Scontro fra Tornado, bivio obbligato nell'inchiesta penale

Scontro fra Tornado, bivio obbligato nell'inchiesta penale

Se l'incidente fosse avvenuto per presunto errore umano da parte di uno dei piloti, l'inchiesta verrebbe archiviata per morte del reo

Ascoli - Recuperati i corpi semicarbonizzati dei quattro componenti degli equipaggi dei due Tornado, esplosi dopo uno scontro in volo nell'Ascolano, ora vale la pena fare il punto su un'inchiesta penale che ha due sole strade possibili: scoprire se ci siano presunte responsabilità gerarchiche in seno all'Aeronautica Militare che abbiano contribuito al verificarsi dell'incidente aereo, oppure chiudere, una volta completata ogni verifica, il fascicolo processuale per morte del reo.
La Procura della Repubblica di Ascoli Piceno, che ha delegato polizia e carabinieri per l'indagine, ha di fronte lunghe settimane di lavoro nell'acquisizione di piani di volo attuali e storici sulla stessa rotta del disastro aereo, profili storici dei quattro piloti periti nell'incidente, tracciati radar, perizie circostanziate sulle scatole nere dei due caccia bombardieri dell'Aeronautica Militare e ascoltare testimoni attendibili dopo molte scremature.
Al termine di questa inchiesta incardinata e coordinata dal Procuratore Michele Renzo, con l'ausilio dei suoi sostituti Umberto Monti e Cinzia Piccioni, con ipotesi di disastro aereo colposo e omicidio colposo, quindi al termine di questo minuzioso e altrettanto costoso lavoro, di fatto la magistratura ascolana si troverà di fronte a questo bivio giuridicamente ineludibile.

Se si trattasse di errore umano, e parliamo evidentemente dell'errore di uno dei due piloti dei Tornado, appare chiaro che costui o costei sarebbe il responsabile del disastro aereo colposo e quindi dell'omicidio colposo dei suoi colleghi, ma poiché in questo caso chi avesse compiuto il presunto errore è deceduto, ecco che automaticamente il procedimento dovrebbe abortire, dovrebbe essere archiviato per morte del reo, appunto.

E se ipoteticamente invece la causa dell'incidente aereo fosse imputabile ad un'avaria di uno dei velivoli, anche in questo caso il procedimento dovrebbe concludersi con un nulla di fatto a meno che l'avaria fosse certamente imputabile al costruttore del Tornado e non ad uno scorretto utilizzo del caccia bombardiere.
In questo caso assisteremmo ad un complicatissimo scontro tra periti di parte per stabilire le responsabilità del disastro aereo colposo e dell'omicidio colposo dei quattro ufficiali dell'Aeronautica Militare a bordo dei due Tornado.

Ora invece torniamo all'ipotesi che la Procura della Repubblica e i suoi investigatori trovino delle discrasie nelle dichiarazioni e nelle relazioni rilasciate in questi giorni dall'Aeronautica Militare. Quello che non comprendiamo, ad esempio, è il fatto che si dica che quei due Tornado non avrebbero dovuto trovarsi nello stesso momento nello stesso luogo: luogo sbagliato, momento sbagliato.
La giustificazione a questo assunto militare che giunge da 6° Stormo di stanza a Ghedi (Brescia) parte dal fatto che quei due Tornado stavano svolgendo "due missioni addestrative separate ed erano impegnati in task diversi. Si stavano recando in un punto in cui avrebbero dovuto svolgere separatamente i compiti loro assegnati, che non comprendevano pratiche di combattimento simulato". Stavano "percorrendo un corridoio approvato e autorizzato, percorso che fa parte del task, ma non si sarebbero dovuti trovare lì "contemporaneamente alla stessa quota e allo stesso orario".
"Il perché si siano trovati lì insieme – dice l'Aeronautica Militare - è una delle cose che dovrà chiarire l'inchiesta, anzi la cosa principale". Questa affermazione sarebbe convalidata dal fatto che i due aerei erano decollati da Ghedi a distanza di 5 minuti l'uno dall'altro.

Se si volesse tradurre questa dichiarazione senza ipocrisia, si dovrebbe dire che tutto il carico delle responsabilità viene rimandato a bordo dei due Tornado che non ci sono più con il proprio carico di competenze umane e tecnologiche. La nostra vuole essere una riflessione che tiene anche in conto però quello che accadde a Casalecchio di Reno per fare un appello perché queste esercitazioni si facciano in aree disabitate, perché questi aerei volino magari a 3 mila metri di altezza e non, si fa per dire, “ad altezza d'uomo”. Naturalmente si resta in attesa dei risultati che si avranno a fronte del meticoloso lavoro d'inchiesta che la Procura picena sta conducendo.