Fondazione Aristide Merloni. Presentata nella sede di Confindustria Ascoli Piceno la 'classifica delle principali imprese marchigiane'

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Fondazione Aristide Merloni. Presentata nella sede di Confindustria Ascoli Piceno la 'classifica delle principali imprese marchigiane'

Ascoli - Quest'anno la Fondazione Aristide Merloni ha scelto di presentare la "Classifica delle principali imprese marchigiane 2023-2024" nella Sala degli Specchi di Confindustria Ascoli Piceno.
E' stata Roberta Faraotti, vice presidente di Confindustria Ascoli Piceno, a fare gli onori di casa poichè il presidente Simone Ferrarioli non era presente per motivi di salute.


Ci sono stati diversi interventi di saluto. Oltre quello del sindaco Marco Fioravanti. Quello di Laura Gabrielli, Ad del Gruppo Gabrielli


Poi l'intervento introduttivo di Gian Mario Spacca, vicepresidente della Fondazione Aristide Merloni

Quindi l'itervento di Simone Mariani, Ad del Gruppo Sabelli


L'intervento del Prof. Donato Iacobucci che ha analizzato lo stato del sistema industriale marchigiano, il suo comportamento dopo le crisi finanziarie del 2008 e quella post Covid del 2020.

 "Una buonissima impresa, ma anche un sistema che deve basarsi su una presenza robusta di grandi imprese. - spiega il Prof. Donato Iacobucci dell'Università Politecnica delle Marche - Il fatto che la debolezza, sicuramente nel contesto nazionale e regionale in termini di grandi imprese, ma anche nel contesto europeo, ci ha ricordato Mario Draghi, nel recente rapporto sulla competitività dell'Unione Europea, dove uno dei punti fondamentali era proprio la relativa carenza nel contesto europeo di imprese di grande dimensione che fossero in grado di giocare ruoli rilevanti soprattutto nell'ambito innovativo.



Ovviamente non illustrerò tutte le 500 imprese che oggi dicevo, una per una perché l'avete letta, quindi dirò solo qualcosa in generale. Farò qualche considerazione su come si sta muovendo l'aggregato, poi Martina Orci vi dirà qualcosa sull'andamento in corso d'anno, guardando soprattutto alle semestrali delle società quotate e Marco Licio sul tema delle certificazioni. La classifica è basata sulla comunicazione finanziaria, quindi i bilanci, però sappiamo che è stato ricordato quando sia ormai diventato rilevante per le imprese essere capaci di comunicare quei valori di sostenibilità che molti di voi hanno ricordato, sostenibilità ambientale, sociale eccetera.


Accanto alla comunicazione finanziaria questa sta diventando la capacità di comunicare con gli stakeholder, non solo con gli esterni, finanziatori o gli clienti, ma anche gli stessi dipendenti. Questi valori sono importanti, però bisogna stare attenti a quello che noi chiamiamo il greenwashing, cioè non si tratta solo di comunicare, bisogna anche dimostrare questi valori, essere capaci di praticarli e le certificazioni sono uno dei modi in cui farlo. Abbiamo aperto questo focus, non trovate nulla su questo documento, ma su quello online, perché è un lavoro in corso, questo mi dà lo spunto per dire che poi la classifica, ma anche le ulteriori analisi saranno pubblicate sulla rivista Economia Marche, che è anch'essa rivista storica della Fondazione Merloni.

Le imprese che finiscono la classifica sono marchigiane, ma per fortuna alcune di queste imprese sono ormai delle multinazionali, quindi le diciamo marchigiane perché comunque hanno avuto origine in questa regione e da questa regione traggono ancora linfa vitale, ma non perché siano relegate per le loro dimensioni all'interno della regione. Quanto disponibile, nella classifica mettiamo il consolidato e in questo caso il consolidato rappresenta anche attività che vengono svolte anche fuori regione in molti casi. Questo non ha a che fare con la classifica, ma ha a che fare con quello che stavo dicendo prima e il peso degli occupati nelle imprese con oltre 250 addetti, che come sapete nella classificazione europea sono considerate grandi imprese, medie tra 50 e 250 addetti, piccole sotto i 50, micro sotto i 10 addetti.


