm Valentina D'Agostino per capire cosa è successo, ma neppure il pubblico ministero sa tradurre l'accaduto.
Il campo è aperto alle ipotesi. Il presidente Di Girolamo doveva decidere sulla sua eventuale astensione dal processo dopo che nell'udienza del 7 marzo Mauro Scaramucci, imputato di bancarotta fraudolenta e truffa, aveva fatto presente che il giudice Angela Di Girolamo era nel Collegio civile che aveva emesso sentenza di condanna a suo carico in qualità di amministratore della Fratelli Perini.
Non c'è stata però alcuna decisione in proposito. Gli addetti ai lavori ipotizzano che il presidente Angela Di Girolamo abbia presentato un'istanza di astensione dal processo al presidente del tribunale di Teramo Giuseppe Antonio Cassano.
Di fatto si avverte un'aria di tensione. L'exploit di Mauro Scaramucci in mezzora di dichiarazioni spontanee, alcuni documenti presentati in aula dai suoi difensori e un troncone d'inchiesta della procura di Ascoli sui fatti del fallimento stesso inviati a Teramo, dei quali non si conosce la sorte, aprono nuovi scenari.
Il 7 marzo comunque, nel corso del contro interrogatorio, Claudio Perini, imputato di bancarotta fraudolenta e parte offesa per truffa, ha detto di sapere, prima della presentazione della domanda di concordato per la società, che le garanzie offerte da Scaramucci (4 miliardi più un altro miliardo per il capitale sociale) erano insufficienti per coprire i requisiti del concordato preventivo, ma era l'unica possibilità rimasta per salvare la Fratelli Perini dal fallimento.
A questo punto l'avvocato Sara Pagnoni ha chiesto a Perini se confermava di aver detto che c'era la possibilità di fare un concordato preventivo con cessione dei beni e se poteva farlo senza Scaramucci. Perini a risposto di sì, ma poi non aveva seguito quella via.
Nel corso del contro interrogatorio di Perini è emerso chiaramente che c'erano altre trattative (Longoni, Cisalfa e altri) per la cessione della Fratelli Perini, ma queste non erano poi andate in porto e l'unica possibilità restò Scaramucci. Perini ha addirittura detto che aveva maturato il sospetto che Cisalfa volesse fa fallire la società. Resta difficile da credere a questo punto che giganti del calibro di Longoni, Cisalfa e altri siano stati intimoriti dalla New Form di Mauro Scaramucci (con fatturato di gran lunga inferiore) nel corso dell'asta fallimentare.
Nel tribunale di Teramo è evidente una sorta di fibrillazione, dal dibattimento si percepisce che forse l'inchiesta ha delle lacune e appena mezzora di dichiarazioni spontanee di Mauro Scaramucci del 7 marzo fanno luce su pieghe processuali inspiegabilmente nascoste, mettono in un cantuccio circa 5 ore di controinterrogatorio di Claudio Perini, inducono il presidente del Collegio giudicante Angela Di Girolamo ad aggiornare il processo ad oggi per decidere nel frattempo se astenersi o meno dal giudizio. Scaramucci presenta al tribunale una sentenza civile a suo carico relativa ad una azione di responsabilità per la sostituzione della fattura 1430 (che è nodo centrale del processo per bancarotta fraudolenta) come amministratore della Fratelli Perini: una condanna a 101 mila euro, e nel collegio giudicante c'è anche il giudice Di Girolamo.
E c'è un altro procedimento civile, ancora non deciso, nel quale è presente il giudice a latere in questo processo: Marco Billi. «Presento questa sentenza che non vuole essere un atto giuridico (una ricusazione, ndr) – dichiara Mauro Scaramucci – ma solo perchè onestamente avverto un'aria nel dibattimento che non mi piace. Mi sono dovuto operare al naso e per verificare il fatto è stata mandata all'ospedale di Ascoli la polizia giudiziaria. Come se ci fosse il timore da parte del tribunale che io voglia allungare i termini processuali.
Se c'è questo dubbio voglio dare serenità a chi mi giudica, sono qui, non scappo, rinuncerò ai termini di prescrizione per quei reati già di fatto prescritti a patto che il tribunale voglia approfondire la verità in questa vicenda. Se siamo qui per fare chiarezza bene, se solo per fare una sentenza si faccia pure. Finora ho letto 7.400 documenti processuali, solo l'altro ieri ho avuto copia delle trascrizioni della deposizione di Claudio Perini, come si fa a preparare un controinterrogatorio in soli due giorni? Controbattere analisi per le quali la procura ha impiegato 7 anni in soli sei mesi? Voglio essere giudicato, ma non faccio sconti a nessuno: nei prossimi giorni presenterò quattro denunce per falsa testimonianza per altrettanti testi sentiti nelle scorse udienze.
Claudio Perini non può dire delle bugie documentali. E' falso, è falso – continua Scaramucci – che io volessi il fallimento della Fratelli Perini. A questo punto cade anche il rispetto per l'anzianità, ho tre figli e non mi va che mi si dipinga come un turlupinatore di vecchietti e allora userò un documento che non ho mai utilizzato in tutti questi anni, né l'ho consegnato ai giornali, una lettera della famiglia Perini che non avevo neppure aperto fino a poco tempo fa».
E Scaramucci legge una lettera che dice autografa di Spartaco Perini, il partigiano del colle S. Marco scomparso alcuni anni fa, che mette in guardia Mauro Scaramucci dai suoi «ex fratelli», Claudio e Adalina, per i quali usa pesanti epiteti.
Nel processo emergono fatti importanti. Claudio Perini ammette di aver preso 500 milioni in nero quale anticipo dei 2 miliardi e 200 milioni di lire previsti per l'acquisto delle quote della Fratelli Perini, ma sostiene che glieli ha voluti dare Scaramucci in quella forma. Perini conferma all'avvocato Francesco Voltattorni, difensore di Scaramucci, di avere creato una provvista di 214 milioni di lire per i soci di Sport Point Srl, suoi fiduciari.
«Quella somma arriva da conti personali» dice Perini, che però è fideiussore, quindi garante con i suoi beni per la Fratelli Perini che fallirà dopo tre giorni, il 30 dicembre del 1998. Spuntano relazioni tecniche autografe di dipendenti o responsabili dei negozi Perini Sport che il tribunale per il momento non acquisisce, ma sono negli atti del fallimento e la procura non ha mai visto. «Un chilo e mezzo di carte – dice Voltattorni – documenti importanti che nessuno ha mai guardato».