Per decenni gli operai sono stati esposti alla inalazione di sostanze cancerogene
anche al di là del verdetto assolutorio dovuto a motivazioni prettamente giuridiche.
Il processo ha fatto emergere inoppugnabilmente un quadro impressionante di esposizione continuata e prolungata degli operai a gravi fattori di nocività.
Le mogli hanno raccontato di quanto la cute dei loro mariti fosse impregnata di una polvere nera e grassa, tanto da resistere ai lavaggi quotidiani e da emanare un caratteristico ed insopportabile odore di sostanza catramosa.
Solo durante gli anni ’80 e ’90, a seguito dell’intervento della magistratura, i sistemi di abbattimento dei fumi e delle polveri subirono lievi miglioramenti.
E' emerso con chiarezza che per decenni gli operai sono stati esposti alla inalazione di sostanze di provata cancerogenicità, senza adeguati sistemi di protezione individuale, senza alcuna informazione sui rischi per la loro salute, senza un efficace sistema di controllo medico interno.
Ha raccontato la moglie di uno degli operai morti che l'unico rimedio suggerito dalla ditta era bere latte.
È emerso che la pulizia di alcuni reparti particolarmente polverosi si faceva quando venivano preannunciate ispezioni degli organi di controllo.
Anche se il Tribunale ha ritenuto non sufficienti i fatti accertati a dimostrare la colpa nell'evento-morte, tuttavia quei fatti peseranno per sempre come un macigno sull'azienda.
Trattandosi di tumori aspecifici, cioè non aventi una causa unica, sebbene tutti localizzati ai polmoni o alla vescica, per il Tribunale non è stata raggiunta la prova che l’origine degli stessi derivasse inoppugnabilmente dalla inalazione delle sostanza prodotte dal ciclo lavorativo della Carbon.
Inoltre i dieci operai erano anche fumatori, il che – a giudizio del Tribunale – renderebbe incerta origine e contributo causale di altri fattori, attesa la natura cancerogena anche del fumo di sigaretta.
Infine, non sarebbero emerse nel processo prove certe neppure sulle quantità effettive di sostanze presenti dato che il rilevamento di alcune di esse (es. benzo(a)pirene) in concentrazioni di microgrammo per metro cubo, è stato reso possibile solo recentemente dalle più moderne tecniche.
In conclusione, per il Giudice sarebbe mancata la prova piena della responsabilità dei singoli imputati “al di là di ogni ragionevole dubbio”, come richiede la legge.
Il verdetto assolutorio non scalfisce, tuttavia, la responsabilità morale della Carbon e dei suoi vertici aziendali.
Decine e decine, non solo i 10 per cui si procedeva, sono gli operai morti per tumori di varia natura, anche se nessuna certezza legale sarà mai raggiunta sulle effettive cause del loro decesso.
Varcando la soglia della decenza, i legali della Carbon hanno accusato Legambiente di aver partecipato al processo solo per farsi pubblicità, sfruttando così cinicamente l’occasione offerta dalla tragica morte dei lavoratori e per questo hanno chiesto che fosse condannata al pagamento delle spese del giudizio sostenute dall’azienda.
I fatti accertati durante il processo e puntualmente citati nella Sentenza, fanno giustizia all’impegno con cui Legambiente si batte da anni per una Ascoli più pulita, più vivibile e più civile.