Fermo - Hanno chiesto la scarcerazione i cinque educatori della Casa di
Alice di Grottammare, arrestati con l'accusa di sequestro
di persona e maltrattamenti nei confronti di alcuni ragazzi e bambini
autistici affidati al centro socio educativo riabilitativo.
Roberto Colucci, 47 anni, coordinatore presso il centro,
Rossana Raponi, 53, Maria Romana Bastiani, 46, Susan Ciaccioni, 43,
Luciana D'Amario, 53 sono comparsi oggi dinanzi al Gip di Fermo Andrea Cozzolino e al pm Domenico Seccia.
Il Gip si è riservato di decidere sull'istanza di
scarcerazione sulla quale deve dare parere il Pm che ha già ricevuto i verbali degli
interrogatori.
La tesi difensiva è nella tutela è stata che certe misure sono state prese perché "Non dovevano far male a loro stessi, né agli altri". Lo hanno hanno spiegato al giudice Cozzolino quattr educatrici arrestate. C'è quindi l'interpretazione opposta su certe pratiche
adottate nella gestione dei disabili della casa di Alice: educativi e contenitivi per le educatrici gli spintoni, la stanza di contenimento per le crisi e il resto, solo maltrattamenti e sequestri di persona per l'accusa.
Al termine degli interrogatori, ha detto l'avvocato Francesco Voltattorni, difensore delle quattro educatrici, "i magistrati hanno chiesto spiegazioni che sono state
fornite con dovizia di particolari".
Al magistrato è stata presentata la normativa regionale sulle strutture accreditate che prevede il ricorso a stanze 'time
out', in pratica delo stesso tipo della 'stanza azzurra' della Casa di Alice.
Locali, che secondo la difesa, "sono necessari per evitare atti di
autolesionismo da parte dei giovani autistici o violenze nei confronti
degli altri ospiti". Insomma lungi l'idea delle quattro operatrici di voler commettere abusi o maltrattamenti.
Roberto
Colucci, responsabile della casa di Alice, ha fornito chiarimenti tecnici sul
trattamento socio-educativo applicato sui pazienti della struttura.
L'avv. Donatella Di Berardino, difensore di Colucci, ha evidenziato come il fatto "Che alcuni ospiti fossero
nudi nella stanza azzurra è dovuto al fatto che
l'obiettivo era proteggerli da episodi di autolesionismo, che nei
momenti di grave crisi sono possibili con qualsiasi oggetto o
indumento".