Amedeo Mancini fermato per omicidio preterintenzionale con finalità razzista di Emmanuel Chidi Namdi

Amedeo Mancini fermato per omicidio preterintenzionale con finalità razzista di Emmanuel Chidi Namdi

Fermo - Amedeo Mancini, il 39enne ultrà della Fermana è stato fermato stamane per omicidio preterintenzionale aggravato da finalità razzista per la morte di Emmanuel Chidi Namdi. Nell'interrogatorio"analitico" , ha riferito l'avvocato Francesco De Minicis, suo difensore, ha detto di "non appartenere a nessun movimento politico, di non disprezzare altre razze e di non aver avuto la volontà di uccidere". Ad interrogare Mancini sono stati i sostituti procuratori Mirko Monti e Francesca Perlini.



Sempre secondo il suo avvocato, Mancini è "molto dispiaciuto" e "si è pentito delle parole dette alla moglie di Emmanuel ("scimmia africana" ndr), quando pensava che i due coniugi stessero armeggiando vicino ad un'auto".


In mattinata è stato il ministro dell'Interno Angelino Alfano ad annunciare il fermo di Mancini per omicidio preterintenzionale aggravato da finalità razzista. Il Ministro ha presieduto in Prefettura il Comitato di ordine pubblico e sicurezza.


"Chiedo che venga fatta giustizia, giustizia nel modo migliore per mio marito", ha detto stremata dal dolore Chinyery Emmanuel, vedova di Emmanuel Chidi Namdi.


Don Vinicio Albanesi che aveva accolto i due rifugiati nigeriani si dice preoccupato perché la Chinyery ha manifestato l'idea di uccidersi. Don Vinicio pensa però che potrà distoglierla da certi propositi facendola diventare medico.


Chinyery aveva iniziato nel suo Paese il corso di studi universitari in Medicina, era al secondo anno. ''L'Università Politecnica delle Marche - ha detto don Vinicio Albanesi - si è offerta di sostenere le spese per gli studi di Medicina di Chynery''.



ll presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, addolorato dal gravissimo episodio di intolleranza razziale che è costato la vita al rifugiato nigeriano Chidi Nnamdi, ha chiesto al prefetto di Fermo di esprimere alla vedova, signora Chinyery, la sua piena solidarietà e di prestarle ogni necessaria forma di assistenza.



Emmanuel Chidi Namdi, il richiedente asilo nigeriano è deceduto dopo essere stato pestato a morte il 5 luglio a Fermo, mentre difendeva la compagna dagli insulti razzisti di Mancini.


L'ultrà aveva aggredito, prima verbalmente parlando di "scimmie africane".


"La commissione competente ha concesso alla compagna del migrante ucciso a Fermo lo status di rifugiata", ha detto il ministro dell'Interno Angelino Alfano dopo il comitato per l'ordine e la sicurezza in Prefettura. Alfano ha ricordato che la donna aveva sostenuto l'esame per il riconoscimento dello status lo scorso maggio.



Emmanuel e la sua compagna erano stati accolti dalla Fondazione Caritas in veritate, guidata da don Vinicio, lo scorso novembre. Erano in fuga dalla Nigeria, dove avevano perso tutti i loro familiari in uno degli attacchi alle chiese cristiane da parte di Boko Haram e per arrivare in Italia avevano superato altre violenze in Libia. Una traversata che era costata la vita al bimbo che lei portava in grembo, ma che li aveva portati a sperare di un futuro migliore.


A gennaio don Vinicio li ha uniti in una “promessa di matrimonio” non potendo sposarli per mancaza di documenti ma i due erano felici per quel rito. La cerimonia si era svolta nella chiesa di San Marco alle Paludi. E don Albanesi a chiama in causa, per l'aggressione, "lo stesso giro delle bombe davanti alle chiese", o quanto meno lo stesso clima culturale: "credono - ha detto il sacerdote - di appartenere alla razza ariana".



Don Vinicio ha contestato anche la ricostruzione dei fatti, sulla scorta del racconto della moglie di Emmanuel, che ha riportato escoriazioni guaribili in 5 giorni, e annunciato che si costituirà parte civile, in quanto presidente della Fondazione Caritas in veritate, che ha accolto 124 profughi, di cui 19 nigeriani.  


Amarezza e indignazione de L’Africa Chiama Onlus Ong per l’episodio razzista di Fermo.

Oggi L’Africa Chiama, come tanta parte della società, è scossa nel trovarsi a riflettere sulla morte di  Emmanuel Chidi Namdi, il ragazzo nigeriano di 36 anni, ucciso ieri a Fermo per motivi razziali.

Amarezza e indignazione, oltre a incredulità e dolore è il minimo che possiamo provare per un gesto così crudele, che sembrava impensabile, oltre che impossibile, potesse accadere nel nostro territorio.

 

Ci sentiamo un po’ chiamati in causa, come associazione marchigiana e che da più di 15 anni parla d’Africa. Con progetti portati avanti nei paesi africani, ma anche con eventi di sensibilizzazione e iniziative di educazioni alla mondialità per la cittadinanza organizzati nella nostra regione.

Lavorando in territori in cui il contesto economico, politico e sociale rende sempre più ampio il divario tra i pochissimi ricchi e una vastità di poveri le cui condizioni di vita sono spesso ai limiti della sopravvivenza, ci sembra ancor più paradossale che chi riesce a sottrarsi a guerre, lotte e povertà diffusa trovi la morte nelle strade in cui siamo soliti camminare, per mano di persone che sono vicine di casa.

Già perché con gli episodi degli ultimi tempi, sembra proprio che le tranquille Marche, le Marche dove si vive bene e dove non succede nulla, in realtà si siano svegliate (male) e si siano alzate dal letto con il piede sbagliato. E salgono alla ribalta nei telegiornali nazionali per un gesto brutale.

 

Eppure dal 2001, anno d’inizio delle nostre attività, parliamo di integrazione, inclusione sociale in una realtà globale che cambia, in continua evoluzione, dove non è più possibile rimanere ancorati a stereotipi e stigmatizzazioni.

E verifichiamo quotidianamente, lavorando nelle scuole, collaborando con l’ente pubblico, facendo rete con le altre associazioni, il crescente interesse intorno a queste tematiche e quanto numerose siano le  persone che credono a un’integrazione necessaria e a una convivenza più che possibile.

Per questo il dolore che proviamo per l’odioso episodio di Fermo ci spinge a continuare a diffondere una cultura di pace e di tolleranza ed anzi a credere ancora più fermamente che siamo sulla giusta strada e che drammi come questo non debbano più accadere.

 

L’Africa Chiama Onlus


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