Grande partecipazione, gioia e commozione all’udienza concessa dal Santo Padre ai terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo
Roma - Grande partecipazione della Diocesi di Ascoli Piceno all'udienza che il Santo Padre Francesco ha voluto riservare alle persone colpite dal terremoto di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo e che si è svolta stamattina in Sala Paolo VI. La delegazione ascolana, guidata da S.Ecc.za Mons. Giovanni D’Ercole, è partita con 8 pullman alle 5 di questa mattina da vari punti della Città, della Vallata, della Riviera e da Acquasanta, Venarotta e Roccafluvione.
Il Papa ha esordito dicendo: "Qui non c'è posto per l'ottimismo, ma c'è posto per la speranza!". "L'ottimismo – ha spiegato - serve ad andare avanti per il momento ma non ha sostanza, come invece ha la speranza".
Il Pontefice ha parlato 'a braccio', non ha preparato alcun discorso perché "nella vostra situazione, il peggio che si può fare è fare un sermone. Preferisco prendere le vostre parole e farle mie, le parole che escono dal vostro cuore".
"Sono orgoglioso dei parroci – ha esclamato Papa Francesco - che non hanno lasciato la loro terra, pastori che non hanno abbandonato il loro gregge e che non sono fuggiti davanti al lupo. Vi sono vicino e vi ringrazio per essere venuti qui in Vaticano".
La via indicata da Papa Francesco è "ricostruire i cuori, ancor prima delle case; ricostruire il tessuto sociale e umano" e ha incoraggiato: "Per ricostruire ci vogliono il cuore e le mani: le mani di tutti, le mani di Dio che guariscono, le mani di tanta gente come quelle dei vigili del fuoco e dei volontari che hanno aiutato tanta altra gente a uscire dalle macerie. Ricostruire e restare, per non ferire ancora di più la propria terra, nonostante si siano persi i figli, i genitori, le case".
Così, "anche il pianto fa bene, ma piangere insieme fa meglio che piangere da soli. Le ferite guariscono, anche se le cicatrici resteranno per tutta la vita – ha sottolineato il Papa - Sarà una vita con una cicatrice in più: ci si è salvati la vita ma non sarà più una vita come quella di prima. E allora, vicinanza è il nocciolo che ci fa più coraggiosi e più umani". Quindi, l'esortazione finale ai terremotati a "ricominciare, senza perdere la capacità di sognare, sognare di riprendersi".
Mons. D’Ercole al termine dell’Udienza ha dichiarato: “Il Pontefice ha toccato il cuore della nostra gente, arrivando direttamente a raccogliere il loro desiderio. Abbiamo sentito il suo grande sostegno e la sua vicinanza. Questo non è il momento di promesse inutili o discorsi di circostanza. In questo momento si ha bisogno di verità, si ha bisogno di chi ti dice la verità e di chi condivide con te il tempo della prova e lo fa con il cuore. Abbiamo sentito la sua compartecipazione alla sofferenza: lui c’è stato fin dal primo momento e, ci ha assicurato, che continuerà ad esserci. Il riscontro che ho avuto tra la nostra gente è stato forte. Soprattutto in quelle famiglie – e sono tante quelle che hanno perso quasi tutti i loro cari – che hanno testimoniato il calore dell’abbraccio del Papa e me lo hanno riferito con queste parole: sentiamo di non essere soli. Il Papa è voluto passare in mezzo alla gente, salutare quante più persone possibili, far sentire la sua vicinanza, il suo affetto…”.
Al termine dell’udienza tutti gli ascolani si sono ritrovati nella Chiesa di S.Monica per la celebrazione eucaristica, presieduta da Mons. D’Ercole, che ha coronato la giornata e l’incontro con il Santo Padre. “E’ stato come raccogliere il messaggio del Santo Padre per farlo nostro – ha detto il Vescovo nell’omelia -. Nella Parola di Dio del giorno abbiamo trovato la strada per realizzare ciò che il Papa ci ha detto: amarsi gli uni gli altri, camminare insieme, amare non a parole ma nei fatti e nella verità”.