La lettera del sindaco al dirigente dell'Istituto comprensivo
A ondate successive, quasi 300.000 persone, appartenenti a ogni classe sociale, vengono costrette a fuggire dal nuovo regime jugoslavo di Tito che confisca le loro proprietà, le emargina dalla vita pubblica, le reprime con la violenza poliziesca, giungendo talora a un vero e proprio tentativo di pulizia etnica. I profughi vengono dispersi in oltre cento campi di raccolta disseminati in tutto il nostro paese dove per molto tempo, in alcuni casi perfino dieci anni, vivono in una situazione di totale emergenza, nella piu assoluta provvisorieta e promiscuità, attorniati da un clima di avversione o indifferenza.
Per i partiti della sinistra di allora sono fascisti che non hanno accettato il socialismo reale jugoslavo, per le forze di governo sono un fardello ingombrante perché dimostrano che l'Italia c uscita sconfitta dalla guerra e come tale è stata trattata alla Conferenza di pace di Parigi.
Mentre i profughi iniziano il faticoso cammino per conservare la propria identità storica e culturale, sul loro dramma scende un impenetrabile silenzio di stato.
Con la legge votata dal Parlamento, il 10 febbraio diventa la data destinata al "Giorno del Ricordo", per non dimenticare la tragedia di quelle genti e delle foibe attraverso conferenze, momenti di studio, di commemorazione, soprattutto per sottolineare un'inversione di tendenza a sessant'anni dalla fine della guerra.
Conoscendo l'attenzione e la sensibilità del Vostro Spettabile Istituto Comprensivo sulle tematiche storiche, culturali e sociali mi auguro che gli insegnanti proseguano nell'impegno di esplorare le pagine della nostra storia rimaste per troppo tempo in ombra e promuovano, il 10 febbraio, momenti di informazione e riflessione sulla vicenda istriana-dalmata, ricostruendo, senza concedere nulla alle strumentalizzazioni, quanto è realmente accaduto, analizzando le cause che hanno portato all'accadimento di avvenimenti dolorosi. Una ritrovata maturità analitica grazie alla quale superare senza polemiche o silenzi l'imbarazzante bagaglio lasciato dai giorni della tragedia delle foibe.