Nelle Marche si contano circa 9.500 ettari di oliveti (oltre il 35% bio) di oliveti e sono presenti 141 frantoi.
Sono passati 7 anni dal suo
riconoscimento ma l’Igp Marche dell’olio extravergine stenta a decollare
con appena un centinaio di aziende che hanno conseguito la
certificazione e una produzione che si aggira sulle 16 tonnellate, lo
0,5% del totale regionale. Eppure si tratta di un’ottima opportunità di
promuovere un prodotto di altissima qualità, riconosciuta ovunque l’“oro
verde” marchigiano venga proposto come, ad esempio, il recente successo
di un monocultivar di Raggia del prestigioso “Best in Class” al Joop
(Japan Olive Oil Prize) di Tokyo. Parte da queste considerazioni e dalla
volontà di rilanciare un settore dalle grandi potenzialità il convegno
organizzato da Aprol Marche e Coldiretti Marche che si è tenuto questa
mattina a Fermo alla presenza di Maria Letizia Gardoni e Francesco
Sabbatini Rossetti, rispettivamente presidenti di Coldiretti Marche e
Aprol Marche, del sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, del responsabile
Unaprol, Annunziato Scaramozzino, del presidente Amap, Marco Rotoni, del
presidente del Consorzio Olio Marche Igp, Gaetano Agostini e del
dirigente del servizio Agricoltura della Regione Marche, Lorenzo
Bisogni.
“A nostro avviso – spiega il presidente di Aprol,
Francesco Sabbatini Rossetti – serve una la volontà a pensare e mettere
in atto un vero e proprio piano olivicolo regionale, quindi dare spazio a
nuove piantumazioni per aumentare anche i quantitativi prodotti. Ciò
vale per tutto il settore, mentre per quanto riguarda l’Igp crediamo si
debba arrivare a una semplificazione del disciplinare che non significa
abbassare la guardia rispetto alla qualità, ma consentire alle aziende
meno strutturate di affrontare il complesso iter burocratico. Anche per
l’IGP Marche serve una vera e propria strategia di sensibilizzazione
alla certificazione da parte delle imprese e azioni di valorizzazione e
promozione sui mercati, al fine di far percepire il valore di un tale
riconoscimento e favorirne la scelta al consumo. Ad oggi il disciplinare
delle Marche è più rigido di quello toscano, con delle indicazioni di
difficile rispetto, e con elevati costi di certificazione”.
Nelle
Marche, che grazie a Coldiretti e Aprol, si fregia di una delle prime
leggi sull’oleoturismo d’Italia, che dà possibilità alle imprese
agricole di organizzare eventi e attività come passeggiate tra gli
oliveti, corsi di degustazione e abbinamento con il cibo, attività
didattiche e ricreative, si contano circa 9.500 ettari di oliveti (oltre
il 35% bio) di oliveti e sono presenti 141 frantoi. La media produttiva
degli ultimi anni è di circa 3mila tonnellate. Dopo la difficoltosa
annata scorsa, il prodotto 2024 è ottimo secondo tutti i punti di vista.
Un settore che vale oltre 22 milioni di euro di produzione con un
export da circa 4 milioni di euro, secondo l’Istat, soprattutto in
Germania, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti, Austria e Francia.
“Coldiretti
di concerto con Aprol – commenta la presidente regionale, Maria Letizia
Gardoni – sta già interloquendo con la Regione Marche perché si sfrutti
il Csr per sostenere gli investimenti su oliveti per la produzione di
olive biologiche o destinate alle denominazioni di origine. Tra le
proposte di Aprol, anche quella di inserire fra gli investimenti ammessi
con la concessione di adeguata priorità, i progetti di ammodernamento
degli oliveti esistenti ovvero di oliveti con età degli olivi pari o
superiore a 40 anni, il recupero degli oliveti abbandonati e la
creazione di invasi con pompaggi e cambiare passo per una gestione della
risorsa idrica programmata, senza la quale anche l’olivicoltura
marchigiana, e in generale italiana, non può più garantire una
produzione costante e di qualità per gli effetti sempre più violenti dei
cambiamenti climatici”.