Città del Vaticano - "Dire che eravamo preparati sarebbe una bugia. Fummo tempestati da domande di giornalisti di tutto il mondo che chiedevano una reazione del Vaticano e del Papa. Ma la Santa Sede era molto prudente e aspettò prima di prendere delle decisioni. In quei momenti Navarro Valls mi confidava che Giovanni Paolo II stava pregando e vedeva compiersi un segno dei tempi che insieme avremmo dovuto valutare e giudicare alla luce del Vangelo". Ricorda bene la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre di trent'anni fa, monsignor Giovanni D'Ercole. Non solo perché, come racconta all'ANSA, poco prima si trovava per un viaggio-studio in Russia e aveva avuto modo di confrontarsi anche con altri esponenti religiosi sulle sorti del pianeta diviso in due blocchi, ma soprattutto perché all'epoca monsignor D'Ercole, oggi vescovo di Ascoli Piceno, si trovava in qualche modo in prima linea come numero due della sala stampa vaticana, guidata allora dallo storico portavoce di papa Wojtyla, Joaquin Navarro Valls.
"Il mese di luglio - racconta - l'ho trascorso interamente in Russia perché perfezionavo la lingua russa e percepii che le cose stavano scricchiolando, c'era come un'aria un cambiamento però non così rapido, immediato, compresi che stava cambiando dal basso, al di là e al di spora dei politici e della gente stessa, un movimento non spiegabile, che si avvertiva come qualcosa di strano".
"Alcune notizie riservate - continua - pervenivano alla Segreteria di Stato ma noi non ne eravamo al corrente. Solo c'era stato qualche colloquio con i diplomatici che dicevano che qualche cambiamento sarebbe avvenuto. E poi avvenne, questa caduta quasi come una implosione, senza morti, senza violenze, senza spargimento di sangue. I sentimenti che dominavano all'interno della struttura vaticana erano di due tipi: uno era la grande meraviglia, proprio perché non c'era stata violenza, sembrava una cosa biblica che richiamava a un passo dell'Antico testamento, quello in cui cadono le mura di Gerico. L'altro di prudenza, perché comunque non eravamo preparati".
"Da quello che mi disse Navarro Valls, comunque, il Papa fu fortemente colpito, vide questo come un segno straordinario. Poi volle subito un sinodo straordinario per l'Europa che doveva valutare una nuova evangelizzazione alla luce della caduta del Muro". "Io porto con me due immagini - dice ancora D'Ercole -: il Muro che cadeva e Giovanni Paolo II che pregava. Lui, che veniva da un Paese comunista, ci aveva insegnato a leggere gli eventi nell'ottica della Provvidenza di Dio. Del resto, aveva agitato la Croce dicendo che avrebbe trionfato". "Ricordo i tanti giornalisti che volevano dichiarazioni - rievoca quindi sul suo servizio in sala stampa -. Noi eravamo stati invitati ad avere prudenza ma anche attenzione nel recepire tutti i commenti e le reazioni che venivano da ogni parte per portarli all'attenzione della Seconda sezione della Segreteria di Stato (quella degli affari diplomatici, ndr)".
"Posso aggiungere - conclude -, come dettaglio mio personale, che durante il mio soggiorno in Russia mi recai da Mosca a Yerevan, capitale dell'Armenia, a bordo di un tupolev militare e un amico mi disse, vedrai che tra poco succederà una bomba così grande che non possiamo immaginare. Avevo incontrato qualche giorno prima il patriarca Kirill, oggi capo della Chiesa ortodossa russa, che all'epoca era delegato per i culti e lui mi colpì, mi disse queste precise parole: noi ortodossi e cattolici dovremo lavorare insieme per l'evangelizzazione dell'Europa".