L'Associazione dei Comuni va cauta sulla privatizzazione delgi impianti
La morte dell’ispettore Raciti, vittima di delinquenti che nulla hanno a che vedere con il mondo dello sport, non poteva restare senza risposte adeguate. Era importante quindi un segnale di estremo rigore perché non si abbiano più a ripetere vicende come quella di Catania dove un servitore dello Stato ha pagato con la vita l’impegno a garantire la civile convivenza nello sport più amato dagli italiani.
Sul fronte della sicurezza negli stadi e degli stadi, vorrei però ribadire lo sforzo compiuto dai Comuni per far fronte alle loro competenze, così come stabilito dal decreto Pisanu che riserva, occorre ricordarlo, altre responsabilità alle stesse Società di calcio che gestiscono gli impianti sportivi.
Ma in questo momento di grande dolore e di emergenza credo che dobbiamo stare attenti perché questa situazione non ingeneri una pericolosa deriva che porterebbe a realizzare fortini dentro le città e questo farebbe venire meno il momento dell’aggregazione sociale.
Occorre invece agire in direzione di un radicale cambio di cultura sportiva, riappropriandoci dei valori propri dello sport: lealtà, civiltà, amicizia e perché il gioco del calcio ritorni ad essere un momento di festa per tutta la famiglia.
Circa la privatizzazione degli stadi esistenti, vorrei ricordare che sul tema l’Anci è sempre stata molto cauta per risvolti che possono essere radicali. C’è il rischio, infatti, che la squadra finisca col non essere più un patrimonio della città ma un bene esclusivo della Società sportiva della quale ne seguirebbe le fortune, così come l’impianto sportivo che, invece, dovrebbe essere un bene pubblico”.