Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita dalle Nazioni Unite
nel 1999. La data, simbolica, è nata per invitare i Governi ad interrogarsi e ad intervenire in merito alla
violenza di genere, ritenuta una manifestazione delle relazioni di potere storicamente diseguali, espressione
di meccanismi sociali di dominio e discriminazione.
All’8 Novembre le vittime di femminicidi del 2025 sono 78 e 67 sono i tentati femminicidi, dato che non si
discosta molto da quello degli ultimi anni. Nel nostro territorio nel 2025 se n’è registrato uno, con vittima
una donna di 80 anni, uccisa per mano del marito a San Benedetto del Tronto. Mentre, in termini di
prevenzione la Questura informa che da 14 ammonimenti del 2024 si è passati a ben 25 ammonimenti in
questo anno. Come Organizzazioni Sindacali riteniamo che non si possa pensare di arginare lo stupro e il
femminicidio senza andare a contrastare la cultura patriarcale e la cultura del possesso.
Come Organizzazioni sindacali continueremo a fare il possibile per contrastare le molestie sul luogo di lavoro
e la violenza di genere. Grazie alla collaborazione con l’Illustrissimo Prefetto abbiamo già sottoscritto due
protocolli per promuovere “procedure e strategie condivise finalizzate alla prevenzione del fenomeno della
Violenza di genere – Rete donna” e continueremo ad avere una cura particolare nel diffonderli.
Lavoreremo molto attentamente sulla “certificazione di genere” nelle aziende, consapevoli che questa non
sia la soluzione alle discriminazioni sul luogo di lavoro o al gender pay gap, ma che può rappresentare un
percorso in continua evoluzione, che abbia come obiettivo non solo il monitoraggio delle aziende ma anche
l’instaurazione di una cultura del lavoro che possa essere traslata sul territorio e nelle vite di lavoratori e
lavoratrici.
Quest’anno la data del 25 novembre capita in concomitanza a due discussioni che in questi giorni hanno
proliferato sui media e sui social, cui hanno corrisposto analoghi lavori parlamentari.
Il 13 novembre, infatti, è stato approvato alla Camera un emendamento che cambia il presupposto dei reati
sessuali e introduce il consenso nel codice penale italiano. Dunque, nel riconoscere il reato di stupro non si
dovrà più provare la “costrizione” all’atto sessuale ma verificare che la vittima abbia dato il consenso “libero
e attuale”. Nel pratico ciò vuol dire poter ritenere uno stupro tale anche se non è stata usata violenza fisica;
vuol dire non dover più sottoporre la vittima ad un processo di vittimizzazione secondaria, indagando com’era
vestita, cosa faceva, come ha reagito.
Un importante risultato quello parlamentare, che accoglie, in ritardo, quando stabilito dalla Convenzione di
Istanbul.
L’altra discussione che ha animato il dibattito pubblico riguarda invece l’insegnamento dell’educazione
sessuale alle scuole medie. Il Ministro Valditara il 10 novembre ha infatti presentato un emendamento per
fare retromarcia sul divieto di insegnamento dell’educazione sessuale alle scuole medie, voluto dalla Lega a
ottobre. Tuttavia, alle scuole secondarie (di primo e secondo grado), tale insegnamento è possibile solo
previa autorizzazione dei genitori. Risulta evidente che questo non sia sufficiente e che non si può lasciare il
tema della prevenzione, che passa inevitabilmente attraverso l’educazione, all’opinione dei singoli.
Come Organizzazioni Sindacali crediamo che sia possibile migliorare la situazione e che questo può avvenire
con un lavoro sinergico, strategico e congiunto.