Se noi guardiamo le Marche lo sappiamo, sono regione fortemente caratterizzata da piccole e medie imprese, il peso percentuale, questo è un peso percentuale sul totale degli occupati, delle imprese con oltre 250 addetti, era il 15% nelle Marche. In Italia è molto maggiore, ma se ci confrontiamo con le regioni industrializzate, come vedete qui, ovviamente dovremmo confrontarci con Nordovest, e Nordest, vedete che la differenza è notevole, quindi anche il Veneto, anche la Lombardia sono ovviamente regioni dove è florido il tessuto delle piccole e piccolissime imprese, ma dove però c'è una presenza molto più robusta di grandi imprese. Ma questo è il dato italiano e il dato italiano è in qualche caso la metà di quello dei principali paesi industriali con cui ci confrontiamo, quindi se andassimo a vedere quanto pesano le grandi imprese in Germania e in Francia, stiamo oltre il 40%, sono paesi in cui pesano anche di più e di nuovo questo non significa dire che in quei paesi non c'è un tessuto di piccole e piccolissime imprese, negli Stati Uniti che associamo alla patria delle grandi imprese, la vivacità imprenditoriale è maggiore della nostra in termini di nuove imprese che si attivano, il numero di imprese, di piccole imprese per abitanti è maggiore del nostro, cioè gli Stati Uniti sono dal punto di vista della vivacità imprenditoriale un paese estremamente vivace da questo punto di vista, ma hanno anche le grandi imprese, quindi quando andiamo a fare il rapporto tra gli occupati delle grandi imprese e gli occupati delle piccole, questo è quello che emerge nelle piccole.

