Protesta degli avvocati penalisti nei mercati cittadini contro l'abrogazione della prescrizione del reato

Protesta degli avvocati penalisti nei mercati cittadini contro l'abrogazione della prescrizione del reato

Il cittadino resterà in balia della giustizia penale per un tempo indefinito, cioè fino a quando lo Stato non sarà in grado di celebrare definitivamente il processo che lo riguarda, come denunciato dai penalisti con l'intera comunità dei giuristi italiani.

Ascoli - Anche nel capoluogo piceno gli avvocati penalisti scioperano  contro l'abrogazione della prescrizione del reato.

"È ormai imminente il termine di entrata in vigore, 31 dicembre 2019, della norma che di fatto abroga la prescrizione del reato - dicono gli avvocati penalisti piceni - dopo la pronunzia della sentenza resa dal giudice del primo grado. Il Ministro della Giustizia ha pubblicamente dichiarato che nessun intervento e previsto su quella norma, mentre il Partito Democratico, ha formulato, sul punto, riserve assai blande, indeterminate nei contenuti e non di rado contraddittorie.

È manifestamente inverosimile il proposito, pure sorprendentemente avanzato dal Ministro, di un intervento di riforma dei tempi del processo penale prima della entrata in vigore della Riforma della prescrizione. Il cittadino, dunque, resterà in balia della giustizia penale per un tempo indefinito, cioè fino a quando lo Stato non sarà in grado di celebrare definitivamente il processo che lo riguarda, come denunciato dai penalisti con l'intera comunità dei giuristi italiani. È chiaro a tutti gli addetti ai lavori, anche alla magistratura, che l'entrata a regime di un simile, aberrante principio determinerebbe un disastroso allungamento dei tempi dei processi, giacché verrebbe a mancare la sola ragione che oggi ne sollecita la celebrazione.

I penalisti italiani, dal primo giorno, hanno denunziato con forza come quella riforma della prescrizione rappresenti una delle pagine più sciagurate della deriva populista e giustizialista del nostro Paese: essa afferma il principio, manifestamente incostituzionale, secondo il quale il cittadino, sia esso imputato che parte offesa del reato, possa e debba restare in balia della giustizia penale per un tempo indefinito, cioè fino a quando lo Stato non sarà in grado di celebrare definitivamente il processo che lo riguarda.

A quella nostra denunzia si è associata l'intera comunità dei giuristi italiani: oltre 150 docenti di diritto penale, processuale e costituzionale e finanche Presidenti Emeriti della Consulta, hanno sottoscritto il nostro appello con il quale evidenziavamo al Presidente della Repubblica, i molti profili di incostituzionalità della legge che stava promulgando. È chiaro a tutti, ivi compresa la Associazione Nazionale Magistrati ed il Consiglio Superiore della Magistratura nelle loro inequivoche statuizioni sul punto, che l'entrata a regime di un simile, aberrante principio determinerebbe un disastroso allungamento dei tempi dei processi, soprattutto a partire dal grado di Appello, giacché verrebbe a mancare la sola ragione che oggi ne sollecita la celebrazione. Vogliamo informare l'opinione pubblica del nostro Paese della reale, devastante portata di una simile riforma per i diritti fondamentali di ciascuno di noi, rompendo le cortine fumogene della disinformazione populista e giustizialista che, richiamando strumentalmente alcune vicende processuali di grande interesse pubblico, rappresenta l'istituto della prescrizione come uno strumento privilegiato dei potenti e dei ricchi per sottrarsi ai rigori della legge.

Occorre invece ribadire che la prescrizione del reato rappresenta l'irrinunciabile rimedio alla patologia di indagini e processi che durano decenni. Se uno Stato non è in grado di definire un giudizio penale in dodici, quindici, venti, ventidue anni, la rinunzia al giudizio costituisce un dovere etico e giuridico in una società che voglia dirsi civile, alla quale ripugna l'idea che un cittadino possa essere tenuto al laccio di un giudizio penale per un tempo infinito, senza alcun rimedio ad un simile scempio. È certamente necessario un intervento legislativo efficace che riduca drasticamente i tempi di durata dei processi penali, senza ovviamente alcun pregiudizio per le garanzie costituzionali che assistono l'imputato nel processo.

Gli esiti del lavoro svolto nei mesi scorsi dai penalisti italiani e dall'A.N.M. insieme al Ministro di Giustizia ed al suo Ufficio Legislativo ha prodotto un pacchetto di interventi riformatori coerenti con quelle premesse e certamente efficaci, sebbene poi — al momento della trasposizione nella legge delega — svuotati di ogni incisività per una serie decisiva di obiezioni ideologiche avanzate dalla Lega, in particolare sul potenziamento dei riti alternativi al dibattimento. L'U.C.P.I. è pronta a riprendere quel percorso di riforma, e dunque a sostenerlo ed a rafforzarlo. Ma si tratta di un percorso di riforma che resta incompatibile con l'aberrante principio abrogativo della prescrizione, istituto che semmai verrebbe naturalmente disinnescato e vanificato dalla celebrazione dei processi in tempi finalmente ragionevoli".