Piazzano droga a tossici della costa infischiandosene dell'emergenza coronavirus: coppia scoperta dalla Polizia

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Piazzano droga a tossici della costa infischiandosene dell'emergenza coronavirus: coppia scoperta dalla Polizia

Si tratta di un 32enne residente a Grottammare e una russa di 30 anni che vive a San Benedetto.

Ascoli - Due trafficanti di droga, che avevano fissato la loro base operativa a San Benedetto del Tronto, sono stati neutralizzati dalla Polizia di Stato al termine di una complessa indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Ascoli Piceno. Uno dei malviventi, un 32enne che vive a Grottammare, è stato posto agli arresti domiciliari in esecuzione di una misura cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale, che ha accolto la richiesta della Procura e ritenuto, così, fondato il puzzle di prove raccolte dagli investigatori. Alla complice, una russa di 30 anni che abita a San Benedetto del Tronto e la cui condotta è stata ritenuta meno grave, è stato impedito di allontanarsi da quella città, nonché di uscire la notte da casa.


I poliziotti della squadra di polizia giudiziaria di quel Commissariato di Polizia hanno monitorato la coppia per mesi, dopo un caso di overdose avvenuto in città, al cui esito furono raccolte alcune testimonianze che permisero di orientare bene le indagini, tant’è che un sodale della coppia fu arrestato ed è tuttora in carcere.


Gli investigatori hanno così ricostruito i movimenti dei due e il loro giro d’affari intessuto con numerosi tossicodipendenti tra S. Benedetto del Tronto, Grottammare, Cupra Marittima e Centobuchi. Gli accertamenti, portati avanti con l’ausilio delle più moderne tecnologie, hanno impegnato gli agenti anche in lunghi appostamenti e pedinamenti, permettendo loro di individuare i luoghi che di volta in volta venivano fissati per la cessione della droga. Dalle intercettazioni telefoniche è pure emersa la sagacia dei malviventi che, per il timore di essere spiati, usavano un linguaggio criptico con i loro clienti, sicuri così di farla franca.


I due hanno pure esercitato una forte pressione psicologica verso gli acquirenti per indurli a procurarsi il danaro e, così, pagare le dosi che gli vendevano. Le prove raccolte contro la coppia sono state schiaccianti e hanno permesso al G.I.P. di ritenere ambedue socialmente pericolosi, in considerazione della condotta tenuta e del loro collegamento con ambienti malavitosi, dai quali si procuravano la droga per immetterla sul mercato e ricavarne dalla vendita ingenti guadagni.