Il tema italiano non è che abbiamo troppe piccole imprese, il tema italiano è che vorremmo avere un po' più di imprese medio-grandi, robuste, quelle che vediamo qui nella classifica che appunto nell'intuizione della Fondazione Merloni hanno un ruolo fondamentale, anche nello stimolare le piccole, è la nascita di una nuova impresa. Allora andiamo rapidamente alla classifica, anzi prima ancora, scusate, il perché, insomma come ho detto prima, in una platea di imprenditori il perché di questa attenzione alle grandi imprese: c'è un differenziale di produttività per dimensione d'impresa che è rilevantissimo, cioè se noi prendiamo l'industria manifatturiera e prendiamo il valore aggiunto per addetto delle imprese con oltre 250 addetti siamo vicini al 100 mila euro, infatti le grandi imprese manifatturiere italiane hanno un valore aggiunto per addetto di oltre 120 mila euro, man mano che scendiamo di dimensione la produttività cala, ma cala non di poco, cala a un terzo, alla metà, quindi stiamo parlando di sistemi in cui la dimensione conta tantissimo dal punto di vista della produttività e conta tantissimo perché dietro ci sono quei fattori che chiamavo prima di capacità competitiva, di capacità di espansione sui mercati internazionali. Veniamo alla classifica, però per passarla molto rapidamente perché ce l'avete tutti, e sottolineo solo che dopo due anni di crescita impetuosa, il 2021 e il 2022, qui c'è stato il rimbalzo del post Covid. Un rimbalzo che per fortuna è stato molto più intenso e molto più rapido di quello che ci si aspettava perché nel 2020 le previsioni erano a volte abbastanza fosche sul futuro. Per fortuna il 2021 e il 2022 c'è stato un recupero rapidissimo, in tutti quegli anni più del 90% delle imprese della classifica nei due anni 2021 e 2022 aveva variazioni positive, quest'anno come vedete invece siamo tornati a una situazione sotto certi punti di vista anche un po' più normale, insomma di distribuzione tra le imprese che crescono e le imprese che invece hanno delle riduzioni, in qualche caso ci sono riduzioni riguardanti anche i prezzi delle materie prime che incidono fortemente e poi si ribaltano sui ricavi, sottolineo però, e lo sottolineerò anche dopo, che malgrado la frenata che c'è stata, come vedremo, nella crescita dei ricavi e, malgrado questa maggiore variabilità tra chi cresce e chi resta indietro, invece c'è stata una netta tenuta nei livelli di redditività. Quindi questo è sicuramente un fattore molto positivo. Questo è un po' l'andamento per ripercorrere un po' la storia: Gian Mario Spacca dice che nel 2014 c'era la crisi di Banca Marche, però forse un fatto importante per questa regione è stata la crisi finanziaria del 2008-2009 e poi tutta la fase non dico recessiva ma sicuramente diciamo di bassissima crescita che c'è stata negli anni successivi fino al 2014, dove però vedete che il sistema comincia, dopo aver accusato il colpo veramente formidabile della crisi finanziaria, comincia a riprendersi fino alla crisi del 2020. Però, come vedete, il post 2020 è molto diverso dal post 2008-2009. Il periodo post 2008-2009 ritorna alla situazione precedente ma non recupera, cioè semplicemente ci riporta, mentre invece il 2021-2022 sono stati capaci di portarci rapidamente oltre la situazione: qui c'è la grande differenza di cui dirò e cioè nel 2008-2009 il sistema complesso delle imprese della classifica aveva una situazione finanziaria non particolarmente robusta e quindi la crisi del 2008-2009 ha colpito su un sistema che aveva degli elementi di debolezza che sono stati un po' drammatici per quello che è successo dopo. La situazione finanziaria delle imprese reddituale nel 2019 era completamente diversa, completamente diversa da quella che era nel 2007 prima della crisi e questo ha comportato la capacità delle imprese di assorbire molto più facilmente lo shock del 2020 e ripartire immediatamente . L'anno scorso questo grafico aveva tutte le imprese dalla parte destra perché crescevano tutte, come vi dicevo siamo un po' tornati alla normalità, in una situazione di stagnazione c'è chi cresce e chi non cresce, la distribuzione è questa, purtroppo la media sta leggermente, come sapete la media è complessiva, sta leggermente al di là dello zero perché è un meno qualche punto percentuale, lo stesso è interessante, sono tre anni che l'occupazione cresce e è cresciuta anche nel 2023, malgrado la stagnazione o la leggera ricrescita delle vendite, questo fa pensare, l'abbiamo detto anche negli anni successivi, che le imprese stanno guardando se continuano ad andare a crescere in termini occupati, almeno complessivamente vuol dire che stanno guardando, come ci è stato detto anche da diversi imprenditori qui in sala, stanno guardando a un futuro che magari non sarà scoppiettante ma è probabilmente interessante. Altro dato, forse non vi ricordate, questa era la variazione delle vendite per settore dell'anno scorso, come vedete il quadro più che rosso, siamo tutti in crescita, chi più chi meno, ma era appunto il rimbalzo, siamo tornati appunto a una situazione, siamo tornati alla situazione in cui ci sono settori che crescono, settori che non crescono. Voglio sottolineare questo perché in testa al 2023, questa è la variazione del valore dei ricavi tra il 2023 e il 2022, in testa ci troviamo il tessile abbigliamento che sappiamo essere nella prima fase, almeno nel primo semestre del 2024, uno dei settori che più ha sofferto in termini di riduzione, questo ci dice anche un altro dei caratteri che credo però veramente parla una platea che conosce queste cose meglio di me, uno dei caratteri della situazione attuale cioè l'estrema varietà dell'andamento congiunturale, per cui un settore che magari fino a qualche mese fa aveva queste performance del giro di pochi mesi, il mercato cinese, la Germania che nessuno poteva immaginare addirittura in recessione, determinano quindi una situazione in cui probabilmente si richiede alle imprese veramente una capacità di resilienza rispetto a questi alti e bassi congiunturali ovviamente notevoli, naturalmente a soffrire di più sia nel 2023 ma anche nel 2024 sono i beni durevoli sia quelle di consumo sia quelli di investimento perché nelle fasi di rallentamento e recessione sono quelle su cui si scaricano meglio le riduzioni di domanda.

Inaspettatamente di fronte a una leggera riduzione del valore dei ricavi e siccome sappiamo che il 2023 è stato un anno di tassi di inflazione relativamente alto, quel meno in termini di valore significa un meno in termini di quantità non creare anche più accentuato, la redditività come vedete è aumentata, la redditività operativa che stiamo gestendo è aumentata di un punto percentuale. Inusuale, solo evidentemente nella forbice tra prezzi di vendita e prezzi di acquisto soprattutto in termini probabilmente di materia di prima, di energia, le imprese sono state in grado, pure in un contesto congiunturale difficile, di mantenere i margini e addirittura di migliorarli. Non vediamo questo miglioramento, se andate giù dal punto economico, questo miglioramento non lo vediamo all'ultima riga in fondo perché poi viene totalmente annullato dal fatto che sono aumentati per la prima volta in maniera sensibile nel 2023 gli oneri finanziari, ma anche la crescita dei tassi d'interesse e anche aumentato il carico fiscale, quindi se guardiamo l'ultima linea del conto economico vediamo una situazione di sostanziale stabilità ma che è il frutto del fatto che migliora la redditività operativa, peggiorano delle componenti che in questo caso sono le componenti finanziarie e di imposte, però ecco il risultato sulla redditività operativa è stato, credo sia molto importante, questa capacità di tenuta della redditività dell'impresa, associata, non mi sto a soffermare adesso sugli indici di redditività, associata come dicevo prima a una situazione finanziaria molto solida, sia se la guardiamo dal lato del passivo, perché se guardiamo dal lato del passivo il capitale proprio si è rafforzato da una situazione che già era di assoluta tranquillità, eravamo al 65% del totale del passivo nel 2022, siamo arrivati al 69% e sia se guardiamo l'attivo, come sappiamo da diversi anni, anche quelli pre pandemia, le imprese mostrano livelli di liquidità molto elevati, qui siamo al 15-16%, considerate che quelli che trovate sulla classifica, questi dati sono molto simili, questi dati di struttura finanziaria sono molto simili tra le grandi imprese marchigiane e quelle che noi vediamo a livello nazionale, certo qui uno potrebbe dire che c'è tanta liquidità perché le imprese non investono, magari hanno tirato il freno sugli investimenti, quindi con la buona redditività si accumula la liquidità senza investire, però comunque significa che partiamo da un dato di forza finanziaria che consentirebbe e consentirà, immagino, alle imprese nel momento in cui dovessero decidere di attuare progetti di investimento, di farli.

Qui è sottolineata anche un'altra riga che è quella delle immobilizzazioni finanziarie perché seppur pian piano, non in maniera eclatante, ma di anno in anno queste crescono perché sempre di più le nostre imprese crescono non solo per via interna, ma crescono anche, forse ce lo dirà poi anche la Mariani testimonianza che sentiremo, per crescita esterna, cioè facendo acquisizioni, espandendosi in termini di gruppo, sia che vengano costituite nelle imprese, sia che vengano acquisite, questo è un dato sicuramente interessante, è anche un dato che qualche che qui vedete, cito qui qualcosa che non è nella classifica, ma che come fondazione facciamo da alcuni anni, cioè monitoriamo anche le operazioni in funzione di acquisizione che si fa per la regione, e come vedete sono un trend crescente adesso a parte lo stop della pandemia. Cosa volevo però sottolineare, un aspetto che forse è stato ricordato anche da qualcuno di voi: nel bilancio tra le imprese marchigiane che vengono acquisite e le imprese che le nostre imprese sono capaci di acquisire nelle marche o all'estero, il bilancio è negativo, qui vedete, lasciate perdere la torta sulla sinistra, il grafico sulla destra ci dice che fatto 100 operazioni di acquisizione, il 50% sono imprese italiane, gruppi italiani che acquisiscono imprese marchigiane, un altro 15% sono gruppi esteri che acquisiscono imprese marchigiane, quindi i 2 istogrammi sulla destra, qui in Amaranto, sono le imprese italiane o estere che vengono ad acquisire imprese marchigiane, quelli azzurri sono le imprese marchigiane che fanno acquisizione, qui in Italia e all'estero. Quindi c'è, come forse non si diceva prima, c'è una debolezza, se la vogliamo chiamare così, strutturale del nostro sistema, per cui sono più le imprese che, per varie ragioni, per cui la proprietà decide che non è più in grado magari di assicurare la continuità.

Come però è stato ricordato anche un caso, perché il Finproject è un caso molto interessante, ma lo stesso caso è la Gem su Leonardo, non necessariamente questo è un fenomeno da guardare in termini negativi, perché non è semplicemente la perdita della leadership o del controllo, può essere in questi termini la partnership con un grande gruppo industriale, italiano o estero, che magari invece consente di rilanciare lo sviluppo. Noi abbiamo fatto delle analisi, non è facile qui misurarlo, però abbiamo cercato di capire le imprese che sono acquisite, che cosa succede dopo un po' di anni, c'è il timore che magari in prospettiva possono essere in qualche modo svuotate e al momento la statistica ci dice che le imprese acquisite sono imprese che, pur perdendo il controllo, sono imprese che sono magari in grado di rilanciarsi".

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